Vedi MELFI dell'anno: 1973 - 1995
MELFI
Città lucana della provincia di Potenza, posta su una collina alle falde del Monte Vulture (m 1330) che si eleva isolato in mezzo al vasto altipiano. Situato quasi sullo spartiacque dell'Ofanto (Aufidus) e del Sele (Silarus) e, nello stesso tempo, all'estremo termine della grande vallata del Bradano, il centro antico di M. si trovava naturalmente collegato alla zona pestana, a quella àpula e a quella greca del metapontino. Per la sua posizione M. è il centro naturale di una tra le più ricche zone della Lucania settentrionale e uno dei pochi centri difesi naturalmente grazie ai fianchi tagliati a picco.
L'abitato antico deve aver occupato la zona del Castello e la parte alta della piattaforma. Le necropoli, per quanto è possibile stabilire finora, sono tre: quella arcaica al margine meridionale della piattaforma, quella del V e IV sec. a. C. sulla collinetta dei Cappuccini e quella ellenistico-romana sul pendio di Valleverde.
Le tombe sulla collina dei Cappuccini e di Valleverde, sono di regola a camera, mentre quelle arcaiche (contrada Chiucchiari) a fossa.
I corredi funerarî del VI-V e anche IV sec. a. C. rappresentano la confluenza delle diverse correnti culturali del Meridione. Sul fondo tipicamente enotrio s'innestano le correnti delle Puglie, della Magna Grecia costiera e specialmente del mondo etrusco-campano.
Meglio che nella ceramica, questo fenomeno si percepisce nei bronzi. Accanto all'importazione, generalmente greca ed etrusco-campana, appare anche l'imitazione locale che va dalla fine del VI fino agli inizî del IV sec. a. C.
La ricchezza delle necropoli di M. non trova un facile confronto nel Meridione: quasi ogni tomba, a fossa o a camera, contiene circa venti oggetti in oro, argento, bronzo e, nel IV sec., in piombo (candelabri), ambre e quasi altrettanti vasi (lucani, apuli e greci, cominciando con il gruppo dei Kleinmeister).
La produzione vascolare d'imitazione inizia già con le cosiddette coppe ioniche, continuata su larga scala con le coppe attiche, il tutto quasi certamente fabbricato sul posto. Lo stesso avviene anche con la produzione dei bronzi.
A questa produzione italica possono essere assegnati un candelabro, una composizione con protome leonina e serpente, i grandi lebeti, i grandi piatti a bordo rovesciato all'infuori, gli elmi, gli schinieri, i cinturoni, le patere ed il gruppo di Schnabelkannen.
Ciò che caratterizza questa produzione è l'equidistanza che essa mantiene nei confronti di quella greca e di quella etrusco-campana, fenomeno che può essere seguito tra la seconda metà del VI ed il IV sec. a. C. Assieme ai bronzi di Lavello e di Miglionico, questi di M. rappresentano un nuovo elemento nella valutazione della produzione italica, rassomigliante a quella dell'area periferica del mondo etrusco e di quello greco.
I carri di guerra (quattro finora) possono essere considerati anch'essi di produzione locale.
Nella produzione vascolare, sul finire del IV sec. a. C., si può annoverare anche un pittore locale, il cui repertorio decorativo, sulle grandi pissidi, è caratterizzato da una serie di prestiti dal mondo àpulo e da quello lucano.
Al momento attuale si può concludere che la vita del centro è perdurata dalla prima Età del Ferro fino al tardo Medioevo (v. anche Lucania).
Nel cortile del Palazzo Vescovile si conserva un notevole sarcofago del tipo detto di Sidamara (di officina microasiatica della fine del Il sec. d. C.) proveniente da Rapolla, centro sulle falde NE del Monte Vulture (v. vol. vii, fig. 33).
Bibl.: P. C. Sestieri, in Fasti Arch., V, 2323; id., ibid., XII, 2342; D. Adamesteanu, in Matera, X, 1965, pp. 9-12; id., Candelabro di bronzo di Melfi, in Atti e Mem. Società Magna Grecia, VI-VII, 1966, pp. 199-208; W. Hermann, in Arch. Anz., 1966 (Archäologische Grabungen und Funde im Bereich der Soprintendenzen von Apulien, Lucanien, Calabrien und Salerno von 1956 bis 1965), pp. 308-318.