Messer Brunetto, questa pulzelletta
. Questo sonetto (Rime XCIX) ci è stato tramandato da tre manoscritti del sec. XVI (Vaticano lat. 3214; codice 1289 della bibl. Universitaria di Bologna; e Raccolta Bartoliniana), e fu pubblicato dall'Allacci nel volume Poeti antichi, ecc. (Napoli 1661).
D. si rivolge a un messer Brunetto, che insieme con una brigata di amici festeggiava con banchetti e divertimenti vari una ricorrenza pasquale, per dirgli che insieme col sonetto gl'inviava un altro suo componimento poetico che richiedeva, per essere letto e compreso, un ambiente tranquillo e sereno, e interpreti intelligenti e sottili.
L'interpretazione del sonetto lascia insolute alcune questioni. Prima di tutto, chi è messer Brunetto? I tre manoscritti che lo contengono sono concordi nell'indicare come destinatario il fiorentino messer Betto Brunelleschi (nella Raccolta Bartoliniana l'incipit è stato adattato a tale identificazione: O messer Betto), noto personaggio della Firenze della seconda metà del sec. XIII e del primo decennio del XIV, appartenente a famiglia ghibellina, ma passato alla parte dei Bianchi e poi dei Neri (fu ucciso da consanguinei di Corso Donati nel 1311). Quel che sappiamo di lui dai cronisti dell'epoca (Dino Compagni dice che fu " buono oratore ") e dal Boccaccio che in una novella (Dec. VI 9 15) lo rappresenta come " sottile e intendente cavaliere " e capo appunto di una brigata festaiola, ben si adatterebbe al messer Brunetto del sonetto, se si supera la difficoltà, che non può dirsi insormontabile, che il nostro testo parla di Brunetto e non di Betto. Contro l'opinione prevalente fra gli studiosi di D., favorevole all'identificazione con Betto Brunelleschi, il Contini ha proposto un altro Brunelleschi di nome Brunetto, " creduto autore della morte di Pazzino de' Pazzi... cavaliere e ambasciatore del Comune... forse il capo dei borghesi di Volterra nel 1307 ".
La seconda questione riguarda la pulzelletta del v. 1 e ha implicazioni, della cui legittimità è lecito dubitare, con i frati Alberti del v. 10 e col messer Giano del v. 14. La pulzelletta, come si deduce dall'analogia con la pulcella nuda del sonetto Se Lippo amico (Rime XLVIII), indica un componimento poetico che D. inviava a messer Brunetto insieme col sonetto, ma che noi non sappiamo, a differenza della pulcella nuda inviata a Lippo che era la stanza di canzone Lo meo servente core (Rime XLIX), quale sia stato o se sia andato perduto. Fra le rime che conosciamo si sono proposte canzoni come Voi che 'ntendendo (Cv II; Zingarelli), Poscia ch'Amor (Rime LXXXIII; Barbi), e la ballata I' mi son pargoletta (Rime LXXXVII; Contini), ma come puro esercizio d'ipotesi. Pensare a una canzone come le due sopra citate è già un concedere abbastanza alla pulzelletta che ha tutta l'aria d'indicare un componimento breve, ma c'è stato chi ha sostenuto che potrebbe trattarsi del Fiore. L'appiglio per tale ipotesi avanzata da Guido Mazzoni, convinto assertore dell'attribuzione a D. del Fiore, proviene dai frati Alberti del v. 10, che avrebbero qualcosa in comune con un frate Alberto di Fiore LXXXVIII 13 e CXXX 4, e dal messer Giano del v. 14, che sarebbe l'autore della seconda parte del Roman de la Rose, di cui il Fiore è una riduzione, Jean de Meun. È un'ipotesi del tutto insostenibile per vari motivi che qui non è il caso di discutere. L'interpretazione più probabile è che per frati Alberti si debba intendere " bravi interpreti ", da Alberto di Colonia, il famoso interprete di Aristotele e della Sacra Scrittura. Messer Giano del v. 14 può essere messer Giano di messer Vieri de' Cerchi, ricordato dal Compagni, che combatté a Campaldino e fu uno degli ambasciatori mandati dal comune a incontrare e onorare Carlo Martello.
Bibl. - F. Torraca, Noterelle dantesche, Firenze 1895, 6; G. Mazzoni, Se possa ‛ Il Fiore ' essere di D., in Raccolta d'Ancona, ibid. 1901, 657-692; F. Torraca, ‛ Il Fiore ', in " Rass. Crit. Letter. Ital. " XXVIII (1923) 1-31; G. Mazzoni, Messer Giano nel sonetto di D. a messer Brunetto, in " Studi Mediev. " n.s., VII (1934) 185-188; F. Neri, ‛ Fiore ', son. 88 e segg., in " Giorn. stor. " CXV (1940) 188-200; Zingarelli, Dante 152; Contini, Rime 146; D. Mattalia, Rime, Torino 1943, 205; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, II, Oxford 1967, 255-257; Barbi-Pernicone, Rime 535-537.