Abstract
Si esamina la strategia europea di creare un mercato unico digitale, basata su tre pilastri fondamentali, e gli obiettivi ad oggi raggiunti ai fini della sua attuazione.
Il 6.5.2015, il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, insieme al commissario Guenther Oettinger, Commissario per l’Economia e la società digitale, e Andrus Ansip, Vicepresidente responsabile per il Mercato unico digitale, hanno presentato la nuova strategia per il mercato unico digitale della Commissione Ue (v. Strategia per il mercato unico digitale in Europa, COM2015/192).
La strategia si basa su tre pilastri fondamentali, così denominati: i) migliore accesso a prodotti e servizi; ii) migliori condizioni affinché le reti e i servizi digitali possano svilupparsi e prosperare; iii) promozione della crescita dell’economia digitale europea. Essi sono a loro volta suddivisi in sedici punti fondamentali, da realizzare entro la fine del 2016.
Secondo le stime presentate, si prevede che la creazione di un Mercato Unico Digitale apporterebbe 415 miliardi di euro all’economia dell’Unione Europea, creando nuovi posti di lavoro, favorendo la crescita, la competizione, gli investimenti, contribuendo all’espansione del mercato e incoraggiando l’offerta di servizi migliori.
Tali numeri si basano, in gran parte, sull’osservazione dei trend di crescita economica apportate dalla trasformazione del mercato e delle attività online: in questo senso si consideri che, se nell’ultimo biennio in Italia le vendite online sono cresciute ad un tasso del 16-17% annuo, raggiungendo un giro d’affari di circa 16 miliardi di euro, nel Regno Unito il valore dell’e-commerce è quasi dieci volte superiore, e anche in Francia e Germania l’e-commerce genera un giro d’affari di 4-5 volte più elevato di quello italiano.
Ma la rivoluzione digitale non è un fenomeno limitato al settore delle reti di telecomunicazione, dell’informatica e dei contenuti immateriali: infatti, essa costituisce un elemento di discontinuità che incide trasversalmente su tutti i settori economici, anche quelli più tradizionali, cambiando irreversibilmente le filiere produttive, i rapporti cd. B2B (business-to-business), nonché le attività commerciali al dettaglio e, dunque, il comportamento di acquisto dei consumatori e il funzionamento dei mercati.
Per tali motivi, il buon fine della strategia sarà fondamentale per promuovere e sfruttare nel migliore dei modi l’innovazione del mercato e per rendere l’economia europea competitiva sul piano internazionale e transnazionale.
Quello che ad oggi è il primo pilastro della strategia, ha come obiettivo di migliorare e facilitare l’accesso ai beni e servizi digitali in tutta Europa sia per il consumatori sia per le imprese. Tra i tre pilastri, il primo è senza dubbio quello più articolato e quello verso il quale, allo stato attuale, sono stati concentrati i maggiori sforzi della comunità europea.
Esso si costituisce di otto punti, che possono riassumersi come segue: i) semplificare l’e-commerce transfrontaliero tramite il tentativo di armonizzare le norme UE in materia di contratti; ii) garantire un più rapido accesso ai diritti dei consumatori, rivedendo il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori; iii) rendere i servizi di consegna a domicilio dei prodotti compravenduti online più semplici e convenienti per le aziende; iv) contrastare il fenomeno del cd. geo-blocking; v) implementare il sistema europeo antitrust per identificare potenziali problematiche di tipo concorrenziale che interessano i mercati europei dell’e-commerce; vi) perseguire la cd. net neutrality; vii) revisionare il sistema di trasmissione di dati via satellite e via cavo per valutare se la sua portata debba essere potenziata per emittenti di trasmissioni online anche al fine di facilitare l’accesso transfrontaliero alle emittenti di servizi online in Europa; viii) armonizzare le aliquote IVA e impostare diversi regimi di IVA in base alle dimensioni e al tipo di soggetto su cui grava l’imposta.
