memoria
Modelli animali di memoria
I meccanismi cellulari e molecolari della memoria non possono essere studiati sul cervello umano. Per questo motivo vengono utilizzate, come sistemi modello, altre specie animali con un sistema nervoso più semplice e accessibile. L’obiettivo degli studi sui modelli animali di memoria è di comprendere le modificazioni durature e persistenti che avvengono nelle aree cerebrali e nei circuiti nervosi coinvolti in un compito di apprendimento e memoria, nel corso della transizione temporale dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Vi è un generale accordo sul fatto che l’engramma (➔) dipenda da modificazioni a lungo termine della trasmissione sinaptica a livello delle connessioni coinvolte o anche da una vera e propria crescita e riorganizzazione di queste connessioni. Il presupposto dell’utilizzazione dei modelli animali di memoria è che le basi fondamentali della plasticità neuronale siano ben conservate nei sistemi nervosi degli animali più diversi. Tra gli invertebrati, due sono i modelli che hanno fornito maggiori risultati e informazioni per i meccanismi della memoria e dell’apprendimento: il moscerino della frutta Drosophila melanogaster e il mollusco marino Aplysia californica.
Questi lavori, iniziati alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, hanno portato alla caratterizzazione di un numero crescente di mutazioni di gene singolo che interferivano con specifici compiti di apprendimento e memoria. Gli studi molecolari e comportamentali dei mutanti che non ricordano hanno dimostrato l’importanza della via di trasduzione del segnale che, attraverso il nucleotide ciclico CAMP, collega eventi di membrana alla trascrizione genica nucleare, mediata dal fattore di trascrizione CREB (CAMP Responsive Element Binding protein) nei neuroni coinvolti nei compiti di memoria. Le conclusioni raggiunte in Drosophila sono in significativo accordo con gli studi sulla memoria effettuati in Aplysia e nei mammiferi.
Tra le semplici e stereotipate risposte comportamentali di Aplysia, studiate dal premio Nobel Eric Kandel, è stato approfondito il riflesso di ritrazione delle branchie, una forma di apprendimento associativo a lungo termine, ascrivibile a un semplice circuito sinaptico ben identificato che coinvolge pochi essenziali neuroni. La sensibilizzazione a breve termine coinvolge meccanismi locali, a livello della sinapsi glutammatergica tra i neuroni sensoriali e i motoneuroni che innervano le branchie. Lo stimolo sensibilizzante nocivo attiva gli interneuroni modulatori che rilasciano serotonina, attivando nel neurone sensoriale un meccanismo di segnalazione intracellulare che coinvolge il rilascio di CAMP, l’attivazione della proteina chinasi A (PKA) e una cascata di fosforilazioni di varie proteine bersaglio e determinando, infine, un aumento della quantità di neurotrasmettitore rilasciato dal neurone sensoriale sui motoneuroni. La durata della sensibilizzazione a breve termine è determinata dalla durata delle modificazioni postraduzionali transitorie indotte dalla serotonina. La transizione della sensibilizzazione da breve a lungo termine coinvolge modificazioni dell’espressione genica a livello nucleare, indotte dalla fosforilazione del fattore di trascrizione CREB da parte della PKAserotonina dipendente. Tra i prodotti della trascrizione attivati da CREB e responsabili per il mantenimento a lungo termine della sensibilizzazione, vi sono proteine responsabili dell’attivazione costitutiva della PKA e proteine responsabili per la crescita di nuovi contatti sinaptici. Si conclude che le modificazioni a breve termine dell’efficacia sinaptica coinvolgono modificazioni postraduzionali di proteine sinaptiche preesistenti, mentre le modificazioni a lungo termine implicano attivazione dell’espressione genica, sintesi di nuove proteine e formazione di sinapsi.
Le conclusioni raggiunte dagli studi compiuti sugli invertebrati sono state estese e generalizzate ai circuiti sinaptici delle aree coinvolte in processi di memoria nel cervello dei mammiferi. Tra queste, l’ippocampo, nel quale è stato molto studiato il fenomeno dell’LTP (Long Term Potentiation, ➔ potenziamento a lungo termine): una brevissima stimolazione ad alta frequenza di una delle vie sinaptiche eccitatorie ippocampali ne aumenta la efficacia della trasmissione sinaptica per un periodo considerevole di tempo (giorni o settimane). L’LTP ippocampale coinvolge sia meccanismi presinaptici (aumentato rilascio di neurotrasmettitore) sia postsinaptici (aumentato numero di recettori postsinaptici). Pur con le debite differenze, l’LTP ippocampale nei mammiferi e la sensibilizzazione a lungo termine in Aplysia hanno molti punti in comune, soprattutto per ciò che concerne la transizione tra breve e lungo termine e il dialogo tra sinapsi ed espressione genica. In entrambi i casi, queste forme di plasticità sinaptica a lungo termine sembrano costituire il substrato per l’apprendimento o l’acquisizione di nuove memorie. Il topo è un modello sperimentale di elezione per studi sulla memoria, in quanto permette di collegare il livello molecolare e genetico con il livello funzionale e comportamentale. È possibile infatti studiare gli effetti fenotipici sull’apprendimento e sulla memoria, introducendo geni esogeni nel genoma del topo (topi transgenici), oppure inattivare l’espressione di un gene endogeno dal genoma del topo (topi knock-out). In modo più selettivo, è possibile introdurre singole mutazioni in un gene endogeno di interesse (topi knock-in), ottenere un knock-out tessuto-specifico, oppure un knock-out condizionale. Dagli studi sui modelli animali di memoria, si conclude che i meccanismi di plasticità sinaptica forniscono il substrato e il fondamento cellulare e molecolare per i processi di memorizzazione delle informazioni e delle esperienze in tutte le specie animali dotate di un sistema nervoso, indipendentemente dal dettaglio anatomico e funzionale dei vari tipi di memoria.