mentire
Due volte nel Convivio, tre nella Commedia. In Cv IV VII 5 dicendo costoro mentire massimamente, m. vuol dire " sostenere un'opinione fallace " (senza l'intenzione d'ingannare), alludendo a coloro che affermano che la vera nobiltà sia condizione di retaggio (il passo è a commento di Le dolci rime 29 ss.). Il medesimo senso in Pd XXIX 100 Un dice che la luna si ritorse... / e mente, ché la luce si nascose / da sé, per un punto di dottrina circa l'eclissi del sole nel giorno della crocifissione.
La lezione mente in questo passo (v. Petrocchi, ad l.) si sostiene anche sul confronto di un luogo di Pietro Mangiadore indicato dal Nardi: " Et non fuit eclipsis solis, ut quidam mentiti sunt ". Per altro il verbo sembra appartenere al linguaggio delle dispute scolastiche, usato tecnicamente a proposito di certe tesi da confutare (‛ falso credere ', da ‛ falsificare ', in Pd II 62 e 84). Lo stesso verbo è adoperato in latino per una questione consimile (Mn III IV 17).
Della Fede, che è la verità, è detto che mentire non puote (Cv IV XV 5; cfr. II III 10 Santa Chiesa... che non può dire menzogna). Similmente le anime beate, vicine a Dio fonte di ogni vero, non possono " non dire il vero " (Pd IV 95). In If XIX 54 Di parecchi anni mi mentì lo scritto, nelle parole del simoniaco Niccolò III m. è " riportare il falso ", " ingannare ": ‛ lo scritto ' è la prescienza dei dannati (per cui v. If X 97-108). Al senso di " ingannare " corrisponde anche Fiore CLXXIX 6 (cfr. vv. 8-9), e Detto 273; vale " dire il falso ", in incisi asseverativi, nei vv. 196 e 388, in rima equivoca.
Bibl. - Per Pd XXIX 100 cfr. B. NARDI, Nel mondo di D., Roma 1944, 375-376.