Metta World Peace
Il cestista intemperante che ama i panda
Da anni la serie A del basket italiano non attirava una stella di prima grandezza del professionismo: un atleta dal carattere spigoloso ma dalle idee pacifiste. Registrato all’anagrafe come Ronald William Artest, ha chiesto di modificare il suo nome per la terza volta in The Panda’s Friend.
Nella stagione 2014-15 il campionato italiano di basket si è arricchito di un famoso giocatore della NBA: Metta World Peace, il nuovo nome di colui che fu Ron Artest. L’ha ingaggiato la Pallacanestro Cantù, desiderosa di riscattare un’annata al di sotto delle aspettative e di conquistare in extremis i playoff. Sotto questo aspetto, la missione è riuscita. Messo sotto contratto il 27 marzo 2015, Metta World Peace con la maglia dell’Acqua Vitasnella ha disputato le ultime 8 partite della cosiddetta fase regolare del campionato: alla fine, la squadra brianzola ce l’ha fatta a raggiungere la post-season e le sfide per lo scudetto, anche se la sua corsa è terminata già nei quarti di finale a causa dell’eliminazione a opera dell’Umana Reyer Venezia (3 vittorie per i veneti, 2 per i lombardi nella serie al meglio delle 5 partite). L’avventura italiana di Metta World Peace – la prima, perlomeno: il suo ritorno nel nostro campionato rimane possibile – è dunque durata 2 mesi ed è sintetizzabile con queste cifre: 13 incontri in totale (5 nei playoff), una media a partita di 23 minuti, 13,4 punti (25 il massimo), 44,3% di efficacia da 2 punti e 40% da 3, 4 rimbalzi, 1,3 assist.
Pur senza essere numeri straordinari, sono dati di sostanza che confermano l’attitudine a mettersi a disposizione dei compagni e l’indiscutibile valore del cestista, anche in considerazione dello scarso tempo avuto per ambientarsi e prendere le misure di un basket differente da quello da lui conosciuto (e questo nonostante 13 presenze nei Sichuan Blue Whales nel campionato cinese, esperienza immediatamente precedente a quella a Cantù e conclusa nel dicembre 2014). Ma l’avvento di Metta è stato importante prima di tutto per l’impatto mediatico: era da tanti anni, infatti, che la serie A italiana non attirava una stella di prima grandezza del professionismo. La lunga astinenza ha generato curiosità: è vero che in 15 stagioni nella NBA l’uomo voluto da Cantù ha vinto solo un titolo (nel 2010 con i Los Angeles Lakers), però tutti sono concordi nel reputare Metta World Peace un grande del basket e un campione che avrebbe meritato ben di più.
Sarebbe bastato che avesse avuto una nomea migliore e magari qualche spigolosità in meno nel modo di vivere l’agonismo: il vero avversario che l’ex Ron Artest non è mai riuscito a battere, infatti, è se stesso.
Questo spiega come mai, nonostante sia uno strenuo difensore, un roccioso rimbalzista a dispetto di una statura non eccelsa (è alto 201 cm) e anche un buon tiratore dalla lunga distanza, abbia cambiato 6 squadre: uscito dalla St. John’s University, Metta World Peace nella NBA ha militato nei Chicago Bulls, negli Indiana Pacers, nei Sacramento Kings, negli Houston Rockets, nei Los Angeles Lakers (298 presenze: è la squadra in cui ha resistito di più) e nei New York Knicks. Troppe formazioni, forse, per incidere a fondo. Il pubblico italiano, a ogni modo, è rimasto affascinato più dal personaggio che dall’atleta. Perché Ronald William Artest junior, alias Metta World Peace, classe 1979, originario di New York, ha stregato tutti? Almeno per due ordini di ragioni. Innanzitutto per la sua originalità. Per esempio, la durezza che lo contraddistingue sul parquet contrasta con un carattere mite e pacifico: il cambio di nome è un omaggio alla pace nel mondo, mentre l’esperienza cinese gli ha fatto venire l’idea di chiedere la terza modifica dell’identità e diventare The Panda’s Friend, «l’amico dei Panda». Non è detto che Metta riesca nell’intento, per quanto a Cantù abbia ottenuto di avere quel nome scritto sulla maglia.
Il secondo aspetto che ha colpito è il fatto che stiamo parlando di colui che, a torto o a ragione, è diventato il ‘cattivone’ dei canestri, un campione portato alle intemperanze. Per questo motivo, spesso è stato bersagliato da sanzioni disciplinari (anche nell’ultima partita con Cantù è stato espulso). «Sono nato nel Queens e sono cresciuto come un ‘bad boy’. E sono felice che sia andata in questo modo, anche come lezione di vita», ha dichiarato. La sua fama sarà sempre legata al fattaccio del 19 novembre 2004: giocava per gli Indiana Pacers e al Palace di Auburn Hills fu coinvolto in una gigantesca rissa contro dei giocatori dei Detroit Pistons e alcuni tifosi locali. A seguito della zuffa, Ron Artest fu sanzionato con una squalifica per i restanti incontri (76) di quel campionato. In realtà la sospensione fu più lunga perché si estendeva ai playoff, che i Pacers raggiunsero finendo eliminati proprio dai Detroit nelle semifinali di Conference. Questo stop obbligato di Metta World Peace raggiunse allora le 89 partite, una cifra record che rimarrà negli annali dello sport.