Senza dubbio alcuno, il primo pilastro è, al momento, quello in cui il programma di lavoro della Commissione ha raggiunto una fase più avanzata. Infatti, la maggior parte delle iniziative legislative adottate nel quadro della strategia per il mercato unico digitale guardano al raggiungimento di tale obiettivo (Pelkmans, J., What strategy for a genuine Single Market?, CEPS Special Report No. 126, January, 2016).
Il secondo pilastro, «un ambiente dove le connessioni e i servizi digitali possano prosperare», aspira a garantire che il mercato possa incoraggiare l’innovazione digitale e la crescita economica. In questo caso, l’obiettivo perseguito è quello di riuscire a razionalizzare in maniera più organica tra di loro, i diversi settori del mercato digitale, da quelli economici a quelli tecnici, in modo da incentivare gli investimenti delle società di telecomunicazione operanti nella settore della connessione a banda larga ad alta velocità. Pertanto, sarà necessario aumentare il sistema di monitoraggio dei contenuti illegali, per poter garantire una maggiore sicurezza della rete nell’interesse sia dei consumatori, sia delle imprese.
Nello specifico sono cinque i punti individuati dalla Commissione che costituiscono il secondo pilastro: i) riformare la regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni; ii) riesaminare il quadro dei media audiovisivi per adeguarlo al XXI secolo, mettendo in rilievo il ruolo dei diversi operatori del mercato nella promozione delle opere europee (emittenti televisive, fornitori di servizi audiovisivi a richiesta, ecc.); iii) effettuare un’analisi dettagliata sul ruolo delle piattaforme online (motori di ricerca, social media, app store, ecc.) nel mercato; iv) rafforzare la fiducia nei servizi digitali e la sicurezza degli stessi, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati personali; v) proporre un partenariato con l’industria sulla sicurezza informatica nell’ambito delle tecnologie e delle soluzioni per la sicurezza delle reti.
Il terzo e ultimo pilastro si concentra nella realizzazione della massima crescita potenziale dell’economia digitale e si propone di garantire degli standard adatti per la sicurezza nella condivisione dei dati nel territorio della Ue.
A tale riguardo, tre sono i punti individuati dalla Commissione: i) proporre un’iniziativa europea per il libero flusso dei dati, per promuoverne la libera circolazione nel territorio europeo; ii) individuare le priorità per l’elaborazione di norme e l’interoperabilità in settori fondamentali per il mercato unico digitale, quali la sanità elettronica, la pianificazione dei trasporti o l’energia (contatori intelligenti); iii) promuovere una società digitale inclusiva in cui i cittadini dispongano delle competenze necessarie per sfruttare le opportunità offerte da Internet e aumentare le possibilità di trovare un lavoro.
Il nuovo pacchetto telecomunicazioni (Reg. 2015/2120/UE che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta), approvato dal Parlamento europeo dopo due anni di trattative e adottato dal Consiglio il 1.10.2015 e in vigore dal 30.4.2016, introduce nuove norme sulla c.d. neutralità di rete (net neutrality) e, dal 15.6.2017, abolirà definitivamente il cd. roaming. Non ci saranno più costi aggiuntivi per telefonate, SMS e dati scaricati in roaming per i cittadini europei. Le tariffe previste dal contratto telefonico mobile che intercorre tra un cittadino e un provider europeo non saranno più limitate solo al territorio dello Stato membro di riferimento, ma si applicheranno anche negli altri Stati membri, rendendo, quindi, inutile la scelta del consumatore su piani tariffari aggiunti per l’estero.
Per il roaming, al di là del cd. ‘utilizzo corretto’, ovverosia, quando per il tenore del servizio offerto il fornitore non riesca a recuperare i costi globali, potrà essere prevista una tariffa di lieve entità che non potrà essere superiore all’importo massimo della tariffa all’ingrosso che gli operatori versano per utilizzare le reti di altri paesi dell’UE. Il limite relativo all’utilizzo corretto sarà definito dalla Commissione entro il 15.12.2016.
