MEGARA (gr. τὰ Μέγαρα; lat. Megăra; A. T., 82-83)
Città della Grecia, capoluogo del demo omonimo, situata a circa 42 km. a O. di Atene; il centro, che presenta un aspetto orientale con case bianche a terrazze e vie strette e tortuose, sorge, al posto dell'antica città, sui fianchi meridionali di due alture. La popolazione nel 1928 contava 11.844 ab., famosi per la loro bellezza e per il costume che ancora in parte conservano.
Monumenti. - La città antica aveva due acropoli situate sulle due alture ove ora sorge la cittadina moderna. La collina orientale meno estesa oltre che meno elevata corrisponde all'antica Karia; i suoi monumenti erano un tempio di Dioniso Nyktelios, un santuario di Afrodite Epistrofia, il manteion della Notte, il tempio ipetrale di Zeus Konios, il megaron di Demetra. L'occidentale più lunga e più alta si denominava anche acropoli di Alcatoo. Su essa erano tre santuarî di Atena e il tempio di Apollo Pizio. Ambedue le acropoli erano circondate da mura, che poi si stringevano verso sud, dalla quale parte si estendeva l'antica città. Nella sella tra le due acropoli era la fontana di Teagene, il monumento più cospicuo della città, e l'agorà ricca di monumenti e memorie dei quali nomineremo qui solo i più importanti, il buleuterio, il pritaneo, l'aisymneion, l'archivio, il Dionysion e il tempio di Afrodite. A sud-est a un miglio e mezzo dalla città, sul luogo delle odierne alture di Paleocastro e di Hágios Nikólaos erano rispettivamente Nisea e Minoa, l'antico porto di Megara sul Golfo Saronico.
Storia. - Megara fu nell'antichità capoluogo del territorio (Megaride) che si estende fra l'istmo di Corinto, l'Attica e la Beozia.
I confini della Megaride sono verso l'Attica la collina di Kérata (= corna, così detta perché a due cime), partendo dalla quale la linea di confine corre lungo la cresta montuosa e poco accessibile del Tríkeri, del Patéras e del Karydi; raggiunge poi il Citerone che separa la Megaride dalla Beozia. Il Golfo di Corinto, con le due baie di Aigosthénai (odierno Porto Germano) e di Pagaí, limita poi la Megaride a nord. Verso ovest, cioè verso Corinto, il confine doveva correre a metà strada tra Enoe (od. Skoínon) e le due località di Geráneia (o Geranía) e Aris; quindi lungo la cresta della Gerania, fino a raggiungere il Golfo Saronico, che, con la baia di Salamina, forma il limite meridionale della Megaride. Primieramente le apparteneva anche il tavolato a sud-ovest dei monti della Geranía e la Perachōra nella quale finisce a ovest la Geranía. Questo territorio le fu tolto da Corinto alla metà del sec. VI. Il territorio rimasto a Megara nell'età classica era di 475 kmq. circa.
Verso la fine del periodo miceneo (1100 o 1000 a. C.), la Megaride fu invasa da genti del Peloponneso, corinzie o argive. Sembra che allora sorgesse la città di Megara (che secondo il nome suonerebbe "rocca dei signori"), dalla quale ebbe poi nome tutta la regione che fu da essa unificata. Abolito assai per tempo il regno, Megara fu retta da un'aristocrazia di ricchi proprietarî, in seno ai quali si eleggeva il magistrato eponimo che fu il βασιλεύς. Ben presto la sua posizione particolarmente felice, sulle vie più importanti del commercio tanto marittimo quanto terrestre, la resero uno dei più prosperi e ricchi stati della Grecia, prosperità che raggiunse l'apogeo nei secoli VIII e VII a. C.; e fu appunto in quest'epoca che entrò in gara con le maggiori potenze colonizzatrici.
La colonizzazione megarese si svolse in due campi, la Sicilia e la Propontide. In Sicilia, tra Siracusa e Leontini, fu fondata sino dal sec. VIII Megara Iblea, che poi, a sua volta, fondò Selinunte sulla costa del Mar Libico. Nella Propontide fondò Calcedone (680 circa a. C.) che fondò poi Astaco e Bisanzio, da cui fu poi fondata Selimbria.
La stessa madrepatria sembra essersi ingrandita a spese di Atene, alla quale in un'epoca imprecisabile (certo prima di Solone) tolse l'importante isola di Salamina.
