Vedi MESSINA dell'anno: 1961 - 1995
MESSINA (Ζάγκλη, Μεσσήνη, Μεσσάνα)
La moderna città, sorta dopo il terremoto del 1908 nel sito della Sicilia nord-orientale dove è un porto in forma di falce all'imbocco dello "stretto", rappresenta la continuità nel medesimo luogo della vita che storicamente vi è documentata sin dallo stabilimento di Zankle ad opera di coloni calcidesi unitisi ai pirati cumani (Thucyd., vi, 4), avvenuta tra il 730-725 a. C.
Ma data la particolare conformazione del luogo, è probabile che non sia mancato un precedente stanziamento indigeno, come farebbe supporre la stessa voce sicula ζάγκλον (= falce) data al porto, del quale rimane vanto nelle prime monete coniate dai coloni calcidesi col nome Dankle sotto la fascia di terra arcuata. La particolare ed importante ubicazione sullo stretto fa decidere ai Calcidesi di Zankle per la sicurezza della colonia e per le fortune dei suoi commerci la fondazione di Rhegion nella contrapposta sponda calabra (Strabo, vi, 1,6; Diod., viii, 23) e di Mylai sulle vicine coste settentrionali della Sicilia stessa (Thucyd., iii, 90; Strabo, vi, 2, 6). I Calcidesi di Zankle, agli inizî del sec. V a. C. sono però sopraffatti dai Sami e dai Milesi esuli per le invasioni persiane. Costoro, in dispregio all'invito loro rivolto dall'allora signore di Zankle, Skythes, che li aveva chiamati per fondare una colonia in quella parte della costa siciliana del versante tirrenico, denominata Καλὴ ἀκτή (la bella spiaggia), e dietro il perfido consiglio di Anaxilas, uomo senza scrupoli, diventato con la frode tiranno di Rhegion e geloso della crescente potenza di Zankle, si impadronirono della città, assente Skythes in guerra con i Siculi.
Il disegno di Anaxilas non è però completo se non quando caccia a sua volta i Samî da Zankle e si fa assoluto signore, forse nel 491 a. C., della città che chiama Messene-Messana in onore della sua patria d'origine (Thucyd., vi, 4; Herod., vii, 164).
Un quarto di secolo dopo M. si libera dalla tirannide dei figli di Anaxilas e si dà un governo democratico (Diod., xi, 76, 5), godendo di un periodo di fioridezza. La prosperità della città è però turbata dalla guerra divampata tra Atene e Siracusa, quando di M., presentando ai belligeranti una indubbia importanza strategica, è aspramente conteso il possesso; nell'occasione inoltre la città si mostrò politicamente incerta, essendo divisi gli abitanti, appartenenti a due razze diverse, la dorica e la ionico-calcidese, gli uni proclivi a favorire i Siracusani e gli altri favorevoli agli Ateniesi (Thucyd., iii, 90, 3; iv, 1, i; v, 1; vi, 4, 6; vi, 74, 1 e altrove). Più tardi M. fu distrutta dal cartaginese Himilkon (369 a. C.). Dionigi la fece però ricostruire come colonia militare di Siracusa, ripopolandola con coloni di Locri e di Medma. Un nuovo periodo di indipendenza ritorna col tiranno Hippon nel 346; ma dalla tirannide è restituita alla libertà democratica da Timoleonte nel 337. Fu quindi nel 314 cinta d'assedio da Agatocle e da lui presa poco dopo ed assoggettata a Siracusa; finché occupata con la frode nel 288 dai Mamertini, già mercenari campani ed osci di Agatocle, restò a lungo sotto il loro possesso per l'intervento dei Romani (prima guerra punica) coi quali M. si alleò, ottenendo il riconoscimento di civitas foederata. Nel periodo romano non ebbe più a subire gravi turbamenti politici: solo risentì delle lotte tra Cesare e Pompeo (distruzione della flotta cesariana stazionante nel suo porto) e maggiormente tra Sesto Pompeo e Ottaviano, quando fu saccheggiata dai soldati di quest'ultimo e ridotta nella condizione di municipio.
