PALONTROTTI, Melchiorre (Marchioro)
– Il cantore nacque presumibilmente nel settimo decennio del secolo XVI a Venafro.
Oscillante la forma del cognome: Palantrotti, Palentrotti, Pandrotti, ma anche Palori, Paloni, Pallone, Palone Trotti (quest’ultima variante, che compare in alcuni atti contabili, lascia supporre che al cognome d’origine sia poi stato aggiunto quello dei Trotti, nobili ferraresi; cfr. Annibaldi, 2011, p. 94).
Venafro era feudo del principe Michele Peretti, generale della Chiesa e pronipote di Sisto V: forse sotto il di lui patrocinio, il 1° maggio 1588 Palontrotti entrò come basso nella cappella di S. Luigi de’ Francesi in Roma. Il 18 giugno 1589 il segretario del duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, chiese al conte Alfonso Fontanelli di accertare se un «certo cantore basso della chiesa di San Luigi de Francesi» avesse qualità tali da poterlo aggregare al famoso «concerto delle dame» (Durante-Martellotti, 1979, p. 180), forse in sostituzione del nobiluomo Giulio Cesare Brancaccio, che nel luglio 1583 aveva lasciato la corte di Ferrara; dalla lettera traspare che l’ambasciatore di Francia (il cardinal François de Joyeuse) si era interessato a Palontrotti. Il nipote del conte Ercole Tassoni ricevette istruzioni per appurare «se ha buona voce, se le sue voci son dolci, se canta con discrezione, se ha disposizione, come porta le voce alte, e sino a che termine egli profonda la voce, dando da intendere questa profondità col mezzo d’un flauto, e scrivendo poi nella lettera in qual tuono o numero la profondità della voce corrisponderà al suon del flauto» (ibid., p. 181). Il reclutamento andò a buon fine: Melchiorre cessò formalmente l’impiego a S. Luigi il 30 settembre 1589.
A Ferrara restò in servizio fino a quando, in seguito alla morte di Alfonso (ottobre 1597), la corte si dissolse. Come musicista di camera dovette esibirsi anche cantando a voce sola e accompagnandosi da sé: nel novembre 1589 e nel febbraio 1591 risultano pagamenti a liutai, l’uno «per un lauto tolto per il contra basso napolitano tolto di nuovo», l’altro «per un lauto datto servitio de ms. Marchioro contrabasso di S.A. napolitano» (Durante-Martellotti, 1982).
Già il 14 luglio 1597 (Annibaldi, 2011, p. 303) Palontrotti era stato ammesso nella cappella pontificia; nel contempo (se non addirittura già dal 1595, cfr. Chater, 1987, p. 198) era al servizio del cardinal Alessandro Peretti Montalto. Era ormai il basso cantante più pregiato di tutt’Italia.
Nel giugno 1600 il granduca Ferdinando de’ Medici chiese a Clemente VIII ed ebbe in prestito Palontrotti per gli spettacoli da dare a Firenze in ottobre per lo sposalizio della nipote Maria con Enrico IV re di Francia. Il cantante ebbe parti di spicco, Plutone nell’Euridice (favola di Ottavio Rinuccini, musiche di Jacopo Peri e Giulio Caccini) e Titone nel Rapimento di Cefalo (favola di Gabriello Chiabrera, con musiche di Caccini, Stefano Venturi del Nibbio, Luca Bati e Piero Strozzi).
Del Rapimento restano due estratti inclusi da Caccini nelle Nuove musiche (Firenze 1602), testimonianze palmari di un virtuosismo canoro esuberante, nello stile delle fioriture alla napoletana; in un punto la voce scende addirittura al Si bemolle grave: il che giustifica la qualifica di «contrabasso». A detta di Michelangelo Buonarroti il Giovane, Palontrotti, «musico ottimo della cappella pontificale» e unico cantante forastiero nella compagnia, intonò il lamento di Titone «con dolcissime voci in profondi accenti» (in Solerti, 1904).
