MERCERIZZAZIONE
. Con questo nome si designa nel linguaggio tecnico un'operazione la quale permette di aumentare sensibilmente, mediante un trattamento con soluzioni concentrate di soda caustica, il pregio della fibra di cotone, o anche di fibre tessili artificiali. La mercerizzazione conferisce in particolare alla fibra un aspetto brillante, una lucentezza permanente, simile a quella della seta (da cui anche il nome di setificazione proposto per il processo, ma giustamente non accettato), un peso specifico più elevato, una più grande resistenza alla trazione, una maggiore elasticità e infine una maggiore affinità per quasi tutte le sostanze coloranti, naturali o sintetiche. Ma soprattutto la mercerizzazione determina, con l'azione dell'alcali, il raccorciamento della fibra. Appunto attraverso questo raccorciamento e la conseguente operazione meccanica di stiramento per dare alla fibra la primitiva lunghezza, hanno luogo le profonde modificazioni strutturali apparenti della fibra.
La scoperta delle condizioni nelle quali la fibra di cotone assume le qualità descritte è dovuta al chimico inglese J. Mercer, il quale nel 1844, filtrando una soluzione concentrata di soda caustica attraverso un tessuto di cotone, osservò che questo, dopo l'azione della soda caustica, si era ristretto e raccorciato, divenendo più pesante, più resistente alla trazione e assai più facile a tingere. Egli concretò queste sue osservazioni e le applicazioni che ne potevano conseguire in un brevetto del 1850 (Br. ingl. n. 13.296). Il fatto però che il cotone, trattato con alcali caustici e sottoposto a tensione, assume un lucido e un brillante particolare e duraturo, sfuggì al Mercer, come sfuggì più tardi al Leykauf di Norimberga, il quale nel 1847 si era occupato del processo: e avvenne quindi che i fenomeni scoperti dal Mercer avessero limitatissime applicazioni industriali e finissero col cadere in dimenticanza. Ma nel 1895 la ditta Thomas e Prévost di Krefeld chiese un brevetto, avente come rivendicazione principale la possibilità di ottenere un lucido particolare e permanente sul cotone mantenendo il filato o il tessuto sotto tensione, durante l'azione della soda caustica, o sottoponendolo a tensione subito dopo. La scoperta, anche questa volta, si dovette al caso: cercando di restituire all'originaria larghezza un tessuto misto di seta e cotone, che era stato sottoposto all'azione della soda caustica, Thomas e Prévost poterono accertare che il rovescio di esso, costituito da cotone, aveva, dopo l'allargamento, assunto una lucentezza tutta particolare. Studiato il fatto e trovatane la causa, fu insieme trovata l'applicazione tecnicamente più importante, quella che permetteva di raggiungere lo scopo, per molti anni tenacemente perseguito da numerosissimi tecnici, di dare alla fibra di cotone un'apparenza sericea permanente. Le domande di brevetto, avanzate da Thomas e Prévost, diedero luogo a una lunga, animata controversia, specialmente per il fatto che, fino dal 1890, un altro chimico inglese, H. Lowe, aveva, in un suo brevetto (n. 4452), del resto caduto anch'esso in oblio, rivendicato, tra l'altro, la produzione di un aspetto brillante speciale (glossy appearance) sul cotone, mediante la sottoposizione del tessuto mercerizzato ad un'energica tensione. A conclusione della controversia, durata parecchi anni, i brevetti Thomas e Prévost furono dichiarati nulli dall'ufficio germanico e la loro scoperta cadde nel dominio pubblico, dando così origine a un importantissimo ramo della moderna industria tessile, che l'avvento delle fibre sintetiche (rayon) non ha sensibilmente sminuito.
Come si è detto, oggetto della mercerizzazione sono, in linea principale, le fibre di cotone, e soltanto in alcuni casi e con l'uso di speciali accorgimenti, le fibre tessili artificiali (rayon). Non tutte le varietà di cotone si prestano ugualmente bene per l'operazione: solo le varietà a fibra lunga, come il cotone egiziano makò e il cotone nordamericano sea-island, sono capaci di raggiungere quegli effetti di lucentezza, che costituiscono il pregio principale della fibra mercerizzata. Il cotone da mercerizzare deve inoltre essere allo stato di filo (filato o tessuto); quello in fiocco non può essere mercerizzato per l'impossibilità di sottoporlo alla tensione, operazione fondamentale per ottenere gii effetti voluti.
