PRIAPEO, METRO
. Si suole chiamare così un metro misto, che risulta dall'unione di un gliconeo con un ferecrateo, quasi sempre separati per mezzo della cesura. Per il suo andamento leggiero e giocondo fu adoperato nella poesia lirica di contenuto erotico (per es. in Anacreonte; forse anche in Saffo) e nella poesia drammatica, specialmente nei cori dei drammi satireschi (dove però era isolato in mezzo ad altri versi). Ricevette il nome di priapeo nell'età alessandrina, quando fu scelto come particolarmente adatto per cantare di Priapo. Dagli Alessandrini passò a Catullo (Carm., XVII) e agli altri autori romani di Priapea. La maggior parte però dei Priapea romani a noi giunti sono anche in altri metri: in endecasillabi, in distici elegiaci, in coliambi, ecc.
Bibl.: Efestione, Enchiridion, ed. Consbruch, Lipsia 1906, pp. 33-34; F. Zambaldi, Metrica greca e latina, Torino 1882, p. 388 segg.; U. v. Wilamowitz-Moellendorff, Griechische Verskunst, Berlino 1921, p. 252; O. Schröder, Nomenclator metricus, Heidelberg 1929.