Il 7 novembre 1602 Palontrotti ottenne dal Collegio dei cantori pontifici un permesso semestrale per ritornarsene a Venafro: ma il 21 dicembre era di nuovo a Roma. Si congedò poi il 14 giugno 1603 per completare il semestre, ma già due settimane dopo il Collegio indisse un concorso, e il 19 luglio Michele Bonezzi (Bonesi) venne nominato al suo posto; il 3 agosto Palontrotti rinunziò formalmente al posto in cappella «per altre cosse che l’importanno» (Annibaldi, 2011, p. 94). Nel frattempo era infatti emerso – così attestò il cantore camerlengo Orazio Griffi – che «Melchior Paloni» era «andato a servir il viceré di Napoli» (ibid.): circostanza, questa, non accertata, ma tutt’altro che inverosimile. Il 28 maggio 1608 il Collegio dei cantori pontifici dovette esaminare la richiesta di reintegrare Palontrotti nel suo posto: papa Paolo V aveva infatti «dato commissione» al cardinal protettore, Antonio Maria Gallo, «di metterlo in capella non ostante che fosse amogliato»; ma l’istanza fu respinta, essendo egli «infermo e podagroso» (ibid., p. 115). Che avesse famiglia, risulta dagli stati d’anime della parrocchia di S. Lorenzo in Damaso; il 27 novembre 1610 un figlio morì poco dopo il battesimo (Chater, 1987, pp. 198 s.).
In questi anni, sotto l’egida del cardinal Montalto, Palontrotti svolse una carriera assai fortunata. Nel carnevale 1606 prese parte al Carro di fedeltà d’amore (invenzione di Pietro della Valle, musica di Paolo Quagliati); per la settimana santa 1608 cantò in S. Marcello, remunerato con 18 scudi; nell’ottobre dello stesso anno fu prestato ai Medici per le grandiose celebrazioni fiorentine nello sposalizio del granduca Cosimo II con Maria Maddalena d’Austria.
Pare che Palontrotti abbia trascorso il resto della carriera in Roma, esibendosi in varie chiese, tra cui di nuovo a S. Luigi de’ Francesi (1612-1614); negli ultimi anni risulta attivo all’Oratorio dei Filippini, dove avrebbe cantato regolarmente, gratis, con altri membri illustri della cappella pontificia. Il 5 febbraio 1614 cantò la parte di Giove nel «festino» epitalamico Amor pudico (invenzione di Jacopo Cicognini, musiche di Cesare Marotta, Giovanni Bernardino Nanino e d’altri musicisti del cardinal Montalto), in occasione delle seconde nozze del suo primo mecenate, Michele Peretti, con Anna Maria di Andrea Cesi. Palontrotti morì il 18 settembre dello stesso anno.
La fama di Palontrotti come cantante fuor del comune durò a lungo. Nel Discorso sopra la musica dell’età nostra (1628 circa) il marchese Vincenzo Giustiniani lo ricordò tra i virtuosi della ‘famiglia’ del cardinal Montalto. Intorno al 1640 Pietro della Valle scrisse: «Mi ricordo anche a quei tempi […] di Melchior basso, che aveva la mia grazia, e che oltre l’eccellente disposizione, aveva anche modi che dopo di lui sono restati ai bassi per regole del cantar grazioso» (Doni, 1763, p. 255; Solerti, 1903).
Non si sa se fosse un discendente del cantante venafrano il Melchiorre Palontrotti accademico Umorista, esegeta dei salmi e polemista antigiudaico, che tra il 1640 e il 1649 pubblicò in Roma svariati libelli (tra di essi una Breve risposta a Simone Luzatto, 1641).
