Vedi MEMFI dell'anno: 1961 - 1995
MEMFI (v. vol IV, p. 996)
Ancora non molto tempo fa era luogo comune affermare che la storia di M. era più facilmente rintracciabile nei magazzini dei musei e nelle sue necropoli - da Abu Roaš e Gīza a N, fino a Saqqāra e Dahšūr più a S - che non negli scarsi resti visibili. La diffusione di nuove metodologie di scavo ha dato negli ultimi anni frutti incoraggianti e contribuisce alla comprensione della topografia e della storia della città. Le rovine dalla zona centrale di M. si estendono su un quadrilatero di 3,5 km N-S x 1,5 km E-O, costituito da una serie di kiman, collinette artificiali, che inglobano il villaggio moderno di Mit Rahima. Uno dei dati più significativi che emergono dalle nuove indagini sul sito è la relazione dell'antica città con il corso del Nilo: M. era la più grande installazione portuale dell'Egitto. Uno dei principali quartieri della città era il Prw-nfr, «Buon viaggio», che ospitava i cantieri navali e gli arsenali. La tradizione riportata da Erodoto, secondo cui Menes fu costretto a costruire poderose dighe protettive per mettere la città al riparo dalle inondazioni del Nilo, sottolinea l'importanza del fiume come elemento di vita e insieme minaccia permanente per la nuova fondazione. Del resto, la lenta fine subita dalla città a opera delle acque alluvionali rafforza il significato emblematico di questo rapporto. Le osservazioni geologiche e archeologiche mostrano che dall'epoca romana a oggi il corso del fiume si è spostato a E di c.a 3 km, ed è verosimile che questo processo fosse già in atto nei tremila anni di storia precedenti. In effetti, l'evoluzione urbanistica della città sembra aver seguito il progressivo slittamento a E del fiume: i livelli più antichi della città, messi in luce dagli scavi recenti, sono situati in un'area più a o rispetto ai resti affioranti in superficie, che appartengano invece a fasi più tarde, a partire dalla XIX dinastia. I resti dell'Antico e Medio Regno sembrano concentrati nell'area NO del campo di rovine, soprattutto sul sito di Kom Fakhrī, che mostra le stratigrafie più antiche. Il nome stesso di M., Mn-nfr, deriva dall'abbreviazione del nome della città della piramide di Pepi I: intorno a questo nucleo si sviluppò la città dell'Antico Regno. Molti altri quartieri memfiti derivarono i loro nomi dalle città delle piramidi dei faraoni della VI dinastia. Di questi quartieri abitativi non vi è oggi nessuna traccia, mentre emergono dagli scavi più recenti i resti delle abitazioni del Medio Regno.
Per quanto riguarda la storia della città nel Nuovo Regno, di recente l'interesse di molti studiosi si è incentrato su quest'epoca, anche grazie alle nuove scoperte nella necropoli di Saqqāra di tombe appartenenti ad alti funzionarî della XVIII e XIX dinastia. Molti faraoni ebbero a M. residenza più o meno permanente; alcuni ritengono che già con Thutmosis III essa avesse riacquistato il ruolo di capitale. È certo comunque che, dopo la parentesi amarniana, è a M. che Tutankhamon ristabilì la capitale.
Le indagini degli ultimi anni hanno apportato nuova luce sulla situazione del nucleo centrale delle rovine, oggi chiamato Birka («stagno»), costituito da quanto resta del grande Tempio di Ptaḥ, l'antico quartiere di Hikuptaḥ, la «Casa del ka di Ptaḥ», cuore della metropoli antica. Da questo toponimo deriva probabilmente il greco Αἴγυπτος, da cui il nostro Egitto. Il tempio era racchiuso in una cinta di mura (i resti oggi visibili sono quelli della cinta tolemaica), provvista di quattro ingressi, uno per lato. All'esterno dei quattro portali si ergevano, a coppia, i colossi di Ramesse II, di cui due, ritrovati pressoché integri, sono oggi a M. e al Cairo. Molti altri frammenti di colossi sono stati rinvenuti presso le porte del tempio o all'interno della cinta. La maggior parte dei blocchi e rocchi di colonne oggi visibili in superficie è datata all'epoca di Ramesse II, ma l'indagine sul lato O del tempio ha messo in luce strutture datate al regno di Thutmosis IV. All'interno della cinta, oltre alle sepolture dei re della XXII dinastia, intrusione apparentemente estranea alla mentalità egiziana, sono stati trovati i resti di un edificio singolare, probabilmente associato al culto del toro Hapi. Molti edifici sono stati identificati all'esterno della cinta: tra questi, un tempietto per Ptaḥ di Ramesse II, una inconsueta cappella di Seti I, con tre statue rappresentanti Ptaḥ seduto e fiancheggiato da due personificazioni divine di M., un tempietto di Ḥatḥor «signora del sicomoro», collegato al tempio principale da una strada sacra. La zona a Ν dell'area centrale, odierno Kom Turnan, era occupata dal «Palazzo di Apries», una costruzione fortificata forse solo riutilizzata da Apries nella XXVI dinastia ma già esistente in tempi più antichi: in effetti è il solo luogo dell'area delle rovine che potrebbe rispondere all'immagine di quel bastione fortificato, vera e propria cittadella militare, che valse alla città il nome di «Muro Bianco».
L'evidenza archeologica mostra che la M. del periodo tardo era costituita da una serie di unità urbane distinte, ciascuna racchiusa dal proprio muro di cinta, in cui è lecito riconoscere i quartieri etnici menzionati dagli autori greci del tempo. In età tolemaica e romana la città si estese ulteriormente. A S dell'area della città, p.es., sul sito di Kom Sabbakha, sorse un nuovo quartiere, composto da edifici ufficiali e residenziali, fornito anche di complessi termali; lo stesso quartiere, in età romana, mostra grandi edifici in mattoni, disposti su una pianta a griglia, probabilmente baraccamenti militari o magazzini. Con il cristianesimo, molti degli antichi templi furono trasformati in chiese.
Bibl.: J. Malek, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hieroglyphic Texts, Reliefs and Paintings. Memphis, II, Oxford 1974-l981; A. P. Zivie, in LÄ, IV, I, 1980, cc. 24-41, s.v. Memphis; D. G. Jeffreys, The Survey of Memphis, I, Londra 1985. - Per gli scavi successivi si vedano i rapporti in JEA. - Per Memfi nel Nuovo Regno resta fondamentale A. Badawi, Memphis als zweite Landeshauptstadt im Neuen Reich, Il Cairo 1948, a cui va ora aggiunta la raccolta di studi curata da A. P. Zivie, Memphis et ses nécropoles au Nouvel Empire, Parigi 1988.