MERCANTI, Ilario Giacinto,
detto lo Spolverini. – Nacque a Parma il 13 genn. 1657 nella parrocchia di S. Gervaso, secondo quanto risulta dal suo atto di nascita (pubblicato in Fiori). Figlio del pittore Pietro e di Maria, citata nell’atto senza indicazione di casata (ma Arisi Riccardi suppone possa trattarsi di Maria Francesca Minati), il M. a partire dall’ultimo decennio del secolo viene ricordato nella documentazione disponibile come Spolverini. Egli potrebbe aver scelto di denominarsi così per la volontà di dissimulare le proprie origini ebraiche, adottando una connotazione che avrebbe dovuto richiamare la sua qualifica di garzone di bottega addetto allo «spolvero» preparatorio all’affresco, visto che con tale ruolo avrebbe lavorato alla decorazione della certosa di Parma in giovane età (Silingardi Salvini; Arisi Riccardi). La formazione del M. avvenne nell’ambito della bottega di F. Monti, detto Brescianino delle Battaglie, dopo un tirocinio non accertato, ma piuttosto probabile, con il padre (attivo a Parma nel 1660, secondo l’unica testimonianza documentaria che lo riguarda, nella decorazione pittorica di due archi di trionfo); rimane però incerta la data di inizio del suo alunnato.
Nella ricostruzione delle origini del linguaggio formale del M. la critica, anche quella più recente, ritiene plausibile (benché non sorretta da alcun riferimento documentario) l’ipotesi di un suo viaggio in età giovanile a Firenze, dove il M. si sarebbe recato per osservare le opere di J. Courtois il Borgognone. In tale circostanza egli potrebbe essere entrato in contatto con P. Reschi (Arisi Riccardi) e avere assimilato elementi formali e compositivi desunti dal linguaggio di J. Callot e S. Della Bella (Ceschi Lavagetto). Tuttora indimostrato rimane anche il viaggio veneziano che il M. avrebbe effettuato insieme con Monti per illustrare le imprese del doge Francesco Morosini contro i Turchi: nessuna delle opere prodotte in tale occasione (in origine collocate a palazzo Morosini in campo S. Stefano, oggi pervenute in parte al Museo Correr di Venezia) può essere convincentemente accostata ai modi del Mercanti. E tuttavia, alle influenze di questo presunto viaggio a Venezia, posto tra il 1690 e il 1695, sarebbe da collegare, secondo un’unanime e consolidata tradizione critica, l’evoluzione stilistica del M., nella scelta di valori cromatici di più spiccata ascendenza tonale e nell’adozione delle caratteristiche «macchiette» come tratto connotativo del suo stile pittorico. Nell’impianto di tale paradigma formale troverebbero spazio anche echi e suggestioni da S. Mazzoni, F. Maffei e S. Rosa (Riccomini).
Le fonti attestano però, negli stessi anni, un elevato grado di inserimento del M. nel circuito culturale farnesiano parmense: nel 1692 gli venne riconosciuta una patente di familiarità dal duca Ranuccio II e in seguito gli fu conferita la nomina a pittore di corte (Arisi Riccardi). Fu con evidenza in tale contesto che il M. si specializzò nella pittura di genere celebrativo e nella narrazione storico-encomiastica, focalizzando uno specifico ambito di competenza nella pittura di battaglie.
In questa specializzazione la critica ha sempre riconosciuto al M. una notevole spigliatezza di tocco e una certa propensione alla fusione cromatica, pur nella ripetitività dei soggetti (Riccomini).
Nonostante la solidità e la specificità di ruolo nell’ambito della corte dei Farnese, l’attività del M. non è riducibile a un sistema esclusivo di committenza. Fu infatti per i Pallavicino che realizzò i due episodi (diurno e notturno) commemorativi della Battaglia di Fornovo, destinati alla villa della Boffalora di Busseto e oggi alla Galleria nazionale di Parma; e Riccomini conferma i suoi rapporti con altre importanti famiglie del Ducato, i Meli Lupi e i Sanvitale.
Il catalogo del M. negli ultimi anni del secolo, nella generale difficoltà di avanzare attribuzioni certe e datazioni incontrovertibili, risulta ancora piuttosto disarticolato (i due Combattimenti di cavalleria del Museo nazionale di Capodimonte a Napoli, i pendants con Cavalieri divisi fra il palazzo reale di Caserta e il Museo di Capodimonte, la Battaglia fra cristiani e Turchi del Museo della Rocca Sanvitale di Fontanellato, la Naumachia del 1690 nel palazzo del Comune di Parma); mentre più significativa si fa la produzione a partire dal 1700, in cui emergono per importanza e prestigio, tra le numerosissime battaglie eseguite, le due citate versioni della Battaglia di Fornovo, nelle quali il M. fu artefice di un’operazione strategica di sincretismo celebrativo bifamiliare, visto che nella battaglia (1495) perse la vita Ranuccio Farnese, sposo di Ippolita Pallavicino.
