Vedi MELANTHIOS dell'anno: 1961 - 1995
MELANTHIOS (v. vol. IV, p. 982)
Le doti di austero colorista e di raffinato pittore di composizioni geometricamente misurate che si evincono dalle fonti, si compendiano nel quadro con la Caccia al cervo di Alessandro ed Efestione (v.), eseguito negli anni in cui il principe veniva educato da Aristotele (343-340), e noto da uno dei mosaici di ciottoli a Pella. La celebrità dell'archetipo emerge dal fatto che lo schema era già fruito in uno dei rilievi del sarcofago di Abdalonimo da Sidone, allo scorcio del IV sec. a.C. (v. voi. VII, fig. 8), e che una dichiarata imitazione ne viene data ad Alessandria nel mosaico con eroti cacciatori, nel II sec. a.C. La pertinenza alla scuola sicionia è dimostrata dal fatto che Lisippo (v.) utilizzò intorno al 314 le sagome dei due cacciatori e della preda per alcuni gruppi in bronzo del ciclo di Eracle ad Alizia: l'Efestione per l'eroe col Cinghiale, l'Alessandro per l'antagonista dell'Idra, e l'animale per la Cerva Cerinite.
A Pella il pavimento reca l'iscrizione γνωςις εποηςεν, che viene correntemente interpretata come la prima firma di mosaicista che ci sia conservata. Vi è tuttavia difficoltà a considerare γνώσις, che significa «conoscenza», «sapienza», come nome proprio. Ricordando che manca una relazione dei restauri eseguiti al momento della scoperta con ciottoli simili a quelli originali, e constatando che l'epigrafe è tutta spostata a destra, si può credere che la zona neutra nell'angolo superiore sinistro del quadro riempiva una lacuna, dove c'era in genitivo il nome dell'artista. In tal modo l'esecutore del mosaico avrebbe celebrato l'autore del modello, con un'espressione del tutto confacente al clima di ricerca e di dignità, proprio dei maestri di Sicione (chrestographìa: Plut., Arat., 13).
Nella decorazione della stanza è stato comunque trasferito un quadro nelle sue reali proporzioni con tutta la cornice floreale, che nell'originale poteva essere stata eseguita da Pausias (v.). Si avverte il rapporto armonico tra la parte centrale figurata e la fascia ornamentale con una fila di spirali e due cespi di acanto: il lato del quadro interno è metà del lato di quello esterno. Perfetta è la funzionalità del disegno di fronde e fiori, se la riferiamo al quadro destinato a stare in verticale sulla parete: la pianta che nasce a sinistra in basso è più densa di quella che dirama dall'alto.
Anche la figurazione principale è connaturata alla campitura quadrata nella quale è iscritta: i punti essenziali dei personaggi - occhi, articolazioni, estremità - come il tracciato dei mantelli, delle armi e degli animali, corrispondono alle linee e agli incroci di un progetto geometrico, formato dalla quadrettatura del campo, dalle diagonali e da una serie di cerchi concentrici.
Entro tale griglia la sensibilità distributiva per cui M. veniva celebrato dallo stesso Apelle (distributio) si rivela nell'equilibrio dei rapporti simultanei tra le figure, viste come sagome nel piano e come forme nello spazio. La capacità di unire il disegno alla profondità, la padronanza delle leggi della proporzione e insieme della prospettiva, fanno sì che l'intarsio dei pieni e dei vuoti sulla superficie non si perda nel decorativo, ma volga nel trapasso dei piani alla terza dimensione.
All'effetto urtante del cane scorciato da tergo e della zampa del cervo allungata in avanti, fa da sfondo la costruzione semplice e monumentale degli eroi in posizione obliqua rispetto all'asse centrale.
Il senso di massa emergente e di profondità convergente, l'impressione dello spazio come volume, nasce dalla dislocazione di forme geometriche regolari non solo sulla superficie, ma nel solido, secondo la teoria sicionia (v. vol. V, p. 919, s.v. Pamphilos Io).
Le figure disegnano sul terreno un cerchio perfettamente scorciato in ellisse, chiuso dai piedi divarîcati dei cacciatori verso il fondo, dalla zampa posteriore sinistra del cane e dallo zoccolo puntato al suolo dal cervo in primo piano. Questo cerchio non è altro che l'intersezione col piano di terra di una sfera ideale nella quale tutto il gruppo è iscritto, e dove s'intrecciano le curve regolari dei corpi degli animali e delle braccia degli uomini. Le pause da dimensionali diventano spaziali: al centro non solo della superficie del quadro, ma dello spazio profondo che vi è suggerito, sta l'intervallo tra i cacciatori e la preda. Così nel quadro che conosciamo per il fondatore della scuola, Eupompos (v.), il punto focale cadeva nel vuoto, letteralmente cerchiato dalla ghirlanda offerta all'atleta vincitore.
Ogni dettaglio della forma è determinato in limiti concisi. Azione e pericolo si risolvono in un equilibrio che sospende il gesto e ferma l'atto come di statue animose. Movimento, ritmo e plasticità vengono tradotti in completa armonia compositiva.
La teoria geometrica porta anche gli elementi meno stabili, quali la luce e il colore, alla rivelazione dei volumi dei corpi e dei loro rapporti con lo spazio: la simmetria da matematica si fa poetica. Secondo la regola sicionia tramandata da Quintiliano, il pittore ha evitato ogni sovrapposizione rispetto alla fonte di luce, identificata in alto a sinistra, facendo scivolare nel vuoto centrale il fascio luminoso lungo tutte le, figure, senza che si abbiano a determinare ombre portaté: «gli artisti quando compongono molte figure in una sola tavola le distinguono con spazi in modo che le ombre non cadano sui corpi» (Quint., Inst., VIII, 5, 26).
All'impianto compositivo grande e chiaro corrispondono l'economia e la verità di toni esaltate dalla tradizione letteraria nel tetracromismo di Melanthios. Il pittore rileva le parti eminenti, ma evita che le luci creino sbattimenti e lumi (v. vol. VII, p. 455, s.v. Splendor), come in Apelle (v.). I toni medi funzionano da scuri, e i passaggi tra le tonalità leggere hanno un effetto di assoluta autenticità.
Bibl.: J. J. Pollitt, The Ancient View of Greek Art, New Haven-Londra 1974, pp. 11, 62, 80, 95, no, 158-159, 164, 167, 255, 358, 397; P. Moreno, La pittura tra classicità ed ellenismo, in R. Bianchi Bandinelli (ed.), Storia e civiltà dei Greci, VI, Milano 1979, pp. 486-490; D. Salzmann, Untersuchungen zu den antiken Kieselmosaiken, Berlino 1982, pp. 107-108, n. 103, tavv. XXIX, CI, 2-4 (mosaico con Caccia al cervo, Pella), p. 116, n. 134, tav. LXXXVII, I (mosaico con Eroti cacciatori, da Shatby, Alessandria, Museo greco-romano); J.-M. Croisille, Pline l'Ancien, Histoire naturelle, Livre XXXV, Parigi 1985, pp. 58-59, 69, 71, 167-168, 195, 197; P. Moreno, Pittura greca, Milano 1987, pp. 133-136, figg. 31, 175; A. Rouveret, Histoire et imaginaire de la peinture ancienne, Roma 1989, pp. 35, 237, 286, 432, 437, 448, 473, 494; P. Moreno, L'immagine di Alessandro Magno nell'opera di Lisippo e di altri artisti contemporanei, in Alexander the Great. Reality and Myth, Rome 1992 (AnalRom, Suppl. XX), Roma 1993, pp. 101-136, figg. 1-2.