SESSA, Melchiorre
SESSA, Melchiorre (Marchionne, Marchiò). – Nacque da Giovanni Battista, probabilmente a Venezia, dopo che il padre si era stabilito nella città per esercitare l’arte tipografica, verso la fine degli anni Ottanta del XV secolo.
La probabile origine di Giovanni Battista è Sessa, nel territorio di Lugano, dato il titolo di Mediolanensis che si attribuisce in alcune sottoscrizioni. Fu attivo come stampatore e libraio almeno dall’aprile 1491 (A. Dati, Elegantiolae) fino all’8 luglio 1505 (Libro di santo Iusto paladino di Francia). La produzione consiste di una cinquantina di titoli (dati ISTC) per il XV secolo e di 56 (dati Edit16) per il XVI. Le stampe sono di buon livello tipografico e il catalogo si presenta vario. Comprende classici in lingua originale (Igino, 1502; Pomponio Mela nell’edizione di Ermolao Barbaro, 1501) e in traduzione (le Epistole di Ovidio in ottava rima, 1502), umanisti (Pio II Piccolomini, De duobus amantibus, 1497 e 1504), lessici (Vocabularius italo-tedesco, 1498 e 1500), grammatiche (Donato, Ianua, 1496?, ca. 1500; Ars minor, 1495-1496, 1499), autori volgari (M. Polo, De le meravegliose cose del mundo, 13 giugno 1496; M.M. Boiardo, Sonetti e canzone, 1501; Boccaccio, Fylostrato, 1501; A. Cornazzano, Vita della Madonna, 1502; L. Pulci, Morgante, 1503), opere liturgiche e di edificazione, di matematica (P. Borgo, Libro de abacho, 1501), astronomia (G. Sacrobosco, Sphaera mundi, 1501), mascalcia (Libro de la natura di cavalli, 1502), spesso arricchite da pregevoli illustrazioni. Marca della tipografia fu il gatto con il topo in bocca, utilizzata da altri stampatori, anche di altre città, ma che identificò la famiglia Sessa per più generazioni. All’inizio l’esecuzione era molto semplice, nel corso degli anni si arricchì di elementi decorativi e ne furono tratte numerose varianti. Giovanni Battista aggiunse le iniziali «BA. S.» oppure «I. B. S.». Giovanni Battista morì negli ultimi mesi del 1505.
Melchiorre subentrò al padre nella gestione dell’azienda; già il 7 febbraio 1506 (m.v. 1505) firmò la sua prima stampa: Conforto spirituale de’ caminanti a porto di salute del francescano Cherubino da Spoleto. All’inizio adoperò come marca il cerchio con croce doppia o tripla e le iniziali «MO. S.», poi adottò la marca paterna e nei documenti è indicato di frequente come «Marchiò da la gatta» o «a la gatta». Vianello (1970, pp. 276 s.) ipotizza che abbia usato anche l’insegna della nave. La tipografia e l’annessa libreria si trovavano nel confinio di San Zulian, vicino al campo San Lio.
Nei primi anni la produzione fu modesta. Prima del 1510 la tipografia fu danneggiata da un grave incendio che causò danni stimati intorno a 2000 ducati, quasi tutto il patrimonio investito, e questo rallentò l’attività. Fino al 1516, valendosi anche dell’opera di altri tipografi, Sessa produsse una cinquantina di edizioni con un catalogo piuttosto vario, orientato verso generi di facile commercializzazione e in parte costituito da ristampe di edizioni di Giovanni Battista. Aumentano gli autori volgari quattrocenteschi (L. Giustinian, Canzonette et strambotti, 1506; A. Cammelli, Tragedia, 1508; L. Pulci, Morgante, 1507; S. Aquilano, Opere, 1513; A. Tebaldeo, Opere, 1514; V. Calmeta, Compendio de le cose nuove, 1515), persistono le opere di astronomia (Albumasar, De magnis coniuctionibus annorum, 1515), le grammatiche (N. Perotti, Regulae grammaticales, 1508; Donato, Ianua, 1515), i classici sono in numero ridotto (Igino, 1502; Lucano, 1511; Plinio, 1513), mentre sono numerosi i cantari.
