Vedi MENANDRO dell'anno: 1961 - 1995
MENANDRO (Μένανδρος, Menander)
Il maggiore poeta (343? - 291 a. C.) della Commedia Nuova greca, amatissimo dagli antichi. Aristofane di Bisanzio l'aveva classificato, per altezza di ingegno, immediatamente dopo Omero (I.G., xiv, 1183 Kaibel, Ep. gr. ex lap. coll., 1085). Secondo Ateneo (284 d.; 364 d.) M. era bello, e Fedro (v, 1, 12) lo ha descritto mentre avanzava unguentu delibutus, vestitu fluens, / ... gressu delicato et languido. Era strabico (Suda, s. v.). Poco dopo la sua morte gli fu innalzata ad Atene, nel teatro di Dioniso, una statua, opera dei figli di Prassitele, Kephisodotos e Timarchos (Paus., i, 21, 1): di essa ci è pervenuta soltanto la base coll'iscrizione (Marcadé, i, 59). Un'altra statua del poeta era a Costantinopoli (Christ., Ekphr., 361).
Forse un'eco della statua di Kephisodotos, o almeno derivato da un archetipo di grande eleganza è il bel dipinto pompeiano della Casa del Menandro, dove il poeta è raffigurato seduto: una mano poggia sul capo coronato, l'altra regge un volumen. Oltre a questo, altri ritratti del poeta sono contrassegnati dal nome posto accanto: così sono due imagines clipeatae (v.), una, ora perduta, nota solo da un disegno dell'Ursinus, suo possessore, l'altra a Marbury Hall; così la figura che appare con una grande lacuna sul mosaico di Monnus (v.) a Treviri; di profilo appare il volto di M. su due tessere da teatro in osso da Pergamo e dall'Egitto; accanto a due figure femminili indicate come Glicera e la Commedia appare M. sdraiato su una klìne in due mosaici di Antiochia. Sebbene quasi nullo sia il valore iconografico di tutti questi monumenti, nei quali il poeta vi è reso con tratti generici e idealizzati, pure uno di essi in special modo - il meglio conservato dei due mosaici antiocheni - assume particolare importanza giacché ci permette, per l'identità della posa di M. e la presenza di Glicera, di riconoscere come M. la figura di poeta di teatro che appare su un rilievo del Museo Lateranense, e da questo passare all'identificazione del poeta su un rilievo ora all'Art Museum dell'università di Princeton, già nella Collezione Stroganoff, nel quale manca la figura della donna-ispiratrice. In quest'ultimo rilievo M. appare leggermente più caratterizzato che nei precedenti monumenti elencati.
Nella scultura a tutto tondo, M. fu riconosciuto (Studniczka) in un ritratto a noi noto attraverso quarantatrè repliche di età romana, e che si ritiene rappresenti un poeta, sia per l'espressione ispirata, sia perché due repliche si trovano accoppiate in doppie erme con Omero e con lo Pseudo-Seneca, immagine di poeta ignoto. Per questo accostamento, e pensando che lo Pseudo-Seneca rappresenti Esiodo (v.) altri (Lippold, Crome, Herbig) ha identificato invece lo stesso ritratto, di cui la replica migliore è nel Seminario Patriarcale di Venezia, con Virgilio, postulando una "legge delle doppie erme", secondo la quale gli antichi avrebbero unito nelle doppie erme solo personaggi di uguale attività letteraria, ossia tragici con tragici, lirici con lirici e così via. Il ritratto del Seminario di Venezia sarebbe Virgilio, perché accoppiato nelle erme con Omero, poeta epico e con Esiodo, poeta georgico. Ma né la legge delle doppie erme, né l'identificazione con Esiodo dello Pseudo-Seneca sono dimostrate. Non è probativo neppure un secondo argomento, che cioè la pettinatura del tipo ritrattistico che esaminiamo, sia uguale a quella del ritratto di Cicerone e che quindi l'archetipo sia databile nell'età augustea. In realtà non si tratta di una pettinatura ordinata e caratteristica ed è possibile inoltre che l'artista accademico del Cicerone si sia ispirato al tipo ritrattistico del Seminario Patriarcale di Venezia. Una conferma all'identificazione con Virgilio si era creduto di vedere (Carpenter) riconoscendo Virgilio in uno dei togati delle lastre di Villa Medici appartenenti all'Ara Pietatis Augustae, dedicata nel 43 d. C., che per il confronto dei profili potrebbe sembrare la stessa persona del ritratto del Seminario di Venezia, ossia Virgilio. Anche questo argomento non è probante perché si può istituire un confronto altrettanto efficace fra il profilo del togato dell'Ara Pietatis e quello del poeta comico dei rilievi dei Museo Lateranense e già della Collezione Stroganoff, in cui si riconosce Menandro. Si tratta di somiglianze fisionomiche generiche dovute più che altro al fatto che il confronto s'istituisce fra opere d'arte non veristiche, ma nelle quali ebbe larga parte, se non un'assoluta idealizzazione, certo una nobilitazione dei lineamenti.