Il testo sancisce il diritto degli utenti finali di accedere ai contenuti di loro scelta e distribuirli su internet. È stato, inoltre, previsto l’obbligo dei provider di servizi internet di fornire agli utenti, in fase di trattativa di contratti di servizi di accesso a internet fissi o mobili, una spiegazione chiara e realistica sulle velocità di download e upload che possono aspettarsi dal servizio. Ogni differenza evidente darà diritto a compensazioni, quali l’estinzione del contratto o l’ottenimento di un rimborso. Spetterà alle autorità nazionali verificare se eventuali differenze possano o meno costituire una violazione del contratto.
Nel mese di aprile 2016, il Parlamento europeo ha approvato, dopo oltre 4 anni di negoziati, il nuovo Pacchetto per la Protezione dei dati.
Nello specifico, la riforma si compone di tre strumenti: i) il reg. 2016/679/UE relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati; ii) la dir. 2016/680/UE relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati; iii) la dir. 2016/681/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27.4.2016, sull’uso dei dati del codice di prenotazione (PNR) a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi.
i) Il reg. 2016/679 istituisce un quadro generale dell’Unione per la protezione dei dati. La proposta prevede un maggiore controllo degli interessati sulle proprie informazioni private e, in particolare, le autorità nazionali indipendenti di protezione dei dati potranno comminare sanzioni pecuniarie pari al 4% del fatturato alle web company che trattano i dati dei cittadini non adeguandosi alle nuove normative, nonché standard minimi per l’utilizzo dei dati a fini giudiziari e di polizia. Il regolamento introdurrà una legislazione armonizzata in tutti i 28 Stati membri e dovrà essere rispettato anche dai paesi che, sebbene non facciano parte dell’UE, vogliano intrattenere rapporti commerciali nel territorio dell’Unione.
Tra le novità introdotte dal regolamento, la previsione della figura del responsabile della protezione dei dati (art. 37), che deve essere nominato obbligatoriamente dai soggetti pubblici e, in talune circostanze, anche dai soggetti privati, e ha il compito di fornire consulenza al titolare o al responsabile del trattamento nonché ai dipendenti circa gli obblighi derivanti dal regolamento, nonché di sorvegliare sulla sua osservanza. Il responsabile della protezione dei dati dovrà cooperare con l’autorità di controllo e fungerà da punto di contatto con essa. Il regolamento introduce nuovi adempimenti per i titolari del trattamento: in questo senso, l’obbligo di ogni titolare di tenere un registro delle attività di trattamento svolte sotto la propria responsabilità (art. 30) e di effettuare una valutazione di impatto sulla protezione dei dati (art. 35). A tale riguardo, spetterà all’autorità Garante redigere e rendere pubblico l’elenco delle tipologie di trattamenti soggetti al requisito della «valutazione di impatto sulla protezione dei dati»;
ii) la dir. 2016/680 fornisce norme volte ad agevolare ancor di più gli scopi preventivi necessari a contenere lo spettro della minaccia terroristica, ma fa salva la facoltà degli Stati membri di prevedere maggiori garanzie per la tutela dei diritti e delle libertà dell’interessato, circostanza che sembrerebbe, in realtà, collimare con lo scopo stesso della direttiva, in quanto foriera di frammentazione. La direttiva riguarda il trattamento dei dati personali trasmessi o resi disponibili tra Stati membri relativamente alla protezione delle persone fisiche a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica (art. 1); peraltro, si rinvia al regolamento 2016/679 in tutti quei casi in cui il trattamento dei dati non rientri nell’ambito oggettivo di cui all’art. 1. La direttiva stabilisce una serie di indicazioni procedurali sul trattamento dei dati personali: ad esempio, lascia agli Stati membri stabilire le ‘adeguate’ tempistiche per la cancellazione dei dati o per la valutazione della loro conservazione (art. 5) e prevede che i dati personali siano profilati sia in base alla qualità degli interessati (art. 6) sia in base al contenuto dei dati stessi (art. 7). Infine, è previsto l’obbligo di ogni Stato membro di nominare una o più autorità pubbliche indipendenti («autorità di controllo»), che saranno incaricate di sorvegliare il rispetto delle disposizioni della direttiva e di applicare le garanzie pertinenti, tutelando, allo stesso tempo, i diritti e le libertà dei privati e la libera circolazione dei dati nel territorio dell’UE e che dovranno collaborare tra di loro scambiandosi informazioni e prestandosi assistenza (artt. 41 e ss.);
iii) la direttiva che regola l’utilizzo dei dati del codice di prenotazione (PNR) obbligherà le compagnie aeree a comunicare alle autorità i dati dei passeggeri per tutti i voli provenienti da Paesi terzi verso l’Unione Europea e viceversa.
