MENEGHINO
. A torto l'origine di Meneghino si è voluta vedere nel Menego del Dialogo facetissimo e ridiculissimo (1528) del Ruzzante, tipo di contadino ignorante, bonario, coraggioso solo a parole, e che finisce col buscarne. Meneghin (Domenichino) non deve la sua vita a un attore, ma nasce verso la fine del Seicento per virtù d'un dotto, Carlo Maria Maggi (v.), che nelle commedie e negl'intermezzi in dialetto creava alcuni caratteri, riproducendo la società aristocratica spagnoleggiante del tempo.
Tra questi caratteri è Meneghin, al quale il Maggi dà un cognome: Peccenna (cioè che "pettina", nel significato di "strigliare" con la sua parlantina e con i suoi modi donchisciotteschi, specie nei Consili de Meneghin); ne esce il tipo: servitore, nato negli ambienti popolari della città, devoto ai padroni, accorto ma non procacciante, prudente ma non pauroso, d'una spavalderia più verbale che sostanziale; pieno di cuore, un poco egoista, ma nel fondo generoso. Lancia frizzi spesso scottanti su costumi del tempo, e ha anche tratti di dignità nazionale. Veste il costume del popolo: giubba marrone filettata di rosso, sottoveste a varî colori, calzoni corti e calze a righe, parrucca con codino, che più tardi si fascerà di rosso e sarà attorto all'insù, tricorno. Non ha maschera; pochi segni bianchi e rossi sul viso. Come tipo ha gran successo nel teatro del Collegio dei nobili. Fino all'invasione francese "pettina" l'aristocrazia devota alla Spagna o all'Austria; dopo "pettina", e ancora più vivacemente, la democrazia che è straniera. M. è milanese e si sente italiano: rimane nella letteratura popolare con Carlo Porta. Risale e si afferma sulle scene con un attore, il Piomarta, che nelle Avventure di M. P. solleva entusiasmo (1806). Il Piomarta si rifà alle origini di M. e nella commedia riproduce il popolano di Porta Cinès (Ticinese) nel suo linguaggio e nei suoi sentimenti. M. compare con eguale successo in molti lavori nei quali il suo carattere trova ulteriori sviluppi. Nel 1811 la costante infatuazione per M. induce Giuseppe Moncalvo a tentarne la riproduzione; con lui M. lascia a Beltramino il compito d'incarnare i servitori. Il suo ultimo periodo. sulla scena, è caratterizzato dalla sua vena antiaustriaca: ma, dopo il 1859, il suo compito satirico e canzonatorio è terminato e M. finisce al teatro dei burattini. Tanta è stata la fortuna del tipo, che "meneghino", è diventato pressoché sinonimo di "milanese".