Menéndez y Pelayo, Marcelino
, Storico della letteratura (Santander 1856 - ivi 1912). Ancora giovanissimo, lasciò un unico, affrettato giudizio complessivo su D. in una lettera del 1877 scritta da Firenze all'amico e romanziere J.M. Pereda; in essa D. è considerato anzitutto non solo " el poeta cristiano " ma " el poeta escolástico y teólogo, la personificación artistica de la ciencia de la Edad Media "; in secondo luogo, il " gibelino desterrado, que dice Fóscolo "; e finalmente, " erudito al uso de su tiempo ". In quanto all'arte, diede " color y vida " all'allegoria, accolse anche con larghezza la forma narrativa " predilecta de la época " e aggiunse poi " la sátira ", acerba ma " alta siempre y generosa ". Sul rapporto poesia-scienza ritorna nella Historia de las ideas estéticas en España, mettendo a confronto, per la fusione di così diverse attitudini, D. e Goethe.
Per il resto, tranne qualche isolata impressione sulla Vita Nuova (" el primer libro subjetivo e íntimo de las literaturas modernas, el primer análisis detallado y profundo de la pasión amorosa "), si tratta di riferimenti eruditi - in connessione con altri problemi e culture, con scrittori e critici europei (Voltaire, Schelling, Chateaubriand, Ginguené, Macedo, Flamini), con autori latino-americani (Miralla, Pesado, Segura, Mitre) - o di allusioni e relazioni tra la Commedia e opere posteriori (influsso del Purgatorio sull'Ameto) e precedenti (i romanzi francesi).
Sempre in questo ambito, sono i rapporti di D. con la letteratura spagnola quelli che veramente interessano, in un arco che va dal Trecento (l'anonima Visión del ermitaño, affinità piuttosto discutibile) all'Ottocento (Núñez de Arce, il suo amico Valera, il maestro Milà y Fontanals, che chiama " dantista " per eccellenza). Senza dimenticare tuttavia qualche riferimento al secolo d'oro (Fr. Luis, Quevedo, Saavedra Fajardo), è nello studio della lirica quattrocentesca che si trovano i più fecondi risultati. Si comincia dal Cancionero de Baena, soprattutto la parte rappresentata da Imperial, per arrivare, attraverso vere e proprie monografie (Santillana, Mena) al capitolo intitolato Los poemas dantescos y alegóricos durante el reinado de los Reyes Católicos, con Padilla, Guillén de Avila e altri. E ancora esulano da questi nuclei centrali altri nomi quali J. de Andújar, F. Carrós Pardo, Pedro de Portugal, il Cariteo, persino gli scarsi traduttori dei secc. XV e XVI. In conclusione, ci troviamo di fronte, se non a una storia d'influssi organicamente svolta, a un panorama relativamente completo che arriva ai contemporanei.