MENANDRO (XXII, p. 839)
L'opera di M. ci è ora meglio nota, soprattutto per la scoperta di una intera sua commedia in 969 versi, il Δύσκολος (o Μισάνϑρωπος), rappresentato vittoriosamente alle Lenee, pare nel 317-6, quando M. aveva 25 anni.
Il Misantropo, pubblicato per la prima volta da V. Martin nel 1958, è stato rinvenuto in un rotolo papiraceo, scritto verisimilmente agli inizî del 3° sec. d. C., che in origine conteneva certamente anche altre commedie del medesimo poeta. La vicenda è quanto mai tenue: un vecchio misantropo, Cnemone, si è ridotto a vivere in campagna con la figliola; nella casa accanto, ma ben separati, vivono anche la moglie di lui e Gorgia, nato da un precedente matrimonio della donna, e quindi figliastro di Cnemone. Il giovane Sostrato, figlio del ricco Callippide, si è invaghito della figlia di Cnemone, ma ogni tentativo di avvicinare il padre di lei gli riesce del tutto impossibile: tuttavia riesce a farsi amico di Gorgia e spera di esserne agevolato nell'incontrare Cnemone. L'occasione si presenta quando il misantropo, volendo recuperare un secchio caduto nel pozzo, vi finisce dentro e anzi vi affogherebbe se Gorgia, aiutato da Sostrato, non lo cavasse fuori. L'aver visto la morte da vicino induce Cnemone a riesaminare la propria condotta precedente: d'ora in avanti terrà maggior conto del figliastro Gorgia e gli affiderà la cura della figliola, e nemmeno si opporrà a un matrimonio di lei con Sostrato che, anche a causa di uno stratagemma, non gli ha fatto cattiva impressione. Si concluderà anche, col benevolo assenso di Callippide, un matrimonio tra la sorella di Sostrato e Gorgia. Da ultimo tutti si recano a una festa in onore delle Ninfe: Callippide coi suoi figli, Gorgia con la madre e la sorellastra, e persino Cnemone che finisce col cedere ai lazzi e agli inviti di Geta, servo di Callippide, e del cuoco Sicone. La commedia è indubbiamente gracile, ed efficace è solo la caratterizzazione del vecchio misantropo, soprattutto nei monologhi (ma uno di questi, il più importante, è assai guasto): il giovane innamorato, i servi faccendieri e petulanti, l'ambientazione stessa della commedia, sono ingredienti di maniera.
Altri modesti frammenti papiracei di M. da segnalare nell'ultimo trentennio sono: uno del Γεωργός (riconosciuto da H. J. M. Milne, in Journal of Egyptian archaeology, XVI, 1930, p. 187 ss.), uno della Θεοϕορουμένη (pubbl. da M. Norsa, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, IV, 1935, p. 1 segg., poi di nuovo da V. Bartoletti, P. S. I., XII, 2, 1951, nr. 1280), un frammento incerto in un papiro di Amburgo (P. Hamb. 656, cosiddetto fragmentum incertum 951).
La migliore raccolta dei framm. di Menandro è oggi quella di A. Körte, Menander: reliquiae, 2 voll. (3ª ed., Lipsia 1938-43), di cui è uscita una ristampa con addenda a cura di A. Thierfelder (Lipsia 1957-59): vi è raccolto, a prescindere dal Δύσκολος, tutto quello che si è salvato di M., sia attraverso i papiri sia tramite le citazioni di altri autori antichi. L'editio princeps del Δύσκολος è quella di V. Martin, Papyrus Bodmer, IV: Ménandre, Le Dyscolos, Cologny-Ginevra 1958; ma ne esistono già numerose altre edizioni, fra cui tre italiane con traduzione: di C. Gallavotti (Napoli 1959), di B. Marzullo (Torino 1959), di C. Diano (Padova 1959); inoltre quelle di J. Bingen (Leida 1960), di H. J. Mette (Gottinga 1960), di B. A. van Groningen (Leida 1960), di W. Kraus (Vienna 1960), e la trad. italiana di R. Cantarella (Mazara del Vallo 1959).
Bibl.: Studî recenti complessivi su Menandro: T. B. L. Webster, Studies in Menander, Manchester 1950, 2ª ed. 1960; G. Méautis, Le crépuscule d'Athènese et Ménandre, Parigi 1954; Cl. Préaux, Ménandre et la société athénienne, in Chronique d'Égypte, XXXII (1957), pp. 84-100.