Con data 8 luglio 1516 uscì l’Aiolpho del Barbicone, stampato da Sessa ancora da solo. Dal successivo 14 agosto, con la Historia naturale di Plinio nel volgarizzamento di Cristoforo Landino, iniziò la società con il bresciano Pietro Ravani, che proseguì fino al 24 dicembre 1525, quando i due soci sottoscrissero insieme per l’ultima volta il Dictionarium Graecum di Giovanni Crastone. Ravani, che probabilmente immise nella società nuovi capitali permettendo alla stamperia Sessa di riprendersi dopo la perdita di parte dell’attrezzatura. Ravani, che negli atti figura di solito come «stampator», doveva essere il responsabile della stamperia, mentre Sessa, che è indicato come «ser», si occupò della parte editoriale. Insieme pubblicarono 75 edizioni (dati Edit16), seguendo l’indirizzo tenuto da Sessa negli anni precedenti di privilegiare generi che avevano mercato, ma di buon livello tipografico. Nel catalogo figurano per lo più autori volgari non di primo piano (Baldassarre Olimpo da Sassoferrato, diverse opere tra il 1522 e il 1524; Serafino Aquilano, 1519 e 1526), ma anche Poliziano, Cose vulgare (1516), sale la presenza dei classici latini e greci in lingua originale e in traduzione (Cicerone, Orazio, Plauto, Terenzio, Valerio Massimo, Giovenale, Sallustio, Igino, Plutarco, Luciano), quindi umanisti (Erasmo, Adagia, 1522), opere matematiche (P. Borghi, Libro de abacho, 1517; G. Sacrobosco, Algorismus, 1523), lessicografiche, grammaticali (Dati, Elegantiolae, 1525; C. Lascaris, De octo partibus orationis, 1521; N. Perotti, Regulae grammaticales, 1521), liturgiche, devozionali. I due soci impiegarono prevalentemente caratteri romani, tardi e raramente il corsivo: la prima stampa con questo carattere è il Sallustio latino in ottavo del 1523, lo stesso anno seguirono Cicerone, Sallustio (in volgare), Giovenale, poi un titolo nel 1524 e uno nel 1525. Il greco è impiegato per la prima volta nel Lascaris del 1521, nell’Erasmo del 1522 e in due opere complete del 1525: il Dictionarium Graecum e il Salterio. Il formato prevalente è l’agile ottavo, ma è presente anche l’in quarto, gli in folio sono otto. Le edizioni sono impreziosite da incisioni, per le quali Sessa e Ravani si valsero della collaborazione di vari artisti attivi sulla piazza veneziana. Evidentemente, l’intenzione era quella di rendere i libri, specie le edizioni dei classici, accattivanti per un pubblico non specialistico.
Dal 1526 Sessa e Ravani continuarono a lavorare da soli. Di Ravani sono note soltanto quattro edizioni tra il 1526 e il 1528, tra cui spicca un Orazio in folio, decorato da belle xilografie e iniziali figurate, con data 18 aprile 1527, impresso a sue spese con Guglielmo da Fontaneto come tipografo e la marca della sirena con due code divaricate tenute con le mani alle estremità. Ravani aveva sottoscritto come «Pietro da la Serena» già nelle stampe in società con Sessa dal 15 dicembre 1524 (Alberto da Castello, Rosario) al 24 aprile 1525 (Prima pars Plyniani indicis). Nel 1531 era già morto e l’azienda fu ereditata dalla moglie Luchina, che la amministrò a nome del figlio Vittore, il quale appare nelle sottoscrizioni a partire dal maggio 1531, con un’ottantina di stampe fino al 1541, ma sempre accompagnato dalle diciture «et compagni», «et socios». Dal 1543 subentrò la dicitura «Eredi di Pietro Ravani», con una ottantina di stampe fino al 1559. Luchina tese a proseguire la stessa formula di lavoro associato che il marito aveva attuato con Sessa; una Biblia in lingua materna del 1532 fu sottoscritta da Guglielmo da Fontaneto, Sessa e dagli Eredi di Pietro Ravani. Guglielmo, del resto, rimase in buoni rapporti con Sessa, se lo nominò suo esecutore nel testamento rogato il 20 giugno 1542 (Curi Nicolardi, 1984, p. 13 nota).
