MENANDRO (XXII, p. 839; App. III, 11, p. 54)
La pubblicazione del Dyskolos (Pap. Bodmer IV) ha inaugurato una lunga serie di scoperte papiracee e archeologiche che hanno notevolmente arricchito la conoscenza del teatro menandreo. In ordine d'importanza vengono anzitutto la Samia (Σαμία) e l'Aspis ('Ασπίς), che precedevano e seguivano rispettivamente il Dyskolos nel codice papiraceo Bodmer (ed. pr. R. Kasser, Papyrus Bodmer XXV. Ménandre: La Samienne, avec la collab. de C. Austin, Cologny-Ginevra 1969; Papyrus Bodmer XXVI. Ménandre: Le Bouclier, avec la collab. de C. Austin, ivi 1969; in appendice, p. 48 seg., due brandelli relativi ai vv. 756-63, 773-77, 805-10 del Dyskolos). Le due commedie hanno sofferto qualche danno, data la loro posizione nel codice: la Samia soprattutto nei primi due atti (723 versi, 341 dei quali già noti dal Pap. Cair. 43227), l'Aspis nella seconda metà del III, e ancor più nel IV e V atto (538 versi, 77 dei quali ricoprono il P.S.I. 126, già pubblicato con il titolo di Comoedia Florentina: cfr. Koerte I, pp 138-42).
La Samia è incentrata sulle vicende di Demea, ricco commerciante ateniese che vive con il figlio adottivo Moschione e la concubina Criside, una donna di Samo. Durante un viaggio nel Ponto di Demea e del vicino Nicerato, Moschione ha violentato Plangone, figlia di Nicerato e ha affidato il bambmo nato dall'unione alla concubina del padre. Di ritorno ad Atene, Demea sospetta che il bambino sia frutto di un'illecita relazione del figlio con la concubina: combattuto tra due affetti, opta per il figlio e scaccia di casa la donna, suscitando il risentimento di Moschione. Una franca spiegazione riporta la serenità in casa di Demea e di Nicerato e dà l'avvio alle nozze fra i due giovani. L'Aspis prende il titolo dallo scudo di Cleostrato, un giovane ateniese che si è arruolato come mercenario in Licia. Creduto morto, egli lascia la sorella ereditiera di un ricco bottino di guerra, che eccita la cupidigia di Smicrine, uno zio vecchio e avaro. In base alla legge ateniese questi pretende di sposare la ragazza, mandando a monte il suo fidanzamento con Cherea, figliastro di un altro zio, il ricco Cherestrato. Uno stratagemma ideato da Davo, servo di Cleostrato (prototipo dei servi ingegnosi della commedia plautina: il suo piano prevede anche l'intervento di un falso medico che confonde il vecchio Smicrine parlando in dialetto dorico), sventa le mire del vecchio avaro, che viene definitivamente sconfitto anche dal ritorno di Cleostrato, che in realtà era solo prigioniero. Un doppio matrimonio, fra Cleostrato e la figlia di Cherestrato e fra Cherea e la sorella di Cleostrato, chiude la commedia.
Del Sicionio (Σικώνιος: così nella trad. indiretta; ma Σικυώνιοι, I Sicionii, è il titolo offerto dal papiro) restano dieci frammenti (423 versi) di un rotolo papiraceo del 3° secolo a. C. che formava il cartonnage di una mummia (ed. pr. A. Blanchard-A. Bataille, Fragments sur papyrus du Σικυώνιος de Ménandre, in Rech. de pap. III, Parigi 1964, pp. 103-76). La trama presenta vari punti oscuri, anche per l'incertezza nella collocazione dei frammenti: vi si tratta di una fanciulla, Filumene, rapita ancor bambina e venduta insieme con lo schiavo Dromone a un cittadino di Sicione, Stratofane, che s'innamora di lei. Alla fine, quando Filumene ritrova il padre, anche Stratofane viene riconosciuto cittadino ateniese e può così sposare la ragazza.
Frammenti più o meno consistenti hanno restituito i papiri di Ossirinco: fra questi i più importanti sono senza dubbio i Pap. 2656 (40 secolo d. C.) e 2657 (3° secolo d. C.) che, insieme con un papiro del Cairo (P.I.F.A.O. inv. 89 del 3° secolo d. C.: ed. pr. B. Boyaval, Zeitschr. f. Pap. u. Epigr. 6, 1970, pp. 1-5), hanno restituito ampi squarci, piuttosto malconci, del Misoumenos (Μισσούμενος, L'odiato: ed. pr. E. G. Turner, The Oxyrh. Pap. XXXIII, Londra 1968, pp. 15-65; 120-21) o Trasonide (Θρασωνίδης: così nel colophon del papiro 2656), che ricoprono completamente o in parte i papiri già noti (Pap. Oxy. 1013;1605; Pap. Berol. 13281;13932). L'odiato è il protagonista della commedia, il soldato Trasonide, vanamente innamorato della sua prigioniera, Cratea, la quale non solo non lo ricambia, ma, per motivi che ci sfuggono, lo detesta (molto significativo il prologo, nel quale il soldato insonne confida alla Notte le sue pene d'amore). Nel corso della vicenda Cratea ritrova il padre Demea, ma resta ostile al suo innamorato. Un matrimonio concludeva la commedia, ma non è certo che fosse proprio quello di Cratea con l'infelice Trasonide.
