MEZENZIO
. Re degli Etruschi di Cere (Agylla, l'attuale Cerveteri), nella cui leggenda s'intrecciano elementi varî, di cui ci sono testimonî Catone (in Plinio il Vecchio), Varrone, Livio, Dionigi d'Alicarnasso e Virgilio, che la riassume.
Egli, chiamato in aiuto da Turno, re dei Rutuli, contro Enea e Latino collegati, combatte insieme col figlio Lauso presso il fiume Numicio nelle vicinanze di Lavinio un'aspra battaglia nella quale Enea trova la morte. La battaglia fu seguita da una tregua nella quale il Tevere fu considerato come confine dei due regni, a capo dei quali vengono a trovarsi Mezenzio e Ascanio. Frattanto la tirannia di M. in patria provoca la ribellione dei Ceriti i quali, persuasi dal veggente Tarcone, si alleano con Ascanio e provocano una nuova guerra attorno a Lavinio dove, per l'abilità di Lauso, i Latini hanno la peggio, tanto da indursi a domandare le condizioni della resa. M. impose la consegna a perpetuità del raccolto del vino che si produceva sulle terre del Lazio, ma i Latini preferirono offrirlo a Giove, se avesse loro concesso la vittoria: donde l'istituzione delle Vinali. Ascanio, espresso il voto, fece una sortita notturna riuscita vittoriosa, chiusasi con la morte di Lauso; allora M. domandò la resa e secondo Dionigi d'Alicarnasso (I, 56), strinse con i Latini un trattato di amicizia, mentre, secondo Servio (Ad Aen., I, 267), M. e Ascanio vennero a singolar tenzone, nella quale M. rimase ucciso. Secondo Virgilio (Aen., X, 689-908) nella battaglia del Numicio, Enea ferisce M., uccide Lauso accorso a difesa del padre ed abbatte infine M. stesso, innalzando poi il trofeo delle sue spoglie.
La leggenda, nonostante la diversità dei particolari, ha per unico fondamento l'antica lotta tra Latini ed Etruschi per il possesso del Lazio, all'alba della storia di Roma e attesta, nell'episodio del tributo sull'intero prodotto della vendemmia, la pressione che gli Etruschi hanno esercitato sulla regione.