I dati PNR riguardano le informazioni fornite dai passeggeri e raccolte dalle compagnie aeree durante la prenotazione dei voli e le procedure di check-in. Sono dati PNR, per esempio, la data o le date previste di viaggio, l’itinerario di viaggio, le informazioni relative al biglietto, la residenza e gli estremi dei passeggeri, le informazioni relative al bagaglio, le informazioni relative alle modalità di pagamento. D’altronde, tutte queste informazioni sono già raccolte e trattate a fini commerciali dalle compagnie aeree stesse. In questo senso, la direttiva è volta a tutelare i dati di vittime, di testimoni e di sospettati di crimini nell’ambito di un’indagine penale o di una azione di contrasto. Per far ciò, si intende facilitare la cooperazione transfrontaliera di polizia e di pubblici ministeri, attraverso leggi armonizzate per contrastare la criminalità e il terrorismo in modo più efficace in tutta Europa. La direttiva si applica ai voli extra-UE (art. 1), ma gli Stati membri potranno decidere di estenderla ai voli intra-UE (ad esempio, i voli che si dirigono da uno Stato membro verso un altro o altri Stati membri), notificando tale decisione per iscritto direttamente alla Commissione. Gli Stati membri dovranno stabilire una propria «Unità di informazione sui passeggeri» (UIP) (artt. 4 e ss.) per raccogliere i dati PNR dalle compagnie aeree. Le Unità di informazione sui passeggeri saranno responsabili della raccolta, conservazione e trattamento dei dati PNR, nonché di trasferirli alle autorità competenti e scambiarli con le Unità d’informazione sui passeggeri di altri Stati membri e con la Europol.
Il 9.12.2015, la Commissione europea ha pubblicato due proposte di direttiva con l’obiettivo di fornire una risposta alla frammentazione giuridica nel settore del diritto contrattuale dei consumatori, che genera alti costi per le imprese e la scarsa fiducia dei consumatori nell’utilizzo dell’e-commerce transfrontaliero, tentando di definire un impianto normativo unico e armonizzato nei contratti cd. B2C (business-to-consumers).
i) La Proposta di Direttiva relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale COM(2015)634 rappresenta lo sforzo del legislatore europeo di affrontare i mutamenti più profondi portati dalla distribuzione online nei settori dei cd. information goods. Internet ha modificato radicalmente non solo la distribuzione, ma anche la produzione e le modalità di consumo di contenuti – musicali, audiovisivi, giornalistici, editoriali, ecc. – nella loro moderna veste digitale.
Attualmente, la vendita di contenuti digitali è regolata dalle direttive 2011/83, 2000/13 e 93/13, mentre non trova applicazione la direttiva 1999/44 su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, poiché la definizione di «beni di consumo» della normativa comprende solamente i «beni mobili tangibili».
La direttiva proposta vuole regolare la fornitura, da parte di un professionista a favore di un consumatore, di contenuti digitali, intendendosi per «contenuti digitali» sia «beni intangibili», quali, ad esempio, i prodotti software e i CD, sia servizi, intesi come possibilità di creazione, trattamento e memorizzazione di dati prodotti dal consumatore (ad esempio, il cd. cloud computing, un sito per modificare le foto) e come servizi di condivisione di dati in forma digitale nel caso in cui tali dati siano forniti da altri utenti (i cd. social media).
Determinati tipi di contratti sono stati esclusi dall’ambito di applicazione della proposta, come ad esempio i servizi posti in essere tramite un intervento umano predominante, le comunicazioni elettroniche e i servizi finanziari.