Di minore entità le scoperte relative al Karchedonios (Καρχηδόνιος, Il Cartaginese: Pap. Oxy. 2654 del 1° secolo d. C., ed. pr. E.G. Turner, The Oxyrh. Pap. XXXIII, pp. 1-8), 60-70 versi assai mutili, dai quali non sembra possibile dedurre che la commedia sia stata il modello del Poenulus plautino; al Kolax (Κόλαξ, L'adulatore: Pap. Oxy. 2655 del 2° secolo d. C. [ed. pr. E. G. Turner, The Oxyrh. Pap. XXXIII, pp. 9-14], che appartiene allo stesso rotolo del Pap. Oxy. 409 [Koerte I, pp. 110 sgg.] e aggiunge altri 28 versi a quelli già noti); al Phasma (Φάσμα, Il fantasma: Pap. Oxy. 2825 del 1° secolo d. C., ed. pr. E. G. Turner, The Oxyrh. Pap. XXXVIII, Londra 1971, pp. 3-15). Di estensione limitata, ma di grande interesse, è un papiro dì Ossirinco del 3°-4° secolo d.C., in parte inedito, contenente più di 100 versi del Dis exapaton (Δὶς ἐξαπατῶν, Il doppio ingannatore), modello delle Bacchides di Plauto. E. W. Handley ne ha pubblicato un saggio in appendice alla sua lezione inaugurale all'università di Londra (Menander and Plautus: A study in comparison, Londra 1968). I versi hanno un preciso riscontro nei vv. 494-562 delle Bacchides e il confronto permette di trarre interessanti conclusioni sulla tecnica di rielaborazione dei modelli greci da parte di Plauto e sullo stato della tradizione manoscritta delle commedie plautine.
Non si può concludere questa rassegna senza menzionare alcune scoperte archeologiche particolarmente preziose: due affreschi, forse del 2° secolo a. C., rinvenuti a Efeso e relativi al Sicionio e alla Perikeiromene; un mosaico di Oescus del 40 secolo d. C. rappresentante una scena degli Achaioi e numerosi pannelli in mosaico rinvenuti a Mitilene, in una casa del 4° secolo d. Cristo. Oltre a un ritratto del poeta, contengono 10 scene di commedie menandree identificabili dal titolo, dall'indicazione dell'atto e dai nomi dei personaggi: Encheiridion ('Εγχειρίδιον, Il pugnale), Epitrepontes ('Επιτρέποντες, L'arbitrato), Kybernetai (Κυβερνῆται, I piloti), Leukadia (Αευκαδία, La donna di Leucade), Messenia (Μεσσηνία, La donna di Messene), Misoumenos, Phasma, Plokion (Πλόχιον, La collana), Synaristosai (Συναριστῶσαι, Le donne a banchetto), Theophoroumene (Θεοϕορουμένη, L'invasata).
Bibl.: Edizioni: F. H. Sandbach, Menandri reliquiae selectae, Oxford 1972 (raccolta completa di tutti i frammenti papiracei, ma solo una scelta dei frammenti di tradizione indiretta). Ampio commento: A. W. Gomme-F. H. Sandbach, Menander. A Commentary, Oxford 1973. Edizioni parziali. Per la Samia e l'Aspis: C. Austin, Berlino 1969-1970 (due volumi, uno di testo e uno di commento); F. Sisti, Roma 1971 (Aspis) e 1974 (Samia); per la sola Samia: J. M. Jacques, Parigi 1971. Una traduzione italiana della samia è offerta da I. Gallo, Salerno 1973. Del Sicionio esistono due edizioni, di R. Kassel (Berlino 1965) e di C. Gallavotti (Roma 19722). Repertori bibliografici. Una bibliografia completa dal 1955 è stata curata da H. J. Mette in Lustrum, 10 (1965), pp. 5-211; 11 (1966), pp. 139-43; 13 (1968), pp. 535-68; 16 (1971), pp. 5-80. Cfr. anche R. E. Suppl. XII (1970), coll. 854-62. Arte figurativa. T. B. L. Webster, Monuments illustrating New Comedy, Bull. Inst. Class. Stud. Univ. of London, Suppl. 24, 1969. Per i mosaici di Mitilene si veda S. Charitonidis-L. Kahil-R. Ginouvès, Les mosaïques de la maison du Ménandre à Mytilène, Berna 1970.