mestiere (mestero)
Ricorre spesso nel Convivio e nella Commedia, tre volte nella Vita Nuova, ed è usato secondo due fondamentali gruppi di significati fra loro distinti.
Per la morfologia, si può notare che nella Vita Nuova e nel Convivio D. predilige ‛ mestiere ' (plur. ‛ mestieri ') e solo eccezionalmente usa la forma tronca mestier (Cv IV Le dolci rime 144), la quale è, invece, dominante nella Commedia. Si noti anche: mestero, in rima (Cv III Amor che ne la mente 87) e ‛ mestiero ' in vari passi del Convivio; ‛ mestieri ' (che originariamente fu la forma più popolare in tutte le parlate toscane e nello stesso fiorentino contrastò con la forma -iere) ricorre nella Commedia solo in locuzioni impersonali. Nel Fiore, accanto a ‛ mestiere ', si trova mestier (XCIV 7) e, in rima, mestero (XXXVI 9).
Vale " bisogno ", " convenienza ", " utilità ", usato sempre in locuzioni del tipo ‛ essere m. ' (la più frequente; costruita col dativo per esprimere la persona che abbisogna: cfr. If XXI 66 mestier li fu), ‛ fare m. ', ‛ parere m. ' (solo in Cv II XI 5 parvemi mestiero), con uso fondamentalmente impersonale (cfr. ad es. Cv IV XIX 4 in quelle cose che per sé sono manifeste non è mestiere di pruova, e Pg I 92 non c'è mestier lusinghe), ma anche personale, con l'ausiliare accordato nella persona con la cosa che è necessaria (Cv IV XVI 3 cose che sono mestiere). Tali espressioni valgono " essere, o apparire, necessario, conveniente, utile ", " occorrere ".
Cfr. Cv III X 1 digressione, che mestiere è stata a vedere la veritade; Pg III 39 se potuto aveste veder tutto, / mestier non era parturir Maria (" non oportebat Christum nasci et pati ", Benvenuto); Cv I I 11, VI 1 e 3, II II 6, III 18, XI 3, XII 10, XIII 1 e 7, III X 5, XII 1 (due volte) e 5, IV I 11, VI 2, VII 7, IX 8; If XXVIII 90, XXXI 110, XXXIII 18, Pg VIII 114, XIV 87, XXXI 15; Vn XII 8 tutte le volte che farà mestiere; Cv III Amor che ne la mente 87 (ripreso in IX 3 e X 5), IX 3, Pd XIV 10.
Particolare interesse presenta If XXIII 119 è mestier ch'el senta / qualunque passa, come pesa, riferito a Caifa, crocifisso a terra e cal-pestato dagli altri ipocriti, che gravano su di lui con tutto il peso delle loro cappe. Qui la locuzione acquista rilievo e forza espressiva e significa " è necessario ".
A questo primo significato si può ricondurre ‛ avere m. ': Vn XIV 13 non ha mestiere di divisione; Cv III III 10 ha mestiere di rettore, IV XI 8, XXVIII 17; If II 68 ciò c'ha mestieri al suo campare, Pd VIII 83 avria mestier di tal milizia. Nel Fiore la locuzione ricorre in LXXXVII 10; ‛ essere m. ' in XXX 2, XXXVI 9 e XCIV 7.
Usata in assoluto, la voce presenta una vasta gamma di significati: il più comune è quello di " attività ", " professione ", " lavoro ", che ricorre in Cv I XI 6 e, in chiara distinzione e contrapposizione di valore con arte, in IV VI 6 e IX 10 (due volte). Così anche Fiore LXXXVII 12 né di che servi, né di che mestiere: / fa che n'aggiam verace conoscenza (che riprende Roman de la Rose 10964 " conment tu serz et de quex heuvres "), in cui Amore chiede a Falsembiante di rivelare la propria attività; e quello, elencate le sue molteplici occupazioni, risponde: a brieve motti, i' son d'ogni mestiere (CI 14, in evidente accezione negativa).
Singolare valore acquista m. in Vn XXIII 10 E quando io avea veduto compiere tutti li dolorosi mestieri che a le corpora de li morti s'usano di fare..., dove allude alla " funzione funebre " (secondo significazione diffusa nel Trecento; cfr. ad es. Sacchetti Novelle CLIII 50) e indica gli atti pietosi della cerimonia che D. sogna ufficiata in morte di Beatrice.
Nel senso di " scopo ", " missione ", in Cv IV Le dolci rime 144 (D. invita la canzone a manifestare il suo intendimento là dove esistano uomini capaci di comprenderla), XXX 4 e 5 (due volte). Vale infine " bisogna ", " scopo ", in senso pratico e, meglio, fisico, in If XXX 108 ho io il braccio a tal mestiere sciolto.
Bibl. - B. Bianchi, in " Archivio Glottologico Italiano " IX (1886) 381-385; E.G. Parodi, in " Romania " XVIII (1889) 622; B. Bianchi, in " Archivio Glottologico Italiano " XIII (1893) 217-220; G. Bertoni, in " Zeitschrift für Romanische Philologie " XXXVI (1912) 620-623; Schiaffini, Testi XLVIII-XLIX; Rohlfs, Grammatica §§ 431-432.