Si sottolinea che la proposta regolerebbe solamente quei contratti per i quali è prevista una controprestazione del consumatore in cambio della fornitura del contenuto digitale, sia essa monetaria (il pagamento di un prezzo), sia essa sotto forma di dati (come, per esempio, i dati personali.
ii) La Proposta di Direttiva relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita online e di altri tipi di vendita a distanza di beni COM (2015)635 si propone di armonizzare totalmente l’esistente diritto dei consumatori europeo. Le norme nazionali che si applicano ai contratti di vendita al consumatore negli Stati Membri compongono oggi un quadro articolato ed eterogeneo, atteso che spesso vanno oltre quanto disposto dalle direttive di armonizzazione minima dell’UE. Tali differenze comportano costi aggiuntivi per le imprese esportatrici, le quali devono adattare i propri contratti alle diverse norme vigenti nei vari Stati Membri in cui esportano, e minano la fiducia dei consumatori nei confronti degli acquisti transfrontalieri.
La Commissione Europea prevede che, eliminando gli ostacoli al diritto contrattuale digitale, oltre 120 mila imprese in più venderebbero online all’estero, e un numero compreso tra 8 e 13 milioni di nuovi consumatori inizierà ad effettuare acquisti transfrontalieri (di importo medio maggiore rispetto a quello attuale), stimolato dai minori prezzi e dalla più ampia scelta di prodotti resa possibile dalla maggiore concorrenza nella distribuzione al dettaglio.
Rispetto all’attuale disciplina, possono individuarsi quattro fondamentali differenze.
Una prima differenza riguarda l’inversione della prova relativamente alla data di inizio della mancanza di conformità. La proposta suggerisce di ampliare questo periodo da 6 mesi a 2 anni, al fine di assicurare ai consumatori una più facile applicazione del diritto europeo dei consumatori (premesse, punto n. 33).
Un altro cambiamento è relativo ai rimedi a disposizione del consumatore per la mancanza di conformità del bene acquistato. All’art. 9, la proposta segue il sistema a due step del diritto dei consumatori, ossia che inizialmente il consumatore potrà solo chiedere la riparazione o la sostituzione del bene, e solo in un secondo momento potrà accedere ad una riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto.
La terza novità consiste nella possibilità di rescissione del contratto anche nel caso in cui la mancanza di conformità sia tenue. La proposta, in questo caso, favorisce la protezione del consumatore a discapito dell’interesse del venditore. La Commissione, al punto 29 delle premesse, spiega che questo costituirà un incentivo per il venditore a rimediare a una mancanza di conformità sin da subito.
L’ultimo punto da sottolineare riguarda l’eliminazione del cd. onere di notificazione. L’art. 5, co. 2, consente agli Stati membri di prevedere che il consumatore informi il venditore della mancanza di conformità entro due mesi dalla data di scoperta del difetto. In caso di mancata notifica il compratore perde il suo diritto nei confronti del venditore. La ratio di tale disciplina è quella di proteggere il venditore da una lamentela, tardiva e difficile da valutare, da parte del consumatore.
Sempre il 9.12.2015, la Commissione europea ha presentato la Proposta di Regolamento che garantisce la portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno COM(2015) 627, muovendo dall’intenzione di eliminare progressivamente i principali ostacoli al funzionamento del mercato unico digitale per opere protette dal diritto d’autore.
In estrema sintesi, la proposta di regolamento è volta a consentire ai consumatori con accesso legale a servizi online nel loro paese di residenza, di utilizzare gli stessi servizi anche quando si trovano in un altro Stato membro per un periodo di tempo limitato. L’obiettivo perseguito, pertanto, è di rendere accessibili i contenuti audiovisivi legittimamente offerti agli abbonati di un servizio online residenti in uno Stato membro, laddove i medesimi soggetti si trovino temporaneamente a soggiornare in altri Paesi dell’UE (per lavoro, studio, vacanza, etc.). In tal senso, il regolamento è incentrato sul concetto di viaggio occasionale dell’utente/consumatore, a fronte del quale il fornitore del servizio avrebbe un vero e proprio obbligo di rendere possibile la portabilità dei contenuti. Tale obbligo, tuttavia, non istituisce in alcun modo una ‘europeizzazione’ del regime giuridico del diritto d’autore: ciascuno Stato Membro, infatti, continuerà ad applicare il proprio corpus normativo in materia di proprietà intellettuale e le negoziazioni delle licenze tra i detentori dei diritti ed emittenti televisive e/o fornitori di servizi audiovisivi su Internet potranno continuare ad essere svolte in funzione di specifici ambiti territoriali.
