meretrice
Nel senso di " prostituta " il termine è usato sempre in espressioni figurate. Una sola volta nella Commedia, in un'ampia perifrasi riferita all'invidia che ricorre all'adulazione per avidità e che " con tutti si mette come quelle femmine le quali noi volgarmente chiamiamo meretrici " (Boccaccio): la meretrice che mai da l'ospizio / di Cesare non torse li occhi putti (If XIII 64).
In Cv IV XII 8 è riferito alle ricchezze, false meretrici, piene di tutti defetti, perché facilmente tradiscono passano dall'uno all'altro, indipendentemente dal merito di ciascuno. In efficace antitesi, nel senso di " donna di malaffare, di nessun conto ", m. è contrapposto a donna, " signora ", con allusione alla crisi della litteratura... fatta di donna meretrice (I IX 5). In funzione di aggettivo, con valore d'ingiuria, il termine compare nell'invettiva contro i dispregiatori del proprio volgare, lo quale, s'è vile in alcuna [cosa], non è se non in quanto elli suona ne la bocca meretrice di questi adulteri (I XI 21).
Per la m., figura della curia romana al tempo di Bonifacio VIII e Clemente V, e di cui in Pg XXXII 148-160, cfr. Puttana.