BIGLIA, Melchiorre
Nacque a Milano verso il 1510 da Giovanni Antonio e Laura Bollati. Prima del 1534 abbracciò lo stato ecclesiastico che gli fruttò vari benefici, cedutigli in parte dallo zio Giovanni Andrea.
Dopo la morte del fratello Baldassarre nel 1556 il B. si assunse la tutela dei suoi nove figli minorenni, alcuni dei quali egli si sforzò più tardi (come nunzio) di sistemare nel servizio di corte oppure di sposare convenientemente. Prima della sua chiamata a Roma, egli si trattenne per un certo tempo alla corte del cardinale di Trento, Cristoforo Madruzzo, e fu in rapporti di amicizia con Giovan Angelo de' Medici, più tardi papa Pio IV.
Nel 1562, col favore del cardinale Carlo Borromeo, fu chiamato a Roma e introdotto in Curia come notaio apostolico. Non seppe distinguersi tuttavia in alcun modo negli anni seguenti, cosicché nel luglio del 1565 la sua imminente nomina a nunzio presso la corte imperiale lasciò credere a un particolare favore di Pio IV. Il 31 agosto furono rilasciate le lettere credenziali che il B., nominato prima della partenza anche protonotario apostolico, presentò all'imperatore il 20 ottobre, tre giorni dopo il suo arrivo a Vienna. Le facoltà del nuovo nunzio vennero fortemente limitate rispetto alla prassi precedente, in conformità con i decreti del concilio di Trento sulla giurisdizione vescovile. L'istruzione (non conservata) si riferiva anzitutto alla questione del matrimonio degli ecclesiastici e ai sussidi papali concessi all'imperatore per la guerra contro il Turco.
Già all'inizio della nunziatura il B. fu descritto dai diplomatici accreditati presso la corte imperiale come uomo simpatico e di carattere opposto a quello del suo intrigante predecessore Zaccaria Delfino; tuttavia furono anche subito rilevate le sue modeste qualità diplomatiche ("più homo da bene che valente" secondo il giudizio del segretario d'ambasciata fiorentino Francesco Babbi).
Per quel che riguardava l'offerta di un aiuto militare nella guerra contro i Turchi il B. andò oltre le istruzioni ricevute e nella questione del matrimonio degli ecclesiastici (che, secondo le istruzioni, occorreva solo rinviare) oppose all'imperatore un netto rifiuto, procurandosi i rimproveri del papa. Fu tuttavia profondamente colpito dalla morte di Pio IV sopravvenuta il 9 dic. 1565 e chiese di essere richiamato, allegando difficoltà finanziarie e certe dicerie raccolte a Vienna, secondo le quali sarebbe già stato nominato il suo successore. Su raccomandazione del legato Giovanni Francesco Commendone fu però riconfermato nella sua carica dal nuovo papa Pio V il 20 apr. 1566. Al B. toccò così il difficile compito di mediare l'intransigenza del papa ascetico e rigorista con la tolleranza di Massimiliano II, sospetto a Roma per simpatie ereticali.
Sebbene l'influenza esercitata costantemente dal B. negli affari ecclesiastici dell'Impero (insediamento di vescovi, esecuzione dei decreti del concilio, riforma della cappella di corte) riuscisse spesso all'imperatore assai sgradita, egli soleva tuttavia rivolgersi al nunzio con parole di grande rispetto. Il B., a sua volta, non mancava di sottolineare con particolare insistenza le buone intenzioni dell'imperatore provocando in Curia una valutazione eccessivamente ottimistica sulle tendenze della politica ecclesiastica imperiale, della quale gli fu poi addossata la responsabilità. I suoi migliori alleati a corte furono l'imperatrice Maria, una figlia di Carlo V e l'ambasciatore spagnolo Diego Hurtado de Mendoza.
Nel maggio del 1566, in qualità di consigliere del Commendone alla dieta di Augusta, il B. sostenne con altri l'opportunità di non opporsi alla conferma della pace religiosa di Augusta del 1555 per non spingere l'imperatore dalla parte dei protestanti. Questa tesi, da lui caldeggiata anche nei suoi dispacci alla corte di Roma, irritò fortemente la Curia e provocò il biasimo del papa. Durante il viaggio di ritorno a Vienna per un incidente di navigazione sul Danubio il B. sfuggì presso Dillingen alla morte per annegamento.
La partecipazione alla sfortunata campagna militare di Massimiliano in Ungheria (settembre-ottobre 1566) ebbe per il B. conseguenze finanziarie che lo spinsero ad avanzare una nuova infruttuosa richiesta di richiamo in Italia. Nel 1567 partecipò alla dieta provinciale di Troppau nel febbraio, di Praga nel marzo, e di Presburgo nel giugno-luglio, sempre zelante nell'incitare i vescovi a visitare le loro diocesi e a sollecitare provvedimenti contro il matrimonio degli ecclesiastici. Particolare impegno mostrò nella persecuzione degli eretici. Con l'aiuto di alcuni agenti si procurava precise informazioni sulla diffusione delle dottrine ereticali promovendo instancabilmente la più inesorabile persecuzione dei loro esponenti. Nel 1569 compilò liste di eretici italiani attivi nei domini asburgici che fece pervenire ai vescovi nella eventualità di un loro ritorno in Italia.