Anche volendo tralasciare il problema della mancanza di una chiara definizione di viaggio occasionale, che lascia all’interprete il compito di stabilire quando la permanenza in uno Stato diverso da quello di residenza sia temporanea o meno, si nota che i meccanismi di verifica della presenza temporanea eletti dal legislatore, come chiarito nel preambolo del regolamento e nella valutazione d’impatto (IA) che accompagna la proposta, sono informazioni come i dati bancari, il pagamento delle tasse per altri servizi forniti nello stato membro di residenza o l’esistenza di un contratto per Internet o per la telefonia mobile. Questo metodo consentirebbe ai consumatori proprietari, per esempio, di un appartamento o anche solo di un conto in banca in un altro Stato membro, di avvalersi di nascosto dal meccanismo previsto dal regolamento, eludendone la portata.
Se si dovesse tracciare un bilancio di quanto realizzato, si dovrebbe osservare che molti degli obiettivi proposti devono ancora essere raggiunti, e, tanto per essere realisti, sarebbe difficile attendersi che essi saranno realizzati entro il termine proposto.
Tra questi, si ricorda, a titolo esemplificativo: la revisione della regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni, (prevista per l’autunno 2016) che, giova ribadire, costituisce il primo punto del secondo pilastro; il miglioramento degli strumenti di tutela del consumatore attraverso la revisione del regolamento n. 2006/2004/CE sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori; l’ammodernamento della legislazione sul diritto d’autore, previsto per l’autunno 2016, che ricomprende la riduzione della disparità tra i regimi di diritto d’autore nazionali e consentirà un accesso online più ampio ai contenuti digitali in tutta l’UE; l’eliminazione del cd. geoblocking; la revisione della direttiva 2002/58/CE, la cd. “legge cookie”, che attualmente regolamenta il settore delle telecomunicazioni, regolando la riservatezza delle comunicazioni, l’utilizzo dei cookie, i dati di localizzazione, e i famosi metadati. L’elenco, per ragioni di spazio, non è esaustivo e meriterebbe di essere ampliato e approfondito.
Ebbene, nonostante, come si ha avuto modo di sottolineare, il percorso sia ancora lungo, sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto quello temporale, non può che guardarsi con ottimismo a questa iniziativa per la quale una centralità preminente assume l’obiettivo di promuovere l’interesse dell’intera economia, stimolandone l’efficienza dinamica (ossia la capacità di innovare) e limitando il più possibile interventi che assumano una valenza meramente ‘redistributiva’ tra diversi soggetti e gruppi di interesse.
In questa prospettiva, le linee guida generali considerate nella definizione delle regole che definiscono la governance economica del capitalismo digitale, possono riassumersi nella promozione dell’innovazione, che non può essere contrastata, ma va gestita e incoraggiata al fine di promuovere una parità di strumenti a disposizione per tutte le imprese che competono in un stesso mercato. In questo senso si tutelerebbero i consumatori/individui non solo attraverso le regole, ma anche attraverso l’incoraggiamento di una consapevole autodeterminazione nelle scelte di consumo per far sì che essi, con il loro comportamento, assecondino il funzionamento delle regole che disciplinano il mercato e assumano il ruolo di fondamentale di regolatori degli equilibri del mercato.
Comunicazione per la Strategia per il Mercato Unico Digitale in Europa (COM(2015) 192 final); Reg. 2015/2120/UE che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta; Reg. 2016/679/UE relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE; Dir. 2016/680/UE relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati; Dir. 2016/681/UE sull’uso dei dati del codice di prenotazione (PNR); Proposta di Direttiva relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale COM(2015)634; Proposta di Direttiva relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita online e di altri tipi di vendita a distanza di beni COM (2015)635; Proposta di Regolamento che garantisce la portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno COM(2015)627.
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