Vedi MEVANIOLA dell'anno: 1961 - 1995
MEVANIOLA
Ricordata da Plinio (Nat. hist., iii, 113), fra le città umbre, fu identificata dal Cluverio (Ital. ant., p. 623). Sita nella vallata del Bidente (Vitis), in Romagna, ha un toponimo umbro ed è considerata come probabilmente fondata da abitanti di Mevania (v. bevagna), cosicché il suo nome significherebbe "piccola Mevania".
Mancando fonti più precise sulla storia di questo centro, si deve unicamente ricorrere per ricostruirla ai dati archeologici. Le iscrizioni attestano una costituzione municipale, con la magistratura quattuorvirale (CI.L., xi, 6603). La città divenne municipium probabilmente dopo la guerra sociale e fu ascritta alla tribù Stellatina (G.I.L., xi, 6605). Forse per la sua origine umbra o per uno spirito di rispetto politico verso una civiltà affine con tradizioni autonome, questo centro dell'Appennino fu con Sarsina assegnato da Augusto alla regione VI, l'Umbria. Il centro urbano antico è stato individuato in località detta "Monastero" tra Mercatale e Pianetto, frazioni del Comune di Galeata (v.). L'area della città antica si trova ora distribuita in una zona completamente adibita ad uso agricolo. Dopo una prima campagna di scavo condotta nel 1951, le ricerche riprese dal 1958, si susseguono annualmente in modo sistematico. La città era provvista di un acquedotto, di cui si è messo in luce un lungo tratto sotterraneo, formato da tubature in cotto. Una vasta zona lastricata, sulla destra della strada vicinale è attraversata da impianti idraulici, scoli di acque e fognature, di cui si sono trovate tracce anche in altre parti. Un vasto complesso architettonico, di cui fanno parte un'aula absidata, impianti idraulici, una vasca, con tubo di piombo per lo scarico dell'acqua e numerosi altri ambienti, è stato identificato come un impianto termale, anche per la presenza di un'iscrizione in mosaico, dov'è ricordato un Caesius, quattuorvir quinquennalis, che aveva curato un ripristino di acqua, databile circa al 50 a. C. In alcune parti si sono riconosciute delle sovrapposizioni di mura e pavimenti, che mostrano una successione di due fasi di costruzione. Anche il materiale rinvenuto mostra questa successione cronologica. Le monete attestano un perdurare della vita nella città almeno dal 6o circa a. C. alla metà del IV sec. d. C.; numerosi i frammenti di terra sigillata, tra cui abbonda la ceramica aretina. Un complesso architettonico, ancora in corso di scavo, è forse identificabile in un teatro. La cavea che conserva in alcuni punti tre ordini di sedili, non aveva sostruzioni, ma appoggiava direttamente sul terreno. La scaenae frons, conservata solo in parte, ha un andamento lineare e da un lato ad angolo retto, è conservato un podio che una scala congiungeva con la conistra. La tecnica usata per questa costruzione è l'opus e l'istaceum, in parte i muri erano ricoperti d'intonaco policromo. Il teatro, di piccole proporzioni, è l'unico per ora rinvenuto in Romagna. Le tecniche murarie usate a M. sono soprattutto l'opus mixtum e l'opus testaceum, con frequente uso dei latercules bessales.
Bibl.: C. I. L., XI, 6603-6606; A. Alessandri, I municipi romani di Sarsina e Mevaniola, Milano 1928; E. Contu, Not. Scavi, 1952, pp. 6-19; .C Pietrangeli, Mevania (Bevagna), Roma 1953, pp. 15, 26, 27; G. C. Susini, Profilo di Storia Romana della Romagna, in Studi Romagnoli, VIII, 1957, pp. 6, 10, 11, 13, 16, 17, 41; G. Bermond Montanari, Mevaniola, Relazione preliminare di scavo, in Studi Romagnoli, X, 1959, p. 35 ss.; G. C. Susini, Fonti Mevalionensi, scrittori, itinerarî, iscrizioni toponomi, in Studi Romagnoli, X, 1959, pp. 1-34.