Per la delimitazione della città ellenistica e romana soccorre la conoscenza delle necropoli, riferibili a questi periodi che, a guisa d'arco di cerchio si sono incontrate nella zona S ed O della città moderna (necropoli sulla sinistra del torrente Portalegni tra le vie G. Bruno e G. La Farina a m 300 a S del Porto; e, più a S, necropoli di via S. Cecilia e degli Orti della Maddalena; necropoli della regione del torrente S. Cosimo e Curvone Gazzi; a S-O necropoli al piede delle colline Monte Santo e Gonzaga, e materiali provenienti certamente da tombe ellenistiche, recuperati tra piazza Antonello da Messina e via XXIV Maggio aN-O del Municipio), mentre per il settore N può essere indicativa la scoperta della necropoli romana di S. Placido, nella zona del Palazzo del Governo. Generalmente si ritiene che la topografia della Messana ellenistica comprendesse tutta la fascia di terra ad occidente del porto per una profondità di circa m 450, limitata a N ad una distanza di circa m 350 dal torrente Boccetta e a S dal corso inferiore del torrente Portalegni, che sboccava anticamente nel porto. Di questo settore della città ellenistica si sono incontrati resti di una robusta muraglia in via dell'Università, attraverso la via Garibaldi e nel corso Vittorio Emanuele: l'Orsi l'attribuisce ai Mamertini e ritiene che fosse appunto un muro di difesa e di argine lungo il torrente Portalegni. La scoperta di una statua di Igea, tra ruderi di costruzioni antiche, nell'area antistante il Duomo e l'esistenza già nel Duomo stesso di una base con dedica ad Esculapio ed Igea possono ben giustificare la localizzazione nel sito di un piccolo santuario alle divinità salutifere. Elementi più vaghi si hanno per la più antica Zankle-Messana, cui si attribuisce un'ampiezza notevolmente maggiore dell'abitato ellenistico - i limiti ridotti di questo sono stati forse occasionati dalla distruzione operata dai Cartaginesi - facendola estendere in tutta la fascia costiera attorno al porto falcato, pressappoco dal torrente Boccetta alla punta estrema della penisoletta S. Ranieri, mentre un fiorente sobborgo (un proastèion) si dovette sviluppare nella piccola piana alluvionale situata a S del porto. La testimonianza della sua ampiezza sarebbe offerta dai reperti dei materiali arcaici, effettuati in ampia zona della città moderna (angolo di via dei Verdi; vicinanze della Chiesa di S. Maria Alemanna; lungo il torrente S. Marta e, più a S ancora, negli strati inferiori delle tombe ellenistiche esplorate in via S. Cecilia) oltre che all'interno del Forte S. Salvatore e sotto la statua della Madonnina del Porto, dove l'Orsi ha riconosciuto l'esistenza di un piccolo santuario, che ha pensato potersi attribuire alla ninfa Pelorias. I materiali raccolti sono esclusivamente ceramici e per lo più d'importazione (vasetti protocorinzî e corinzî, coppe e grosse anfore ioniche, coppe attiche a figure nere) con minori elementi di produzione locale (vasetti d'imitazione protocorinzia; frammento di grande vaso locale decorato a bande ondulate, piccoli crateri votivi a vernice nera), scaglionabili tra la seconda metà dell'VIII sec. e la fine del VI a. C. Un documento certo è tuttavia la presenza di una necropoli arcaica importante, lungo il torrente S. Cosimo, ma ormai già troppo lontana dal centro della città (a più di 1300 m a S della Via S. Cecilia), perché si possa trarre una indicazione sull'estensione della città. I corredi funerarî comprendono vasi corinzî, ionici, rodii, calcidesi, attici a figure nere e a figure rosse, che vanno dalla fine del VII al V sec. a. C. Per i limiti occidentali (settore N) si ricorda che nella zona delle tombe ellenistiche presso piazza Antonello da Messina sono stati pure raccolti elementi più antichi, del corso del V sec. (due statuine femminili ed una anforetta a vernice nera, con decorazione stampata). Le monete di Zankle del tipo più