METELLO Numidico, Quinto Cecilio (Q. Caecilius Metellus Numidicus)
Figlio di L. Cecilio Metello Calvo, probabilmente pretore nel 112 a. C., propretore in Sicilia (processato e assolto per tale sua amministrazione), console nel 109 con M. Giunio Silano, e incaricato del comando nella guerra contro Giugurta dopo gl'insuccessi del console Aulo Albino. Giunto in Africa, soltanto ai primi di maggio del 109 poté intraprendere le operazioni. Iniziò subito una marcia diretta verso Hippo Regio passando per Bulla Regia; occupò Vaga per assicurarsi un centro di rifornimenti e una base di operazioni e alla fine di maggio era a circa 50 miglia dalla meta. La strada passava accanto al fiume Muthul (l'odierno Oued en-Namous), Giugurta e Bomilcare si posero nelle località alte circostanti alla pianura, allo scopo d'impedire a M. lo sfilamento verso nord. Lo scontro terminò con un successo tattico dei Romani, ma M. fu obbligato ad abbandonare il progetto della marcia su Hippo Regio e si spinse invece verso sud sino ai dintorni di Sicca Veneria e di Zama. Nella seconda campagna (108) M. cinse d'assedio Zama, non riuscendo, però, né a conquistare la città, né a costringere Giugurta a una battaglia in campo aperto, ma tuttavia ponendo presidio in tutte le località intermedie conquistate. Alla fine della campagna ebbe inutili trattative con Giugurta. Intanto la popolazione di Vaga si era ribellata, massacrando gran parte del presidio romano, ma, con un breve assedio, M. riuscì a riconquistare la città. La terza campagna (107) portò due nuove lunghe spedizioni, una verso sud, a Thala, uno dei centri di Giugurta, e l'altra a Cirta (odierna Costantina). Nel 107 stesso M. fu sostituito nel comando dal suo ex-luogotenente C. Mario, dopo aver condotto in tre campagne la guerra con prudenza e fermezza, con la tattica delle lunghe spedizioni a titolo dimostrativo, avendo come obiettivo i principali centri di resistenza del nemico. Nel 106 ebbe in Roma gli onori del trionfo; nel 102 fu censore con C. Cecilio Metello Caprario, ma non riuscì a colpire con la nota censoria Appuleio Saturnino e Servilio Glaucia, per escluderli dal senato; e nel 100, essendo tribuno Saturnino, preferì andare in esilio a Rodi che prestare il giuramento imposto dalla legge Appuleia agraria in favore di Mario e dei suoi veterani; alla fine del movimento, la reazione oligarchica lo richiamò dall'esilio (legge Calidia, 99 a. C.). Sulla successiva carriera e sulla fine di M. non si hanno particolari precisi.
Bibl.: A. H. J. Greeenidge, A History of Rome, I, Londra 1904, pp. 380-435; S. Gsell, hist. anc. de l'Afrique du nord, VII, Parigi 1928; G. De Sanctis, in Atti II Congresso naz. di studi rom., 1930 (Problemi di storia ant., Bari 1932, p. 215 segg.); M. A. Levi, ibid. e in Atene e Roma, VII (1925), p. 188 segg.