messa
Appare in Fiore LIII 4 giurando loro Iddio e tutti i Santi / ed anche il sacramento della messa, / che ciascuna farai gran baronessa, dove ‛ il sacramento della m. ' è naturalmente l'Eucarestia. L'uso di giurare sull'ostia consacrata per conferire solennità alle proprie parole è confermato dal Boccaccio: " Io ti giuro in sul corpo di Cristo, che... " (Dec. VI 4 13).
Il precetto di Amico non ha riscontro nel corrispondente discorso del Roman de la Rose, ma esso è evidentemente modellato sui vv. 21485 ss., in cui Jean descrive le varie forme di simulazione cui ricorrono i falsi amanti per estorcere i favori delle donne: " E leur prometent par feintises / Cueurs e cors, aveirs et servises, / E leur fiancent e leur jurent / Les sainz qui sont, seront e furent, / E les vont ainsinc decevant / Par parole ou il n'a que vent " (dov'è già, in altra forma, l'iterazione ternaria del passo del Fiore); e cfr. anche il consiglio della Vieille: " E s'il ne li a que porter, / E jurt, pour li reconforter, / E fiance de pié, de main / Qu'il l'aportera l'endemain, / Face lui les oreilles sourdes " (Rose 13781 ss.). Inserendo il passo nel discorso di Amico, il poeta stabilisce una simmetria con l'arte della Vecchia, la quale insegna alla donna di fare sicuramente ricorso agli spergiuri, senza tema di commettere peccato, ché Dio non se ne fa se non ghignare (cfr. CLX 9-14).