MELAFIRO
. Il Brongniart (1813) dava il nome di melafiro a una roccia che definiva come formata da una pasta nera di anfibolo pietroselcioso inviluppante cristalli di feldspato. L. v. Buch applicò poi lo stesso nome a talune porfiriti augitiche della Val di Fassa (Trentino) e poi ad altre della Germania. Ma in seguito altre rocce vi si riferirono e divenne un nome d'incerto significato petrografico, comprendente rocce anfibolico-labradoritiche, augito-labradoritiche e augito-oligoclasiche con o senza olivina. Il Rosenbusch considerò i melafiri come equivalenti paleovulcanici dei diabasi a olivina, formati essenzialmente da feldspato calcio-sodico, augite e olivina, con una massa fondamentale, più o meno abbondante; altri li descrissero come un aggregato di oligoclasio, augite e magnetite; altri come una varietà di diabasi compatti. Finalmente il Lossen adoperò il nome di melafiro non come indicazione petrografica, ma geologica, per i diabasi, porfiriti augitiche e rocce basaltiche di età carbonica e permica (mesodiabasi, mesododoleriti, ecc.) a distinguerli dai diabasi più antichi e dai basalti recenti. Il Fouqué e il Michel-Lévy chiamarono melafiri i basalti preterziarî.
Oggi si può dire che alla famiglia comprendente i rappresentanti effusivi dei mȧgmi gabbrici si ascrivono diabasi, melafiri, basalti, che si distinguono fra loro, più che per composizione o struttura diversa, per la loro differente età geologica e si considerano i diabasi, ordinariamente, come le forme più antiche del Paleozoico profondo, i melafiri di età permo-carbonica o triassica, mentre basalti sono i magmi terziarî o attuali. Però, specie a distinguere i diabasi dagli altri due, concorrono anche criterî di natura petrografica, che si fanno da qualcuno prevalere su quelli geologici, e così s'indicano come tali tutte le rocce effusive di età qualsiasi, plagioclasico-augitiche, con la caratteristica struttura ofitica. In Toscana, ad es., sebbene terziarie, sono chiamate diabasi quelle rocce che insieme alle serpentine e alle eufotidi prendono parte alla formazione della cosiddetta catena ofiolitica.
Sono tutte rocce molto basiche, con scarso contenuto di SiO2 ed elevate proporzioni degli ossidi di calcio, di ferro e ordinariamente anche di magnesio; gli alcali sempre subordinati ai metalli alcalino-terrosi, con prevalenza della soda sulla potassa.
I melafiri possono considerarsi caratteristici per la loro struttura porfirica, con fenocristalli di labradorite, augite, olivina da sole o fra loro associate. L'olivina, però, è raramente visibile a occhio nudo e non forma mai dei noduli come nei basalti: consolidatasi prima del feldspato, si mostra spiccatamente idiomorfa, quando la massa fondamentale è in parte vetrosa, altrimenti assume l'aspetto di granuli screpolati. I cristalli di augite sono talora uralitizzati, o cloritizzati, quelli di olivina serpentinizzati. Sono rocce finemente granulari. o afanitiche, di colore grigio, nero o grigio verdastro, se fresche, brune o giallastre, se alterate. La massa fondamentale è costituita da plagioclasio listiforme e prismetti di augite, rincalzati spesso da una base vetrosa piena di globoliti opache o translucide.
Furono distinte diverse varietà di melafiri e quindi indicati con vari nomi: augitici, micacei, afanitici, porfirici, variolitici, amigdalari, ecc. Questi ultimi hanno generalmente le loro cavità ripiene di zeoliti, calcite, calcedonio. Con il nome di retiniti melafiriche, Melaphyrpechstein, ecc. furono descritte anche delle varietà interamente vetrose. In Italia l'esempio più conosciuto di melafiro è fornito dalla porfirite augitica di V. al di Fassa, e possono ricordarsi i melafiri, generalmente assai alterati, di varie località del Vicentino. I melafiri si usano per l'inghiaiatura stradale e per la costruzione di monumenti funerarî.