MENCIO
Filosofo cinese, nato nel 372 a. C. in Tsou, nell'attuale Shan-tung, nell'antico stato di Lu. Il cognome cinese è Meng, il nome K'o. Mencio è la latinizzazione dell'appellativo Meng tzŭ, "il filosofo Meng". Il primo europeo che ne conobbe e ne studiò le opere fu Matteo Ricci. M., allevato dalla madre, studiò da giovane le dottrine confuciane; all'età di 45 anni fu per breve tempo ministro dello stato feudale di Ts'i; compì avventurosi viaggi in varî stati della Cina; fu ancora ministro varie volte nello stato di Liang e in quello di Ts'i, e in età avanzata si ritirò nella città natale, dove aprì una scuola, e dove morì a 84 anni, nel 288. Queste date però non sono esatte, perché risultato di calcoli cronologici non sicuri degli antichi storici cinesi.
M., che è soprattutto uno scrittore politico, viveva durante l'epoca di decadenza del regime feudale cinese; i principi e i signori governavano i loro popoli facendo e disfacendo alleanze, federazioni e guerre. M. sente profondamente l'unità della Cina e della sua civiltà; difende l'organizzazione sociale e la divisione del lavoro, opponendosi all'eccessivo altruismo dell'amore universale di Mo Ti, e alle teorie egoistiche di Yang Chu. Il suo insegnamento morale è aristocratico. Egli si rivolge soprattutto alla classe dei nobili; dalla loro virtù dipende il benessere della plebe. La natura umana è per M. originariamente buona. Il cielo ha posto entro di noi quattro virtù innate: jen, l'umanità o l'amore verso gli uomini; i, la giustizia, li, il sentimento religioso; che, la conoscenza del bene e del male. La pietà filiale, l'amor fraterno hanno per base le virtù innate umanità e giustizia.
Le dottrine di M. che risentono un'eco delle dottrine taoistiche di Lao tzŭ e di Chuang tzŭ, esercitarono poca influenza sui suoi contemporanei: soltanto dal 160 d. C. fu chiamato il secondo santo, cioè il primo dopo Confucio. La sua fama crebbe soprattutto dalla dinastia Sung in poi (sec. X d. C.). La prosa dei suoi dialoghi è pura, chiara ed efficace.
Innumerevoli sono i commenti e le edizioni cinesi di M.: delle versioni europee meritano d'essere ricordate quella di S. Julien, Parigi 1824; di James Legge, The Chinese Classics, II, Hong-kong, 1861; di A. Zottoli, Cursus Litt. sinicae, Shang hai 1880; di S. Couvreur, con doppia traduzione francese e latina e testo a fronte, Ho-kien fu 1895; di G. Tucci, Lanciano 1921.
Bibl.: C. Puini, Il Buddha, Confucio e Lao-tse, Firenze 1885; L. Wieger, Histoire des croyances religieuses, Hien-hien 1922; H. Maspero, La Chine antique, Parigi 1927; A. Forke, Geschichte der alten chinesischen Philosophie, Amburgo 1927, pp. 190-215.