La persuasione che il ritratto rappresenti effettivamente M. si fonda sia sui rilievi citati del Laterano e già della Collezione Stroganoff, sia sulle due imagines clipeatae, citate più sopra. La concordanza fra il ritratto e l'immagine del clipeo non è del tutto esatta, tuttavia le divergenze non sono tali da indurre a rifiutare l'identificazione con M. che appaga per un'altra ragione, ossia, perché la grande diffusione del tipo ritrattistico, di cui parliamo, si spiega soltanto se si considera l'ammirazione entusiastica che ebbero gli antichi, fino al tardo-impero, per M. nella cui opera si fusero commedia e tragedia. Drammaticità è infatti anche nell'espressione psicologica del ritratto del Seminano veneziano e così intensa quale non si addirebbe a un Virgilio. Questi fu famoso e ammirato, ma in Italia e nel mondo latino, non in quello greco. Repliche del tipo ritrattistico del Seminario furono trovate invece in Grecia, ad Alessandria e in Asia Minore; anche questo fatto si allinea in favore della tesi dell'identificazione con Menandro. Ed è pure significativo che le repliche migliori sono quelle di Atene, Corfù e Rodi, mentre le italiane sono scadenti e deformate, anche le più antiche, cioè, quelle che dovrebbero essere le più vicine alla data dell'originale se il ritratto fosse di Virgilio.
Un'ulteriore conferma all'identificazione del tipo con M. piuttosto che con Virgilio è la presenza di un'erma di questo tipo nella Casa degli Amorini Dorati a Pompei, abitazione che da molti elementi - architettonici e decorativi - appartenne certamente a un attore drammatico oppure a un appassionato per il teatro.
Ma più di tutte queste considerazioni sono le osservazioni stilistiche che inducono a rifiutare l'attraente identificazione con Virgilio. Ove si trattasse di un archetipo di età augustea, infatti, esso dovrebbe rientrare nell'indirizzo accademico; ma nessun artista accademico, per quanto valente, ha mai saputo creare un'opera così ricca di movimento, di espressione e nello stesso tempo così strutturalmente solida. Si era supposto (Studniczka) che l'archetipo fosse la statua di Kephisodotos e Timarchos ma, a prescindere dal fatto che noi non sappiamo nulla dello stile dei figli di Prassitele e che, a giudicare dalle fonti, si dovrebbe pensare che abbiano seguito le orme del padre senza divenire degli artisti realisti tali da costruire l'archetipo di questo ritratto, tutto il linguaggio figurativo della testa del Seminario veneziano o dell'esemplare di Boston si colloca più nel gusto dinamico-coloristico dell'ellenismo di mezzo che in quello del realismo stringato del principio del III sec. a. C. Si potrebbe dunque pensare che, giunto al più alto grado l'entusiasmo per M., un artista greco, verso il 220 a. C., si sia ispirato al ritratto dei figli di Prassitele e ne abbia tratto una nuova redazione nel gusto dinamico del suo tempo. Da questa redazione e non dall'opera dei figli di Prassitele deriverebbe la lunga serie che conosciamo.
Bibl.: F. Studniczka, Das Bildnis Menanders, in Neue Jahrbuch f. Kl. Altertumsgeschichte u. d. Liter., XXI, 1918, p. i ss.; J. F. Crome, Das Bildnis Virgils, in Ac. Virg. Mantova, N. S., XXIV, 1935; L. Laurenzi, Una replica rodia del M., in La Critica d'Arte, IV, 1939, p. 28 ss.; R. Carpenter, in Mem. Amer. Ac. Rome, XVIII, 1941, p. 96 ss.; K. Schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter, Redner und Denker, Basilea 1943, p. 196; R. Herbig, in Röm. Mitt., LIX, 1944, p. 77 ss.; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, p. 201 ss.; M. Bieber, Das M. Relief der Sammlung Stroganoff, in Festschrift A. Rumpf, 1954, p. 14 ss.; L. Laurenzi, M., Omero, Esiodo, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, N. S., IV, 1955, p. 190 ss.; G. M. A. Richter, Cat. Gr. a Rom. Antiquities in the Dumbarton Oaks Collection, Cambridge Mass. 1956, p. 4 ss.; W. H. Gross, in Pauly-Wissowa, Suppl. VIII, A2, 1958, c. 1493 ss., s. v. Vergilporträts.