Nel 1710 il M. sposò Rosa Bottazzi nella chiesa di S. Apollinare a Parma; nell’atto di matrimonio «Hilarius de Mercantis, dictus Spolverinus» viene definito «eximius pictor» (Fiori, p. 92). Fra i testimoni di nozze fu presente Ottavio, fratello del Mercanti. L’anno successivo nacque il primogenito Pier Domenico Gaetano, tenuto a battesimo da F. Galli Bibiena.
La documentata familiarità con il quadraturista bolognese ha fatto ragionevolmente ipotizzare rapporti di reciprocità culturale e ispirazione formale, soprattutto nei dipinti cerimoniali di più solido impianto scenografico (Ceschi Lavagetto; Arisi Riccardi).
Il tardivo matrimonio del cinquantatreenne M. non fu avaro di prole. Le fonti riportano infatti la nascita di Giovanni Maurizio nel 1714; la morte di Angela Maria Gertrude, di diciotto mesi, nel febbraio del 1721; il battesimo di Angela Francesca Gertrude, nell’ottobre dello stesso anno (morirà nel 1762); la nascita di Diana Felicita Domenica nel 1723 e quella di Pietro Antonio Francesco nel 1724. Dal testamento del M. del 1731 risulta anche un’altra figlia, Aurora.
Nel 1712 il M. si trovava a Piacenza per eseguire copie da G. Lanfranco e B. Schedoni per conto dei duchi di Parma.
Tale attività, ampiamente documentata anche da testimonianze epistolari dello stesso M. che informava i committenti sul progresso del lavoro, veniva svolta parallelamente a un’intensa opera di mediazione nella compravendita di dipinti nel territorio per conto degli stessi duchi.
Fu però in occasione delle nozze di Elisabetta Farnese con Filippo V di Spagna, previste a Parma per il 1714, che il M. ebbe modo di realizzare la più importante e cospicua fra le serie di dipinti celebrativi dei fasti farnesiani.
Il M. ebbe l’incarico di fornire una dettagliata documentazione di tutte le fasi cerimoniali di preparazione e svolgimento del rito nuziale: ne derivò un prezioso e documentato resoconto pittorico, costituito da circa venti tele di varie dimensioni, in cui il M. caratterizzò episodi e luoghi con scrupolosa esattezza e con acutezza di cronista, tracciò ritratti individuali, descrisse vesti, livree e partiture architettoniche. Nei dipinti il M. riuscì con convincente abilità a realizzare solidi allestimenti quadraturistici di stampo bibienesco ospitanti miriadi di personaggi ordinati in cortei e parate e rappresentati ora con la compendiarietà della lumeggiatura, ora con minuziosa precisione ritrattistica; negli impianti paesaggistici (di straordinaria profondità prospettica) il M. non rinunciò alla caratteristica vivacità della pennellata, alle desunzioni tonali dal cromatismo veneto e alla retorica enumerativa nella brulicante moltiplicazione del numero di astanti. Le tele, di formato piccolo, medio e grande, destinate in origine ai palazzi ducali di Colorno, Piacenza e Parma, sono oggi distribuite fra il palazzo del Comune di Parma (in cui sono conservati fra gli altri il monumentale Corteo verso il duomo, lo Sposalizio e il Banchetto nuziale), il Museo civico di Piacenza (che ospita l’Ingresso a Parma del cardinale Gozzadini) e il palazzo reale di Caserta; esse furono realizzate perlopiù nell’arco del quinquennio successivo alla data del matrimonio e, secondo Arisi Riccardi, almeno fino al 1722. Nell’ambito della sua cospicua produzione (l’affollatissimo catalogo del M. risulta solo parzialmente ricostruito dalla critica e tuttora in via di incremento) egli eseguì dipinti celebrativi anche per Pier Luigi Farnese, primo duca di Parma e Piacenza (l’Allegoria sulla costruzione del castello di Piacenza del Museo civico di Piacenza), per i duchi Alessandro (la Resa d’Anversa ad Alessandro Farnese del palazzo del Comune a Parma) e Francesco, e per la gloria della casata, il papa Paolo III (tre ovali divisi tra il Museo civico di Piacenza e il palazzo reale di Caserta). Oltre all’attività di battaglista (frequentemente sovrapposta sul piano attributivo a quella del Brescianino) e di pittore di cerimonie, sono attribuiti al M. un certo numero di dipinti di soggetto sacro (tra cui la Strage degli innocenti della parrocchiale di Colorno, Il popolo ebreo condotto da Mosè e Giosuè ferma il Sole dipinti per il palazzo di Colorno della duchessa Dorotea Sofia di Neuburg) e diversi ritratti, per tradizione critica accostati ai modi del Mulinaretto (G.M. Delle Piane). I rapporti fra quest’ultimo e il M. dovettero essere improntati a una certa proficuità di scambi fin dal 1695, allorché il Mulinaretto (di tre anni più giovane del M.) fu nominato ritrattista ufficiale di corte, e si intensificarono nel 1727 quando lavorarono insieme all’inventario della raccolta d’arte di S. Magnaschi.
