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Mencio

Dizionario di filosofia (2009)
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Mencio Filosofo cinese (372 ca


289 ca. a.C.). Sebbene siano incerte le date di nascita e di morte, la biografia accolta dalla tradizione è quella composta da Sima Qian (forse 145 - forse 86 a.C.) nel cap. 74 del suo Shiji («Memorie di uno stori­co»). Il nome di M. deriva dalla latinizzazione (Mencius) di Mengzi («Maestro Meng»), coniata probabilmente verso la fine del 16° sec. dai gesuiti missionari in Cina, mentre in cinese il filosofo era invece chiamato Meng Ke. M. fu nativo del piccolo principato di Zou, a sud del regno di Lu, e discepolo di un seguace di Zisi, nipote di Confucio. Come quest’ultimo, professò indefessamente la propria dottrina e lungamente peregrinò invano da un regno all’altro (Liang, Qi e Lu) alla ricerca di un saggio sovrano, capace di ristabilire il modus vivendi della remota antichità. Alla fine si ritirò e, come si narra, attese, con Wan Zhang e altri, alla composizione del Mengzi (➔) («Libro del maestro Meng») in sette libri. In un’epoca di estrema confusione politico-sociale, M. tentò di persuadere alcuni sovrani allora regnanti a praticare l’unica forma possibile di buon governo, ossia quella dettata naturalmente dall’umana benevolenza (ren). Questa è la sola condizione per ottenere consenso e assicurare stabilità e unità durature, così che i sudditi possano sentire il sovrano come il proprio ‘padre’ e la propria ‘madre’. È questa, secondo M., la «via sovrana» o dei sovrani (wang dao), contrapposta all’innaturale «via tirannica» o dei tiranni (ba dao). Più in generale, tale orientamento richiama la dottrina della «natura umana» (xing), intesa da M. come condizione o stato che avvicina sì l’uomo all’animale, soprattutto per la vita istintiva, ma che al contempo lo distingue radicalmente per l’inclinazione etica di tutto il suo sentire, il suo scegliere, il suo agire. Questa «natura umana» non è determinata da alcunché né imposta dall’esterno, ma è innata nel senso che è il segno, il frutto, il dono visibile del Cielo (tian), inteso come realtà ultima e ordine assoluto, e non come una qualsivoglia entità divina o un’imponente forza naturale. Anzi, il Cielo si rivela e può essere compreso proprio nella formazione e trasformazione delle cose e quindi anche dell’uomo e della sua intima natura: in altri termini, nulla si forma o viene prodotto arbitrariamente. La natura umana è pertanto necessariamente buona, ed è la fonte da cui ognuno trae il senso della propria trasformazione e il fondamento della propria moralità, saggezza e persino divinità. Essa si manifesta nella pratica delle virtù, cioè della benevolenza (ren), della rettitudine (yi), dei riti (li) e della saggezza (zhi). In definitiva, conoscere la propria natura (zhixing) significa conoscere il Cielo (zhitian). La «mente» o «cuore» (xin), la natura e il corpo dell’uomo sono, secondo M., manifestazioni del qi («energia vitale»), quantunque distinte; come, d’altronde, qi è l’energia che crea e anima tutto ciò che esiste fra Cielo e Terra. Vi è, dunque, una stretta comunanza fra la mente dell’uomo e la natura del Cielo e questa è la vera armonia, unità fra uomo e Cielo e fra gli uomini stessi, esperita attraverso la conoscenza e l’identificazione con il Cielo. Anche il destino (ming) dell’uomo discende dal Cielo: l’uomo che conosce i propri limiti perviene alla chiara conoscenza del proprio destino. Ed è soprattutto attraverso la pratica delle virtù che l’uomo arriva a riconoscere, da una parte, le sollecitazioni del corpo e delle sue brame e, dall’altra, quanto sia difficile non indulgere a esse. Soltanto il virtuoso è uomo nobile (junzi), superiore, capace di seguire la volontà del Cielo, di conoscere il proprio destino e di vincere ogni sorta di impedimento contingente.

Vedi anche
Confùcio Confùcio. - Pensatore cinese (Zou, Shandong, 551 a. Confucio circa - Qufu 479 a. Confucio). Il suo cognome era Kong: per nomi ebbe Qiu e Zhong Ui, ma è passato alla storia col nome di Kong Fuzi ("Maestro Kong"), donde i gesuiti del sec. 16º crearono la forma latina Confutius (it. Confucio). Apparteneva ... Cina Stato dell’Asia centrale e orientale. Il nome proviene dal portoghese China, che i primi esploratori portoghesi appresero dagli Indiani o dai Malesi, e con ogni probabilità deriva da quello della dinastia cinese Qin (221-206 a.Cina) sotto il cui dominio la Cina venne unificata. I Cinesi chiamano il loro ... Zhu Xi ‹... š'i›. - Filosofo cinese (n. Weizhou, Jiangxi, 1130 - m. 1200). Raggiunse importanti cariche nella carriera amministrativa. Fu il massimo esponente della filosofia neo-confuciana, divenuta poi ideologia ufficiale e rimasta tale fino alla caduta dell'impero. Rimaneggiò secondo i criterî moralistici ... confucianésimo confucianésimo Complesso delle dottrine di Confucio e dei suoi successori, che costituiscono il fondamento del pensiero cinese classico. Il confucianesimo consiste in una riflessione morale, sociale e politica; è assente l'interesse per la metafisica, che compare più tardi, probabilmente sotto l'influenza ...
Altri risultati per Mencio
  • Mèncio
    Enciclopedia on line
    Pensatore cinese (Zou, Shandong, 372 - ivi 289 a. C.). Il suo vero nome era K'o. Vissuto durante l'epoca di decadenza del regime feudale cinese, e perciò sensibile al problema dell'unità della Cina e della sua civiltà, nel Libro di M. egli espone la dottrina confuciana, in particolare nei suoi aspetti ...
  • MENCIO
    Enciclopedia Italiana (1934)
    Giovanni Vacca Filosofo cinese, nato nel 372 a. C. in Tsou, nell'attuale Shan-tung, nell'antico stato di Lu. Il cognome cinese è Meng, il nome K'o. Mencio è la latinizzazione dell'appellativo Meng tzŭ, "il filosofo Meng". Il primo europeo che ne conobbe e ne studiò le opere fu Matteo Ricci. M., allevato ...
Vocabolario
méncio
mencio méncio agg. [etimo incerto] (pl. f. -ce), tosc. – Floscio, vizzo, cascante; si dice per lo più della carne o della pelle che abbiano perso la normale consistenza e sodezza, o anche della persona: un corpo che si sentiva che era già...
sméncio
smencio sméncio agg. [der. di mencio, col pref. s- (nel sign. 6)], (pl. f. -ce), tosc. – Mencio, floscio: rimase lì come un sacco s. piegato in due (Cicognani).
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