Come mezzo per operare la mercerizzazione serve la soda caustica in soluzioni concentrate. Si è discusso lungamente tra i chimici, se gli effetti della soda siano di natura puramente chimica o fisica. La questione non è stata però risolta, e mentre J. H. Gladstone, Wichelhaus, W. Vieweg, C. F. Cross e E. J. Bevan sono per la prima ipotesi, Miller e Schwalbe sono per la seconda. Ciò che pare accertato, si è che, per azione di soluzioni di soda caustica, sufficientemente concentrate, si formi un idrato di cellulosa della formula (C6H10O5)2. H2O, oppure (C6H10O5)4.2H2O, ossia una cellulosa, che, per assorbimento di acqua, viene sensibilmente modificata, nel senso che la fibra si rigonfia notevolmente, senza però perdere quasi nulla del suo potere riducente. D'altra parte il raccorciamento che si verifica per azione della soda caustica è fenomeno puramente fisico, da riallacciarsi alla pressione osmotica. Infatti, se alla soluzione di soda caustica si aggiungono sostanze capaci di abbassare la pressione osmotica, quali la glicerina, l'etere, il silicato di sodio, ecc., il fenomeno dell'accorciamento diminuisce d'intensità. Non si può dare la prova del contrario, perché non si conoscono sostanze che aumentino la pressione osmotica. Pure al raccorciamento in questione e all'aumento della coesione interna si deve l'aumento della resistenza alla trazione. La comparsa poi della lucentezza sericea, che contraddistingue il cotone mercerizzato, è dovuta a una modificazione fisica della fibra, per effetto dello stiramento cui essa viene sottoposta durante o dopo l'azione dell'alcali. Assai probabilmente dunque, la mercerizzazione è un fenomeno insieme chimico e fisico.
La mercerizzazione si compie praticamente sottoponendo il cotone, filato o tessuto, all'azione di soluzioni di soda caustica di concentrazione non inferiore ai 25° Bé e non superiore ai 35° Bé. Concentrazioni inferiori a 25° Bé non producono mutamenti sensibili nella fibra; concentrazioni superiori a 35° Bé non dànno effetti né diversì né migliori: in pratica la concentrazione varia da 26° a 35° Bé. La durata dell'azione della soda caustica non ha grande importanza: purché la fibra sia perfettamente imbevuta del liquido alcalino, la durata della sua azione può essere anche assai breve; in pratica essa è di 1 ÷ 3 minuti. Perché la mercerizzazione dia i migliori risultati, occorre che il filato o il tessuto siano stati, in precedenza, almeno ben digrezzati, se non candeggiati: filati e tessuti greggi possono bensì essere mercerizzati, ma assai più difficilmente, più lentamente e con risultato incerto e facilmente difettoso e disuguale. Su fibra digrezzata, meglio ancora se candeggiata, il lavoro procede assai più rapido; molti difetti, come macchie, barrature, ecc., vengono evitati, la lucentezza ottenuta è più viva e brillante, la tintura, che quasi sempre fa seguito alla mercerizzazione, è regolare e uniforme. Per facilitare la rapida e completa penetrazione del liquido alcalino nella fibra, in che riposa, si può dire, il segreto di una buona riuscita, il tecnico dispone oggi di un numero grandissimo di prodotti ausiliari, i quali, introdotti nella soluzione di soda caustica, ne facilitano molto la penetrazione, rendendo così assai più facile, spedita e regolare la lavorazione.
Tanto i filati, quanto i tessuti, possono essere mercerizzati, sia allo stato secco, sia allo stato umido: nel primo caso la concentrazione della soluzione alcalina più opportuna è di 26°-28° Bé: nel secondo caso, essa deve essere notevolmente più forte. La scelta della gradazione da usare dipende dalla quantità di acqua che la fibra porta con sé al momento dell'operazione: ciò che importa, si è che detta concentrazione rimanga costante, per evitare risultati non uniformi, che si tradurrebbero in differenze nelle colorazioni conseguenti alla mercerizzazione. La temperatura della soluzione alcalina non deve essere elevata: si è molto discusso anche su questo punto e da molti si è proposto di raffreddare a 0° la liscivia da usarsi; alcuni sono giunti a proporre temperature inferiori a 0°, ciò che è da sconsigliarsi, perché il cotone in queste condizioni, anziché assumere la voluta rassomiglianza con la seta, verrebbe a prendere un aspetto piuttosto simile a quello del lino. La temperatura optimum pare oggi stabilita tra 5° e 10° al massimo: in estate e in paesi caldi, converrà ricorrere al raffreddamento per raggiungere questa temperatura.
