MERAVIGLIE del Mondo (῾Επτὰ ϑεάματα, Septem miracula mundi)
La testimonianza più antica delle sette meraviglie del mondo è Antipatro di Sidone (Anth. Pal., ix, 58) che nomina: le mura di Babilonia, lo Zeus di Olimpia, i giardini pensili di Babilonia, il Colosso di Rodi, il Mausoleo di Alicarnasso, le Piramidi di Egitto, l'Artemision di Efeso.
I Laterculi Alexandrini (H. Diels, viii, p. 4) del II sec. a. C. conservano soltanto tre citazioni (τὰ ἑπτὰ ϑ[εάματα): l'Artemision, le Piramidi, il Mausoleo. Strabone nomina il Colosso di Rodi (xiv, 652) le Piramidi (xvii, 808), le mura di Babilonia (xvi, 738), il Mausoleo (xiv, 656), lo Zeus di Olimpia (viii, 353) e l'Artemision (xiv, 640). Diodoro cita le Piramidi (i, 63) e l'obelisco di Semiramide (il, il), mentre, pur descrivendo i giardini e le mura di Babilonia (ii, 11, 7, 8) non li annovera fra le meraviglie (τὰ ε. τὰ επιϕανέστατα ἔργα i, 63; τὰ ἑ. τὰ κατονομαζόμενα ἔργα, ii, 11).
Properzio (iii, 2, 17-19) ricorda le Piramidi, lo Zeus, il Mausoleo; Marziale (Lib. spect., i) tra i fabricarum septem miracula nomina le Piramidi, Babilonia, Assyrius labor, cioè le mura e i giardini, l'Artemision, l'altare di Delo, il Mausoleo e aggiunge significativamente alla lista l'anfiteatro flavio. Igino (Fab., 223) annovera fra i septem opera mirabilia l'Artemision, il Mausoleo, il Colosso di Rodi, lo Zeus, il Palazzo di Ciro ad Ekbatana (!), le mura di Babilonia che dice un'opera di Semiramide (!), le Piramidi. Le due citazioni del Palazzo di Ciro e delle mura di Babilonia come opera di Semiramide ricorrono anche nel Codex Monacensis di L. Ampelio (cap. 8). Gregorio Nazianzeno (Anth. Pal., viii, 177) nella lista degli ἑπτὰ βίοι ϑαύματα nomina le mura di Babilonia, lo Zeus, i giardini pensili, le Piramidi, l'Artemision, il Colosso, il Mausoleo, mentre in un'altra lista (Or. in Basil. M., 43, 63, 15; Migne, Patr. Gr., xxxvi; Greg. Naz., ii, p. 580) annovera Tebe d'Egitto, le mura di Babilonia, il Mausoleo, le Piramidi, il Colosso, l'Artemision e una indeterminata meraviglia: κάλλη τῶν μηκέτι ὄντων. Filone di Bizanzio descrive i giardini pensili, le Piramidi, lo Zeus, il Colosso, le mura di Babilonia, l'Artemision, il Mausoleo. Cassiodoro (Var., vii, 15) ricorda l'Artemision, il Mausoleo, il Colosso, lo Zeus, il Palazzo di Ciro, le mura di Babilonia, le Piramidi e, come ottava meraviglia, Roma.
Nelle fonti più tarde alle meraviglie del canone tradizionale si sostituiscono o si aggiungono altre diverse come l'Arca di Noè, il Tempio di Salomone, il Teatro di Eradea, Pharos, in Gregorio di Tours (Lib. de cursu stellarum, Mon. Script. r. Meroving., i, 2, p. 857 ss.), o come il Capitolium, Pharos, il simulacrum Bellerophontis ferreum cum equo suo in summa civitate suspensum, il Teatro di Eraclea, le Terme di Apollonio di Tiana, nello Ps. Beda (Filone, ed. Orelli, p. 143), oppure il Tempio di Cizico, il Teatro di Myra, la Selva Rufinia a Pergamo nominate da Giorgio Cedreno (Hist. comp., p. 170 b, c). In Niceta (in Schol. Greg. Naz., or. 20, p. 625, ed. v. Rose) sono annoverati Tebe di Egitto, le mura di Babilonia, il Mausole o le Piramidi, il Colosso di Rodi, il Capitolium di Roma, il Tempio di Adriano a Cizico. La menzione del Palazzo di Ciro ad Ekbatana (!) ritorna nell'Appendice di Vibio Sequestris (Orelli, 142 ss., Bursian, Ad calc., ed. Progr. Zürich, 1867, p. 20); nell'Anonymus de incredibilibus (Orelli, 67 ss.) compaiono fra le altre l'altare di Delo, la statua di Asklepios ad Epidauro, l'Altare di Parion, l'Atena di Fidia, il Palazzo di Ciro; quest'ultimo nell'Anonimus Taur. I (Orelli, 145) è posto a Pergamo (!). Nel Codex Ambrosianus C. 222, fol. 180 c del XII-XIV sec. (Anecd. varia, ed. Scholl, Studemund, iI, 237 ss.) sono nominati il Capitolium, Pharos, ὁ περίβολος Καισαρείας, il Colosso, Bellerofonte, il Tempio di Cizico, il Teatro di Eraclea e come ottava meraviglia Santa Sofia, mentre una seconda lista del medeslino Codice ha Pharos, Bellerofonte, la Tomba di Pausolo (!), il Colosso, il Capitolium, il Tempio di Cizico, le mura di Babilonia e le Piramidi. Trenta divengono infine nell'Anonymus Gr., Codex Vatic., 989 (Xenophon) fra le quali, oltre alle canoniche, troviamo il Tempio di Venere e Roma a Roma, il Colosseo, la Naumachia di Gaio e Lucio, il Labirinto di Creta, la statua di Asklepios di Epidauro, la Hera di Argo, l'Afrodite di Cnido, il Tempio di Apollo a Mileto, l'Obelisco trasportato a Roma da Augusto, il Tempio di Zeus ad Heliopolis, il Tempio della Luna, il Tempio di Adriano a Cizico, il Tempio di Zeus a Damasco, le Σύριγγες di Tebe d'Egitto, il Teatro di Sidone, l'Anfiteatro di Eraclea, il Serapeo di Alessandria, il Tempio di Asklepios a Pergamo, la Stoà di Sardi, la κρεπίς in Sardi, i Porti di Efeso, il Tempio di Antonino Pio a Nicomedia, la statua di Zeus in Berytus, la statua di Latona a Myra.
