LERMONTOV, Michail Jur′evič
Poeta russo, nato il 2 0 3 ottobre 1814 a Mosca. Appartenente a una famiglia di origine scozzese, trasferitasi in Russia al principio del secolo XVII, L. rimase orfano di madre all'età di tre anni e fu educato dalla nonna materna che, grazie alle sue ricchezze, riuscì a contenderlo al padre. Nel 1825 essa condusse il nipote malaticcio a Pjatigorsk, ove per la prima volta gli si dischiudeva il Caucaso, la cui fiera grandiosità influì potentemente non soltanto sulla fantasia, ma anche sull'animo stesso del fanciullo. Nel 1828 entrò in una pensione per giovani nobili a Mosca e due anni dopo s'iscrisse all'università, ove rimase sino al 1832. Nella carriera poetica di L. questi quattro anni della prima gioventù sono i più fecondi: per il numero di poesie (alcune prettamente liriche, che per la maggior parte rivelano un fervido temperamento poetico, esasperato da un senso di sdegnoso o altero, ma non sempre sincero, isolamento; altre di fattura e contenuto romanzesco narrativo; altre ancora, e sono le più scadenti, destinate agli album allora di gran moda; tutte insieme più interessanti per le possibilità che fanno presagire che non per quanto effettivamente offrono; e tutte ripudiate da L. a eccezione di tre sole brevi liriche, tra cui la più notevole è Angel, 1831, ove le aspirazioni terrestri appaiono sopraffatte dalla diffusa e velata armonia di eterei ricordi d'infanzia); di poemetti più o meno byroneggianti (Kavkazskij plennik, Il prigioniero del Caucaso; Azrail, Kally, Izmail-bej ecc.); di drammi di tipo schilleriano (Ispancy, Menschen und Leidenschaften, Strannyj čelovek, Un uomo strano, Dva brata, Due fratelli) e di un primo tentativo in prosa (il frammento Vadim). E fecondi soprattutto, perché questa produzione giovanile contiene in germe tutto ciò che alla poesia di L. dà una fisionomia nettamente distinta, e perché a essa egli stesso attingerà copiosamente, quando, dopo una parentesi di due anni, riprenderà a poetare con più maturo e più disciplinato senso d'arte. Questa parentesi corrisponde al soggiorno di L. nella scuola militare di Pietroburgo (1832-34), di cui adottò subito il frivolo stile di vita, riducendo e abbassando, con poche eccezioni (il poemetto Hadži-Abrek, 1833), anche la sua poesia a scabrosi aneddoti verseggiati.
Promosso cornetta nella Guardia del corpo, visse nel gran mondo pietroburghese, allacciando però anche qualche fugace e superficiale relazione letteraria e ritrovando, nei sempre più frequenti momenti di raccoglimento, quella vena poetica che sembrava già disseccata. Ritornò allora, nel 1834-36, ai generi già tentati: ai poemetti (Bojarin Orša, Saška), al dramma (Maskarad, 1835, in due versioni con molti riferimenti personali e grande ricchezza di movimento drammatico e di acuta penetrazione psicologica), al racconto (Knjaginja Ligovskaja, La principessa L., frammento); infine, nel 1836, alle poesie liriche di cui alcune (Molitva, La preghiera) sono notevoli anche per la loro originalità e suggestività ritmica.
Ma solo nel 1837, con la poesia in morte di Puškin (Smert′ poeta) e con la magistrale rievocazione, nella forma e nello spirito, dei canti epici popolari: Pesnja pro carja Ivana Vasil′eviča, molodogo opričnika i udalogo kupca Kalašnikova (Canto dello zar Ivan V., del giovine "opričnik" e dell'ardito mercante K.) L., fino allora completamente sconosciuto, si affermò come il vero erede di Puškin. La poesia con la quale, contro la turba dei calunniatori, ne aveva difesa la memoria, valse a L. il confino nel Caucaso che però, date le relazioni della nonna, non durò a lungo: fu poi per breve tempo a Novgorod, e dal 1838 al 1840 a Pietroburgo, disprezzando la società in mezzo alla quale viveva (Duma, Pervoe janvarja, Primo gennaio) e intento a ultimare i suoi due capolavori: il poema Demon (vi aveva lavorato sin dal 1829 e quattro redazioni successive non lo avevano soddisfatto; anche l'ultima, però, scritta intorno al 1839, rimase in buona parte inedita sino al 1856), ove, pur nelle possenti scene lirico-drammatiche, è palese lo sforzo del poeta per adattare un'ispirazione originariamente libresca a un irresistibile inserirvisi di elementi schiettamente personali; e il capolavoro di L., il romanzo Geroj našego vremeni (L'eroe dei nostri tempi), originale nella struttura tecnica e profondamente innovatore per la plastica elaborazione di scene e personaggi e per la densità stilistica che anche il grande romanzo russo dei decennî successivi, di cui L. insieme a Gogol′ è il principale precursore, non è riuscito a superare. Di questo periodo è anche il riposante racconto in versi Mcyri che, sullo sfondo del paesaggio caucasico, ritrae il problema, caro a L., della fuga dal mondo-prigione verso un mondo-libertà.
