meritofobia
s. f. (spreg.) Disprezzo e avversione nei confronti del merito e delle capacità individuali.
• Non c’è nulla di più democratico della meritocrazia: cioè di un sistema che riesca a scovare il talento dove c’è, a premiarlo e a promuoverlo: [...] Lo riconosce la Costituzione, quando afferma (articolo 34) che «i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi»; [...] Viceversa, serpeggia ancora in Italia una «meritofobia» suicida e senza futuro: quasi che promuovere il merito voglia dire perpetuare i privilegi delle classi dirigenti, e non sia, al contrario, lo snodo essenziale per rinnovare le classi dirigenti. (Salvatore Settis, Repubblica, 8 luglio 2007, p. 29, Domenicale) • Cosa può dire, oggi, un professore universitario a un giovane che gli chieda consiglio su cosa fare una volta terminati gli studi? Se è laureato a pieni voti, se mostra curiosità intellettuale, se è animato da passione e interessi, dovrà forse suggerirgli ‒ seppure a malincuore ‒ di recarsi all’estero, di andar via da un Paese che a parole esalta la meritocrazia, ma lascia che ovunque si pratichi la più spregiudicata meritofobia, cioè la sistematica e capillare mortificazione del merito. (Giovanni Belardelli, Corriere della sera, 29 dicembre 2010, p. 1, Prima pagina).
- Composto dal s. m. merito con l’aggiunta del confisso -fobia.
- Già attestato nella Repubblica del 10 luglio 2002, Palermo, p. I (Maurizio Barbato).