Fonti e Bibl.: M. Buonarroti il giovane, Il rapimento di Cefalo, in Descrizione delle felicissime nozze ..., Firenze 1600, in A. Solerti, Gli albori del melodramma, Milano 1904, III, pp. 12, 17; V. Lancellotti, Lo scalco prattico, Roma 1627, p. 239, in L. Bianconi, Il Seicento, Torino 1991, p. 287; V. Giustiniani, Discorso sopra la musica de’ suoi tempi (1628), in A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, p. 110; P. della Valle, Della musica dell’età nostra che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell’età passata (1640), in G.B. Doni, [Lyra Barberina.] De’ trattati di musica … tomo secondo, Firenze 1763, p. 255, in A. Solerti, Le origini del melodramma, cit., p. 162; D. Alaleona, Studi su la storia dell’oratorio musicale in Italia, Torino 1908, p. 407; M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, V, Bologna 1930, p. 379; C.V. Palisca, The first performance of «Euridice» (1964) in Id., Studies in the history of Italian music and music theory, Oxford 1994, pp. 432-451; H.-W. Frey, Die Kapellmeister an der französischen Nationalkirche San Luigi dei Francesi in Rom im 16. Jahrhundert, II: 1577-1608, inArchiv für Musikwissenschaft, XXIII (1966), p. 47; E. Durante - A. Martellotti, Cronistoria del concerto delle dame principalissime di Margherita Gonzaga d’Este, Firenze 1979, ed. riv. 1989, pp. 34, 77-79, 180-182; A. Newcomb, The madrigal at Ferrara: 1577-1597, Princeton 1980, pp. 30, 163, 178 s.; E. Durante - A. Martellotti, Un decennio di spese musicali alla corte di Ferrara (1587-1597), Fasano 1982, pp. 28-30; B. Ravid, Contra judaeos in seventeenth-century Italy: two responses to the Discorso of Simone Luzzatto by Melchiorre Palontrotti and Giulio Morosini, in Association for Jewish Studies Review, VII (1982), p. 303; T. Carter, A Florentine wedding of 1608, in Acta musicologica, LV (1983), pp. 96, 101, 105; J. Lionnet, La cappella pontificia e il regno di Napoli durante il Seicento, in La musica a Napoli durante il Seicento, a cura di D.A. D’Alessandro - A. Ziino, Roma 1987, pp. 541-543; J. Chater, Musical patronage in Rome at the turn of the seventeenth century: the case of Cardinal Montalto, in Studi musicali, XVI (1987), pp. 187, 198, 205, 218; B.M. Antolini, Cantanti e letterati a Roma nella prima metà del Seicento, in In cantu et in sermone. For Nino Pirotta on his 80th birthday, a cura di F. Della Seta - F. Piperno, Firenze 1989, p. 354; T. Carter, Jacopo Peri, 1561-1633: his life and works, New York 1989, pp. 44, 63, 305, 324; A. Morelli, Il tempio armonico: musica nell’oratorio dei Filippini in Roma (1575-1705), in Analecta musicologica, 1991, vol. 27, pp. 22-24, 26, 157; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the principate of the Medici, Firenze 1993, pp. 139, 152 e ad ind.; J.W. Hill, Roman monody, cantata, and opera from the circles around Cardinal Montalto, Oxford 1997, I, pp. 24, 36, 47, 75 s., 108, 113, 355; T. Carter, Rediscovering «Il rapimento di Cefalo», in Journal of seventeenth-century music, IX, (2003), 1 (www.sscm-jscm.org/v9/no1/carter.html), passim; R. Wistreich, Warrior, courtier, singer: Giulio Cesare Brancaccio and the performance of identity in the late Renaissance, Aldershot 2007, pp. 164, 202, 247; C. Annibaldi, La Cappella Musicale Pontificia nel Seicento. Da Urbano VII a Urbano VIII (1590-1644), Palestrina 2011, pp. 39, 50, 87-89, 94 s., 97 s., 115, 124, 303; J. Cole, Music, spectacle and cultural brokerage in early modern Italy. Michelangelo Buonarroti il Giovane, Firenze 2011, pp. 188, 248 s., 502; The New Grove dict. of music and musicians (ed. 2001), XVIII, p. 930.