Confinato una seconda volta nel Caucaso, per un duello col figlio dell'ambasciatore francese, L. vi trascorse, combattendo contro i montanari ribelli e divertendosi a Pjatigorsk (fu anche per breve tempo in licenza a Pietroburgo), l'ultimo anno della sua vita. Morì in un duello, in condizioni simili a quelle da cui il suo "Eroe dei nostri tempi" era uscito incolume, il 15 luglio 1841, ai piedi del monte Mašuk, presso Pjatigorsk.
Nelle ultime sue opere, o almeno in parte di esse, L. si orientava decisamente verso un'osservazione della realtà fredda e penetrante, ma ravvivata anche da fremiti di malcelata passione. Si stava compiendo in lui il passaggio dallo stile romantico allo stile realistico: passaggio che non è per nulla esteriore, ma che corrisponde al duplice aspetto della sua personalità: patetica, cupa e teatrale da un lato; lucida, incisiva, costruttrice dall'altro. Ma così come ci è rimasta, l'arte di L. è piuttosto dominata dall'affannosa ricerca di una vita diversa da quella vissuta: e per fuggirne egli ora rivive un proprio, quasi mitico, passato che si risolve in pura musicalità; e ora, forzando il ritmo delle cose, vuole creare un avvenire che sia quasi un eroico potenziamento delle energie più vitali, ma che non appare sufficientemente ancorato nella vita, e si dilegua in visioni fluenti, anche là dove L. ricorre, per ritrarlo, a uno stile fatto di forti chiaroscuri. In fondo L. resta, quasi sino alla fine, ossessionato dall'immagine che si è fatta di sé stesso, ma che egli non svela quasi mai con pienezza di abbandono e lascia intravvedere soltanto, a sprazzi e scatti, attraverso sapienti drappeggiamenti e mascheramenti. Ma proprio questo ondeggiare tra sincerità e posa, tra sentimento profondo e una rettorica declamatoria, è una delle ragioni per cui la poesia russa ha avuto numerosi ritorni a L., nel cui tormentato dissidio c'è sempre la possibilità di scoprire nuove verità e la cui poesia, anche se nella maggior parte ha oggi sapore antologico, rivela a tratti accenti di sorprendente modernità.
Ediz.: Numerosissime le edizioni semicritiche o popolari. Fondamentale quella in cinque volumi (Polnoe sobranie solninenij) curata da D. I. Abramovič per la Akademičeskaja biblioteka russkich pisatelej (Bibl. accad. di scrittori russi) Pietroburgo 1910-13.
Bibl.: Manca una monografia che soddisfi le esigenze attuali. Interessantissimo e importante per il lato formale della poesia di L.: B. Ejchenbaum, L., opyt istoriko-literaturnoj ocenki (L., saggio di critica storico-letter.), Leningrado 1925. Insufficienti e antiquate le monografie: N. Kotljarevskij, M. Ju. L. Ličnost poeta i ego proizvodenija (La personalità del poete e la sua opera), 4ª ed., Pietroburgo 1912; D. N. Ovsjaniko-Kulikovskij, L., Pietroburgo 1914; I. I. Zamotin, M. J. L. Motivy ideal'nago stroitel'stva žizni (Motivi di un'organizzazione ideale della vita), Varsavia 1914; E. Duchesne, M. I. L. Sa vie et ses øvres, Parigi 1910. Suggestivo e profondo, ma unilaterale, il saggio di D. S. Merečkovskij, L. poet sverchčelovečestva (L. poeta della superumanità), Pietroburgo 1909. Fra i numerosi studî e saggi che riguardano solo una parte dell'opera di L., citiamo soltanto D. Ginzburg, O russkom stichosloženii. Opyt izsledovanija ritmičeskago stroja stichotvorenij Lermontova (Della versificazione russa. Saggio di analisi della struttura delle poesie di L.), Pietrogrado 1915; M. A. Jakovlev, L. kak dramaturg (L. come drammaturgo), Leningrado 1924; Venok M. J. Lermontovu. Jubilejnyi sbornik (Corona a M. L. L. raccolta del giubileo), Mosca 1914. Importante per la ricchezza del materiale, V. Zelinskij, Russkaja kritičeskaja literatura o proizvedenijach M. J. Lermontova (La lett. critica russa sulle opere di L.), voll. 2, Mosca 1914; P. E. Ščegolev, Kniga e Lermontove (Libro intorno a L.), I, Leningrado 1929. In italiano: F. Losini, Michele Lermontof, Roma 1924; E. Lo Gatto, M. J. L., in Storia della letteratura russa, I, Roma 1931, pp. 91-223 (con ampie indicazioni bibliografiche e con l'elenco delle principali traduzioni nelle lingue occidentali); G. Maver, "Meditazione" di L., Roma 1929.