Riportata in buono stato la tipografia, Sessa si sforzò di differenziare le sue attività imprenditoriali per compensare i rischi di un mercato incerto come quello librario. Mantenne la residenza fiscale della famiglia a Padova, dove possedeva una casa e un piccolo podere, fino al 1530, anno in cui entrò nella decima veneziana. Fra il 1530 e il 1537 acquistò una proprietà di 30 campi nella Marca Trevigiana, nel territorio di Lancenigo, che riuscì più che a raddoppiare prima della sua morte. Dal testamento del 1563 risulta che commerciò in drapperie come socio di altri operatori del settore.
Dopo la separazione da Ravani, Sessa si orientò verso una produzione di livello culturale più basso, privilegiando opere di larga diffusione. L’uso del corsivo divenne prevalente, così come il formato in ottavo, più agile ed economico dell’in quarto. Aumentò il ricorso ad altri stampatori e Sessa si concentrò soprattutto sull’aspetto editoriale. Si servì di parecchie tipografie, tra cui quelle di Giovanni Antonio e Pietro Nicolini da Sabbio, Bartolomeo Zanetti, Giovanni Padovano, Comin da Trino, Bartolomeo detto l’Imperatore, Niccolò Bascarini, di Domenico e Girolamo Giglio, di Bernardino Bindoni e di Francesco Rampazetto. Nel catalogo le nuove edizioni sono per lo più ristampe di opere già edite, raramente prime edizioni, e sono frequenti le riproposte dei titoli di maggior successo. La produzione fino al 1565 si aggira sull’impressionante numero di 376 titoli (dati Edit16).
Le notizie emergenti a proposito di librai commissionari, agenti e procuratori che Sessa aveva o inviava in numerose città della penisola – Padova, Verona, Vicenza, Cremona, Desenzano, Milano, Genova, Firenze, Lucca, Pesaro, Ancona, Roma, Lanciano, Campobasso, Rossano Calabro, Messina, Palermo – e in Spagna a Toledo, testimoniano la notevole ramificazione raggiunta dalla sua rete commerciale. A Roma fu particolarmente stretto e duraturo il rapporto con il libraio bergamasco Giovanni Micheli, attivo tra il 1544 e poco prima del 1575. Micheli assunse il nome di Giovanni della Gatta, dall’insegna della sua bottega, palese richiamo alla casa veneziana.
Dal matrimonio con Veronica Baron ebbe sei figli: Giovanni Battista, Giovanni Bernardo, Melchiorre, Bernardino, Isabetta e Faustina. Isabetta sposò Giacomo Baron, fratello di Veronica; Faustina fu monaca nel monastero di S. Maria Nova a Treviso; Bernardino morì probabilmente in giovane età.
Sessa testò nel 1563 e morì probabilmente nella seconda metà del 1565 o al principio del 1566.
L’azienda fu amministrata dalla vedova Veronica almeno fino al 1582, con dicitura «Eredi di Marchiò Sessa». Marca degli Eredi fu la storica insegna del gatto con il topo in bocca, destinata a rimanere in vita fino alla fine dell’azienda, nel 1629. In alternativa, il Pegaso in volo appare tra il 1561 e il 1569. Oltre che insieme, i figli di Melchiorre il Vecchio lavorarono anche separatamente, e fecero parte di diverse società editoriali, fra cui quella dell’Aquila che si rinnovò per la stampa di testi giuridici (1573-1605), insieme con Melchiorre Scoto, Giovanni Varisco, Damiano Zenaro. Fino alla fine del XVI secolo la produzione sotto la ragione degli Eredi ammontava a oltre 400 titoli, altri 160 circa fino al 1629. Come editori, si servirono di molte tipografie, tra cui quelle di Giovanni Antonio Rampazetto, Girolamo Polo, Alessandro Griffio, Egidio Regazzola, Pietro Dusinelli, Domenico Nicolini da Sabbio, Enea De Alaris.