antico raffigurano il suo porto racchiuso entro la sponda a rilievo, rappresentante schematicamente l'area urbana: nel porto s'inarca il delfino, attorno al quale figurano talora, in giro alla sponda, prominenze interpretate come torri. D'altra parte una fonte storica ci conferma che i pirati cumani, che occuparono il sito, circondarono già di un muro i dintorni del porto (Paus., iv, 23, 7). Oltre ai documenti ceramici sopra menzionati ed alle monete più arcaiche di Zankle, Messana ha lasciato il segno tangibile della sua floridezza durante il sec. V a. C. nella sua splendida monetazione, che presenta già nel periodo di Anaxilas, dopo il tipo comune con Rhegion della protome leonina di fronte, i due nuovi "tipi" della biga di mule (ἀπήνη) e della lepre corrente con l'etnico Messenion, per emettere col successivo governo democratico (dopo il 466) gli esemplari, che spiccano per insigne bellezza e finissima tecnica, e nei quali si intrecciano frequenti i simboli relativi alla prosperità agricola ed al culto agreste di Pan ed i simboli del mare, mentre talora vi viene esaltata Messana stessa in figura muliebre che guida l'apène, personificazione della città vittoriosa, per analogia di qualche opera insigne dell'arte greca, per noi perduta, ma di cui resta notizia sicura (Paus., x, 15, 4). Nell'età timoleontea qualche moneta si riallaccia, per lo stile, a forme e a tipi più antichi. Del periodo greco sono inoltre interessanti documenti d'arte esistenti in M. (Museo Nazionale) il ritratto di uno stratega del V sec. a. C., un torso virile di scuola scopadea, la ricordata statua, acefala, di Igea; mentre si conserva nel Museo Archeologico di Siracusa l'altorilievo di calcare del Camaro con le tre figure muliebri di prospetto, in ieratica posa matronale, ricollegabili forse al culto di Demetra e Kore. Nel sec. III a. C. spiccano poi le abbondanti serie dei conî monetali mamertini (282-200 a. C.), sui quali compaiono, nella tipologia tradizionale, la testa solenne di Zeus e quelle giovanili di Ares, di Eracle, di Apollo e di Artemide e la figura del guerriero in svariati atteggiamenti, ora seduto su una roccia, ora stante di prospetto, ora lateralmente irrompente all'assalto ed ora appiedato a lato del cavallo.
Per la personificazione della città v. messana.
Per l'età romana, figurano nel museo alcune teste-ritratto ed un gruppo di quattro sarcofagi con figurazioni a rilievo - amorini vendemmianti e pigianti le uve; centauri e centauresse; leggenda di Icaro; ratto di Proserpina -, che vanno asseguati tra gli inizî e la metà del sec. III d. C. Recente è il recupero di un'ara marmorea scolpita di età flavia, da via C. Battisti, già di buona tecnica, ma purtroppo guasta, che si riallaccia al tipo dell'altare di Giunia Procula.
Bibl.: A. B. Siefert, Zankle-Messana, Altona 1854; G. Coglitore, Storia monumentale artistica di Messina, Messina 1864; A. Salinas, in Not. Scavi, 1886, pp. 460 ss.; O. Axt, Zur Topographie von Rhegion und Messana, 1887; G. Tropea, Studi siculi e la necropoli Zanclea, in Atti R. Accademia Peloritana, IX, Messina 1894, p. 3 ss.; P. Orsi, in Not. Scavi, 1912, p. 459 ss.; id., Messana: la necropoli di S. Placido, in Mon. Ant. Linc., XXIV, 1916, c. 121 ss.; id., in Not. Scavi, 1920, p. 339 ss.; 1929, p. 38 ss.; E. Mauceri, Guida del Museo di Messina, Roma 1929; P. Orsi, Testa marmorea di stratega del secolo V nel Museo di Messina, in Riv. Ist. Arch. St. dell'Arte, II, 1930; P. Griffo, in Not. Scavi, 1942, p. 66 ss.; G. Iacopi, Messina nell'antichità, in Messina, III, 1953, p. 27 ss.; G. V. Gentili, in Not. Scavi, 1954, p. 54 ss.; G. Vallet, ibid., 1954, p. 51 ss.; id., Rhegion et Zancle, Parigi 1958. Per la numismatica: B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911; G. E. Rizzo, Monete greche della Sicilia, Roma 1946. Per i sarcofagi: V. Tusa, I sarcofagi romani in Sicilia, Palermo 1957, p. 78 ss.