All'uscita dal recipiente, nel quale è avvenuta l'imbibizione con la soda, i filati e i tessuti debbono essere fortemente spremuti, per eliminare quanto più sia possibile la soluzione alcalina. Ciò si ottiene oggi in generale mediante dispositivi a pressione idraulica: si lasciano imbevuti di alcali per alcuni minuti, indi si sottopongono alla tensione indispensabile per ottenere il lucido caratteristico della mercerizzazione (le matasse debbono tornare alla lunghezza e i tessuti alla larghezza, che avevano in greggio: un allungamento o un allargamento più forte non migliorerebbe per nulla il lucido in questione); dopo di che si lavano a contro corrente, in apparecchi che di solito sono disposti in modo da poter raccogliere la soluzione diluita di soda caustica che vi si produce (soluzioni che oggi, data la quantità enorme di cotone che si tratta, conviene depurare e concentrare per ricuperare la soda caustica); dopo un primo lavaggio, si procede a un acidaggio, indi ancora a un lavaggio a fondo e per ultimo si asciuga, salvo i casi in cui filati o tessuti debbano senz'altro andare alla tintoria. In alcuni casi, prima del passaggio in acido, il cotone viene sottoposto all'azione del vapore d'acqua, per eliminare le ultime tracce di alcali e diminuire così il consumo dell'acidn.
Poiché la contrazione che la fibra subisce per azione degli alcali è molto energica, occorrono mezzi meccanici ugualmente energici per riportare filati e tessuti mercerizzati alla primitim lunghezza o larghezza. A questo provvedono macchine speciali, che dall'origine a oggi hanno subito mutamenti e perfezionamenti profondi e notevolissimi. Per i filati, si usa appoggiare le matasse su due cilindri lisci o scannellati, rotanti su sé stessi, i quali possono, mediante dispositivi diversi (viti perpetue, pistoni idraulici, ecc.) essere allontanati gli uni dagli altri, in modo da ottenere il voluto allungamento della matassa. La macchina che attualmente pare la migliore, sia per la riuscita dell'operazione, sia per la produzione unitaria giornaliera, è quella illustrata alle figg. 1 e 2. Per i tessvti l'operazione è molto più complicata. Per molto tempo lo scopo fu raggiunto con macchine il cu̇i organo essenziale constava di due catene orizzontali, divergenti tra loro nel senso longitudinale, munite di una serie di pinze automatiche, le quali afferravano le cimosse del tessuto, al momento in cui esso abbandonava l'ultimo apparecchio di spremitura e tirandolo in senso trasversale, in virtu̇ della loro crescente divergenza, lo obbligavano ad allargarsi, fino a che avesse ripreso la primitiva larghezza: il tessuto era abbandonato da queste pinze solo quando l'allargamento era ultimato e per così dire definitivo, dopo di che esso passava al lavaggio, acidaggio, ecc. Le difficoltà però che s'incontravano nella costruzione di pinze, il cui funzionamento fosse perfetto, le lacerazioni che bene spesso si verificavano nelle cimosse, i risultati non sempre uniformi che si ottenevano, spinsero a studiare altri sistemi, fra i quali prevalse quello di servirsi di spirali allargatrici o di alberi conici curvi, lavoranti in modo che il tessuto, per semplice aderenza su essi, fosse riportato alla larghezza voluta, senza disuguaglianze tra il centro e le cimosse, senza pericolo di lacerazioni, ecc. Tra le macchine di questo tipo, che oggi paiono aver ben risolto i diversi e complessi problemi relativi, la migliore sembra essere quella rappresentata alla fig. 3.
Bibl.: O. N. Witt, Chemische Technologie der Gespinefasern, Brunswick 1891; J. J. Hummel e E. Knecht, Färberei u. Bleicherei, Berlino 1891; R. Loewenthal, Handbuch der Farberei; Berlino 1921; P. Heermann, Technologie der Textilveredelung, Berlino 1923; J. Merritt Matthews, Bleaching and relating processes, Londra 1921; E. Sedlaczek, Die Mercerisierungverfahren, Berlino 1928; G. Georgievics, R. Haller, L. Lichtenstein, Handbuch des Zeugdrucks, Lipsia 1930.