Giovanni Battista il Giovane, nato nel 1556, sposò Angela Fontana, di famiglia cittadina originaria. Firmò da solo tra il 1573 e il 1595 10 edizioni di opere liturgiche, e inoltre G. Ruscelli, Precetti della militia (1595). Nel dicembre del 1581 risulta in possesso di un cavalierato di S. Pietro a Roma, di cui esigeva per procuratore gli stipendi maturati e non versati (Sandal, 2002, p. 52). Insieme con il fratello Giovanni Bernardo, tra il 1555 e il 1575 pubblicò una quarantina di titoli: classici latini in traduzione, opere liturgiche, autori volgari (tra il 1558 e il 1568 adottarono la marca del Pegaso). Senza il fratello, Giovanni Bernardo stampò due opere liturgiche per l’Ordine domenicano in società con Barezzo Barezzi nel 1595 e nel 1596, e una terza in società anche con Damiano Zenaro nel 1597.
Melchiorre sposò Laura Fontana – forse sorella della Angela moglie di Giovanni Battista – dalla quale ebbe Bortolo. Sotto la denominazione «Appresso Giovambattista, Marchiò Sessa et fratelli» stampò una ventina di titoli tra il 1564 e il 1578, abbastanza eterogenei, e con Giovanni Battista oltre 50 titoli tra il 1592 e il 1598: in prevalenza autori volgari cinquecenteschi, inoltre opere di filosofia, diritto, medicina.
Da Giovanni Battista il Giovane nacquero Alvise e Francesco. Alvise figura da solo come editore in due stampe del 1588, in una delle quali tipografo è Giovanni Antonio Rampazetto. Insieme sono editori nel 1591 delle commedie di Terenzio curate da Marcantonio Mureto. Nereo Vianello (1970, p. 264 nota 9) segnala un Alvise Sessa, canonico a Treviso e proprietario di una casa a Venezia, a San Zulian (dov’erano l’abitazione e la bottega di Melchiorre Sessa il Vecchio e, presumibilmente, degli eredi), morto prima del 4 maggio 1616.
Fonti e Bibl.: N. Vianello, Per gli annali dei Sessa tipografi ed editori in Venezia sec. XV-XVII, in Accademie e biblioteche d’Italia, XXXVIII (1970), pp. 262-285; S. Curi Nicolardi, Una società tipografico-editoriale a Venezia nel secolo XVI. M. S. e Pietro Ravani, Firenze 1984; Short-title Catalogue of books printed in Italy... from 1465 to 1600, London 1986; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, ad ind.; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del ’500 in Italia, Firenze 1989, ad ind.; A. Nuovo, Il commercio librario nell’Italia del Rinascimento, Milano 1998, ad ind.; G. Nova, Stampatori, librai ed editori bresciani in Italia nel Cinquecento, Brescia 2000, pp. 77, 176, 207; E. Sandal, Cronache di un mestiere, in Il mestier de le stampe de i libri..., a cura di E. Sandal, Brescia 2002, pp. 49, 52; A. Nuovo - C. Coppens, I Giolito e la stampa nell’Italia del XVI secolo, Genève 2005, ad ind.; S. Svoljšak - U. Kocjan, The cat as a printer’s trademark: the case of the Sessa family, in The Papers of the Bibliographical Society of America, 2016, vol. 110, n. 1, pp. 95-116, https://www.journals. uchicago.edu/doi/abs/10.1086/685707 (15 aprile 2018); edit16. Censimento nazionale delle edizioni del XVI secolo, a cura dell’Istituto centrale per il Catalogo unico, http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/ (15 aprile 2018); Incunabula Short-Title Catalogue (ISTC), http://www.bl.uk/catalogues/istc.