L’ultimo ventennio della vita del M. è largamente documentato da scambi epistolari e testimonianze d’archivio. Dal 1715 risulta essere residente a Piacenza nella parrocchia di S. Fermo (Fiori); dal settembre 1720 (in concomitanza con il licenziamento di quasi tutte le opere della serie nuziale) ottenne dai Farnese uno stipendio mensile di 324 lire in aggiunta alla fornitura settimanale di «tavola, lume e legna» (Arisi Riccardi, p. 32); da un documento del 1724 risulta, infine, avere possedimenti in Gazzano. Nel 1727 abitava ancora a Piacenza, città d’elezione in questa fase della sua vita, sempre nella parrocchia di S. Fermo, dove fu sepolta la figlia Diana morta nell’aprile dello stesso anno. Nel 1731 nominò il figlio Pietro erede universale dei suoi beni (che comprendevano, fra l’altro, anche un podere in località Castione Pallavicino); pochi mesi dopo ottenne una patente di familiarità dalla duchessa Dorotea Sofia, per il matrimonio della quale con Odoardo Farnese aveva dipinto anni prima la citata Naumachia.
Il M. morì a Parma il 4 ag. 1734 e fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni Evangelista.
Fonti e Bibl.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri (1877), Sala Bolognese 1978, p. 266; L. Balestrieri, Feste e spettacoli alla corte dei Farnese, Parma 1909, pp. 45-47; F. Borri, I quadri di I. Spolverini per le nozze di Elisabetta Farnese, in Parma, I (1933), pp. 265-268; A.O. Quintavalle, La Regia Galleria di Parma, Roma 1939, pp. 232-234, 258, 283 s.; Id., Nuovi ritratti farnesiani, in Aurea Parma, XXVII (1943), p. 73; L. Ozzola, I pittori di battaglie nel Seicento e nel Settecento, Mantova 1951, pp. 50 s.; F. Arisi, Il Museo civico di Piacenza, Piacenza 1960, pp. 238-241; Il Museo Correr di Venezia. Dipinti del XVII e XVIII secolo, a cura di T. Pignatti, Venezia 1960, pp. 319 s.; Dipinti farnesiani di Sebastiano Ricci, Giov. Battista Draghi, Francesco Monti, I. Spolverini (catal.), a cura di F. Arisi, Piacenza 1961, ad ind.; M.G. Silingardi Salvini, I. Spolverini, in Aurea Parma, LII (1968), pp. 41-59; G. Fiori, Notizie biografiche di pittori piacentini dal ’500 al ’700, in Archivio storico per le province parmensi, s. 4, XXII (1970), pp. 92 s.; G. Panazza - C. Boselli, La Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, Milano 1974, pp. 162 s.; E. Riccomini, I fasti, i lumi e le grazie: pittori del Settecento parmense, Parma 1977, pp. 34-43; R. Arisi Riccardi, I. Spolverini pittore di battaglie e cerimonie (catal.), Piacenza 1979 (con bibliografia); G. Godi, Apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del Settecento, in Parma nell’arte, XI (1979), pp. 7 s.; F. Arisi, I. Spolverini, in L’arte del Settecento emiliano. L’arte a Parma dai Farnese ai Borbone (catal., Parma), Bologna 1979, pp. 35-39; Fulgidi amori, ameni siti e perigliose cacce (catal.), Napoli 1993, pp. 84-89 (schede a cura di L. Gaeta); P. Consigli, La battaglia nella pittura del XVII e XVIII secolo, Parma 1994, pp. 98-113, 423-426; P. Ceschi Lavagetto, La pittura del Settecento a Parma e Piacenza, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 2004, I, pp. 237-240; II, pp. 871 s. (scheda di M. Fornari); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXI, p. 399.
A. De Lillo