menzione
Solo in prosa e sempre nella locuzione verbale ‛ fare m. ' (talvolta al passivo o nella forma impersonale), per " accennare ", " discorrere ", " riferire ", rinviando a luoghi dell'opera propria o di altri autori, in cui ricorre alcunché. Isolato l'esempio nella Vita Nuova; tutti gli altri nel Convivio.
I termini di riferimento sono: l'epistola-serventese in lode delle sessanta donne fiorentine (Vn VI 2), i meriti acquistati con le opere virtuose (Cv I II 11), i denigratori del volgare (XI 21), la Donna gentile della Vita Nuova (II II 1), il cielo di Venere (III 12 e 17), l'anima del poeta (XII 1), le passioni umane secondo Aristotele (III VIII 10), T. Manlio Torquato (IV VI 12), gli atti di liberalità o messioni (XI 14), l'imperfezione delle ricchezze (XII 1).
In Cv III XIV 5 però che qui è fatta menzione di luce e di splendore, trattandosi di singole parole, il senso è " nominare " (v. MENZIONARE).