Assai indicativa della personalità del B. è la circostanza che, dopo la lettura degli scritti eterodossi indispensabile alla sua attività antiereticale, si preoccupò di farsi assolvere, che egli credeva di individuare negli apostati influssi del diavolo e che un'epidemia scoppiata a Vienna nel 1570 lo interessò solo per la decimazione di eretici che determinò.
La fase critica della sua nunziatura cominciò nel 1568, quando egli non poté impedire la concessione della libertà di culto alla nobiltà protestante austriaca di confessione augustana, sebbene egli stesso avesse avvertito di questo pericolo la Curia e avesse tentato di dissuadere Massimiliano con tutti gli argomenti possibili. In alcuni memoriali presentati allora all'imperatore il B. profetò a Massimiliano che con un tale atto sarebbe passato all'eternità come il distruttore della religione cattolica in Germania, senza acquistare la riconoscenza dei privilegiati. I popoli tedeschi infatti sarebbero stati indifferenti nelle questioni religiose e la nobiltà austriaca, che si componeva di calvinisti e di settari, non ne avrebbe potuto beneficiare. Nei suoi dispacci al papa il B. chiese ancora una volta di essere richiamato, perché non si sentiva all'altezza del compito, come del resto gli fu rimproverato.
Mentre il B. era malato, il Commendone otteneva, in qualità di legato (ottobre 1568-gennaio 1569), la sospensione provvisoria della concessione religiosa di.Massimiliano. Dopo la sua partenza il B. ne continuò con grande zelo la visita nelle diocesi di Vienna e di Presburgo, che dovette però interrompere subito dopo per invito dell'imperatore, preoccupato dell'atteggiamento della popolazione che lasciava temere l'esplosione di violenti tumulti.
Nell'aprile del 1569 il B. venne a sapere della segreta elaborazione di un piano organizzativo a favore degli Stati austriaci di confessione augustana e protestò contro di esso ripetutamente senza riuscire però a distogliere Massimiliano dalla sua ambigua politica ecclesiastica.
Nel 1569 il B. visitò le diete provinciali di Presburgo e di Praga. Nello stesso periodo tentò una infelice mediazione del conflitto insorto per questioni temporali tra l'arciduca Ferdinando del Tirolo e il vescovo di Trento cardinale Madruzzo. Intervenne anche nelle accanite controversie tra Pio V e Massimiliano II, provocate dall'arbitraria elevazione papale di Cosimo I a granduca di Toscana (dicembre 1569). A partire dal settembre del 1570 il B. presentò all'imperatore e ai suoi consiglieri le proposte fiorentine di compromesso, senza però ottenere il minimo successo. Non sfuggì all'accusa medicea di debolezza e incapacità, rincarata dal suo vecchio nemico, il Delfino, che gli dette addirittura dello "sciocco et stupido". Poté conservare il favore di Pio V solo per lo zelo mostrato in seguito nella persecuzione ereticale. Non gli riuscì però neanche di indurre l'imperatore ad aderire alla lega cristiana proposta dal papa contro i Turchi, cosicché, nel 1570, la sua posizione risultò definitivamente compromessa. Il maggiore desiderio del B. era di ricevere finalmente l'ordinazione sacerdotale e di poter ritornare a Milano: prima di conseguire questi risultati morì di febbre petecchiale a Praga il 22 apr. 1571.
Fonti e Bibl.: L. Scarabelli,Di ottanta lettere di monsignore Biglia…, scritte al cardinale Alessandrino (1568-1569), in App. all'Arch. stor. ital., IV (1847), n. 17, pp. 59-68; Der Briefwechsel des Kaisers Maximilian II. mit Papst Pius V., a cura di W. F. Schwarz, Paderborn 1889,passim; Venetianische Depeschen vom Kaiserhofe, a cura di G. Turba, III, Wien 1895, pp. 303, 309, 361, 459-462, 496-499, 503 s., 512; V. Bibl. Die Erhebung Herzog Cosimos von Medici zum Grossherzog von Toskana und die kaiserliche Anerkennung (1569-1576), in Archiv für österreich. Geschichte, CIII (1913), pp. 72, 89-97, 102, 107; Nuntiaturberichte aus Deutschland, s. 2, IV, a cura di S. Steinherz, Wien 1914, pp. 440-452, 456-459, 462, 468 s.; V, a cura di I. P. Dengel, ibid. 1926,passim; VI, a cura di I. P. Dengel, ibid. 1939,passim, VII, a cura di I. P. Dengel-H. Kramer, ibid. 1952,passim; L. von Pastor,Storia dei papi, VIII, Roma 1929, pp. 438, 443-447, 457-458, 470 s.; P. Paschini, in Dict. dHist. et de Géogr. Ecclés., VIII, Paris 1935, coll. 1457 s.; E. Santovito, in Enc. Cattolica, II, Città del Vaticano 1949, col. 1634.