La classificazione di queste liste è merito di H. Schott che nel 1891 ne distinse 14 in tre gruppi. La cronologia della serie canonica più antica è data dalla menzione del Colosso di Rodi, l'opera d'arte più recente, creata fra il 290 e il 280 a. C. e distrutta dal terremoto nel 227 o 226 a. C.; questa serie s'inquadra nella tendenza alla formazione di canoni settenari. Nel II sec. a. C. i Laterculi Alexandrini danno queste serie canoniche anche per i pittori, gli architetti, i meccanici. Già B. Stark nel 1864 pensò che l'autore del canone più antico delle sette meraviglie fosse Callimaco nell'opera ϑαυμάτων τῶν εἰς ἄπασαν τὴν γὴν κατὰ τόπους ὄντων συβαγωγή, mentre lo Schott propende alla elaborazione in un epigramma callimacheo. Il poeta com'è noto, aveva anche dato le misure dello Zeus di Olimpia in giambi (Iamb., vi, fr. 196 Pfeiffer). Il Lanowski osserva peraltro che l'insieme dei monumenti citati farebbe supporre per la redazione del canone un'origine più asiatica che alessandrina, perché le Piramidi, nonostante siano fra i monumenti più antichi, vengono citate negli ultimi posti, e perché Pharos, la cui costruzione è all'incirca contemporanea al Colosso di Rodi e si è protratta per un lungo periodo, entra molto tardi nella serie.
Inoltre la fonte più antica, cioè Antipatro, è di Sidone, e in favore di una redazione asiatica sarebbe la menzione di due monumenti microasiatici come l'Artemision, il Musoleo, o vicini all'Asia come il Colosso di Rodi.
Il Lanowski pensa che la sistemazione delle sette meraviglie possa essere prealessandrina e riportabile al periodo delle spedizioni di Alessandro e all'interesse che Babilonia rappresentava nei suoi piani. È stato inoltre notato che già Erod6to aveva ricordato ἔργα μεγάλα τε καὶ ϑαυμαστά, e descritto le Piramidi di Egitto e Babilonia. A fondamento dei criteri di scelta della serie canonica delle sette meraviglie accanto alla bellezza e alla grandiosità sta la τέχνη, la perfezione e l'originalità della tecnica, così le Piramidi sono un esempio delle costruzioni in pietra, le mura di Babilonia di quelle in mattoni crudi, i giardini pensili dell'artificio tecnico dove entrava anche l'acqua, lo Zeus della tecnica crisoelefantina, il Colosso di Rodi di quella bronzea, l'Artemision e il Mausoleo di quella di marmo. Nell'ambiente alessandrino si determino probabilmente l'inserzione nella serie di monumenti egiziani come Pharos, Tebe, i Colossi di Memnone. Lo Schott ha notato che al posto dei giardini di Babilonia si sostituisce Tebe, oppure già prima il Palazzo di Ciro e l'Altare di Delo, al posto dell'Artemision il Tempio di Cizico, al posto delle Piramidi Pharos, al posto dello Zeus di Fidia l'Atena Parthènos, oppure la statua di Asklepios ad Epidauro, al posto del Colosso di Rodi i Colossi di Memnone a Tebe.
Nel periodo romano si inseriscono i monumenti imperiali e nasce l'ammirazione per la statua di Bellerofonte sospesa nell'aria e per le Terme di Apollonio di Tiana. In scrittori cristiani come Gregorio Nazianzeno si evitano richiami a culti pagani chiamando l'Artemision solo ἢ ναῶν μεγέϑη e forse la statua dello Zeus κάλλη τῶν μηκέτι ὄντων mentre Gregorio di Tours inserisce addirittura l'Arca di Noè al posto dello Zeus e il Tempio di Salomone al posto dell'Artemision; infine in periodo bizantino Cedreno ricorda la silva Rufinia, e comparirà poi come ottava meraviglia Santa Sofia.
Bibl.: J. C. Orelli, Philonis Byzantini libellus de septem orbis spectaculis, Lipsia 1916; H. De Rohden, De mundi miracula quaetiones selectae, Diss., Bonn 1875; H. Omont, Les sept merveilles du monde au moyen âge, Bibliothèque de l'École des Chartes, 1882, p. 50 ss.; H. Schott, De septem orbis spectaculis quaestiones, Diss., Monaco 1891; H. Diels, Laterculi Alexandrini aus einem Papyrus ptolemaischer Zeit, in Abhandl. Akad. Berl., 1904; R. Gostkowski, Siedm cudów šwiata (Le sette meraviglie del mondo) in Kwartdalnik Klasyczny, II, 1928, pp. 391-440; F. Krischen, Weltwunder der Baukunst in Babylonien und Jonien, Tubinga 1956; G. Sarton, A History of Science, II, Hellenistics Science and Culture in the Last Three Centuries B. C., Cambridge 1959, pp. 26-29; 188-190; J. Lanowski, in Pauly-Wissowa, Suppl. X, 1965, cc. 1020-1030.