Meleagro
Personaggio mitologico, la cui vicenda è ampiamente trattata da Ovidio (Met. VIII 260-546).
Figlio di Oeneo, re di Caledonia, e di Altea, era destinato a vivere quanto un tizzone gettato nel fuoco dalle Parche al momento della sua nascita. Per sottrarlo al suo destino Altea spense il tizzone e lo nascose; ma più tardi, quando, sorta una contesa per l'uccisione del cinghiale caledonio, M. uccise i fratelli della madre, Plesippo e Tosseo, Altea stessa trasse fuori il tizzone e lo gettò sul fuoco; e M. si consumò e morì nel breve tempo impiegato dal tizzone a bruciare e a incenerirsi.
Il momento conclusivo della vicenda mitica è rievocato da Virgilio in Pg XXV 22 Se t'ammentassi come Meleagro / si consumò al consumar d'un stizzo, quando D. chiede a Stazio, mentre assieme salgono dal sesto al settimo girone del Purgatorio, come si spieghi il dimagrimento nelle ombre dei golosi che non hanno bisogno di cibo materiale.
Il problema, spiega Virgilio, apparirebbe a D. meno arduo e insolubile se riflettesse per analogia a un caso come quello di M., da cui si deduce che l'uomo può consumarsi per cause del tutto diverse dalla mancanza di nutrimento. La similitudine è attinta dalla mitologia che qui, come in tanti altri casi, funge per D. da anticipazione simbolica di una verità rivelata, nel caso specifico la postulata esistenza di un corpo inconsistente dopo la morte, cui tuttavia ineriscono tutte le facoltà sensitive. La concezione sarà poi diffusamente spiegata in termini dogmatici (vv. 34 ss.).