Mentre però all'esterno e nei traffici Megara aveva un tale brillante sviluppo, all'interno era turbata da aspre lotte civili. Alla stessa guisa delle sue vicine Corinto e Atene, una plebe rurale o forse industriale, sviluppatasi in seguito al benessere creato dai traffici e dal progresso dell'agricoltura, aspirava ormai a una posizione politica superiore alle infime condizioni in cui la nobiltà da secoli l'aveva relegata. Dalla lotta la classe dirigente dovette uscire assai indebolita; a ciò si aggiunsero gravi insuccessi all'esterno, come la perdita di Salamina, che gli Ateniesi riuscirono a ritogliere loro per virtù di Pisistrato, verso il 560, occupando persino il porto di Nisea. Fu allora facile a Teagene di proclamarsi (verso il 560) tiranno di Megara. Anche per Megara la nuova monarchia rappresentò un'epoca di splendore e di potenza mai più raggiunta. Anzitutto Teagene rialzò di colpo le sorti della potenza megarese ritogliendo agli Ateniesi Nisea e Salamina. Il tentativo di avvincere Atene alla propria politica col sostenere l'impresa di Cilone suo genero, andò però fallito (552 a. C.). All'insuccesso il tiranno cercò un compenso nella ripresa della colonizzazione, interrotta da un secolo; nel Ponto Eusino fu fondata Eraclea, che aprì al commercio megarese quel mare. Ma nonostante tali successi e lo splendore della tirannide all'interno, Teagene fu, dopo non molto tempo, rovesciato. Ma la sua caduta non ebbe che conseguenze funeste per Megara: mentre infatti essa ripiombava nell'anarchia e nelle lotte civili, Atene, dove nel frattempo Pisistrato si era stabilmente impadronito del potere, poteva riprendere Salamina. Verso la fine del secolo un verdetto di Sparta poneva fine alla contesa tra le due città assegnando Nisea a Megara e Salamina ad Atene.
Uscita così indebolita e diminuita di territorio dalla lotta con Atene e anche con Corinto, che le aveva nel frattempo tolto la Perachōra, Megara dovette rassegnarsi d'allora in poi a una parte di potenza secondaria. Non così per ciò che riguarda la sua importanza commerciale ed economica, che, almeno fino a tutto il sec. IV, fu sempre notevole. La stabilità degli ordinamenti raggiunta da Megara in quest'epoca fu non ultima causa di tale benessere. All'anarchia sopraggiunta dopo la cacciata di Teagene, sembra essere succeduta una democrazia, che, dopo breve tempo, degenerò in forme d'estrema violenza a danno delle classi censitarie. L'intervento di Sparta deve avere posto fine a questo stato di cose; Megara entrò allora nella συμμαχία spartana e si diede una costituzione oligarchica che le poté garantire per lungo tempo la pace interna.
Alla guerra persiana Megara partecipò con 20 navi e 4000 opliti. I suoi contingenti si batterono in tutte le battaglie di essa. La vittoria di Salamina la salvò dall'invasione. Passato il grande pericolo e ricominciate le antiche divergenze con Corinto, non vedendosi favorita da Sparta, si gettò nelle braccia di Atene, che occupò militarmente Megara e vari punti strategici del suo territorio. Ma con la pace del 446 Atene vi dovette rinunziare completamente, e Megara rientrava nella Lega peloponnesiaca. Tra Ateniesi e Megaresi rimase da allora un odio profondo, che si manifestò nell'aiuto dato da Megara ai Corinzî, quando questi vennero in conflitto con Atene per Corcira (432 a. C.), e nel fmmoso "decreto" contro Megara fatto votare da Pericle nel 432, escludente i sudditi megaresi dall'impero ateniese e che fu una delle principali occasioni della guerra del Peloponneso. In questo terribile conflitto fu uno dei paesi più duramente colpiti, ed è prova della sua vitalità l'avere in breve tempo rimediato ai gravi colpi ricevuti. Nei primi anni molte volte gli Ateniesi invasero il suo territorio devastandolo, mentre il commercio di Nisea era paralizzato per la facilità con la quale gli Ateniesi da Salamina dominavano quel forte. Ma il peggio si fu allorché, nel 427, Nicia s'impadronì di Minoa e vi si mantenne, tagliando così completamente Megara dal commercio del Golfo Saronico. Allora nella città scoppiò una rivolta che abbatté il regime e istituì una democrazia. Il nuovo governo non tardò ad accordarsi con Atene (424); ma, dato che i progressi degli Ateniesi in Megaride furono arrestati dal comparire di Brasida, la democrazia fu presto abbattuta e Megara si riavvicinò a Sparta. Ancora per molti anni restava però priva del suo porto sull'Egeo, giacché la pace di Nicia lo lasciava in preda agli Ateniesi, e solo nel 411 poté ricuperarlo. La disfatta di Atene non le portò alcun beneficio: l'alleanza spartana parve infatti sempre più degenerare in soggezione, e anche Megara dovette, come tante altre città, accogliere un presidio con un armosta. In occasione quindi della guerra di Corinto (394 a. C.) anche Megara, rovesciata l'oligarchia, aderì alla coalizione formatasi ai danni di Sparta. Con la caduta dell'egemonia spartana vide riaprirsi un'epoca di notevole splendore e riguadagnò anche una certa importanza politica.
Ma la nuova fortuna di Megara doveva tramontare in seguito alle guerre tra i diadochi. La lotta sostenuta da Filippo per l'egemonia poco l'aveva toccata, sebbene Megara avesse da principio cooperato con Atene contro la Macedonia. Dopo Cheronea era passata dalla parte del vincitore e negli anni successivi ottimi rapporti devono essere corsi tra Megara e la Macedonia. Invece nel 307, facendo parte dei possedimenti di Cassandro, che signoreggiava la Macedonia e la Grecia, fu uno dei primi punti, data la sua importanza strategica, presi di mira da Demetrio Poliorcete, che l'espugnò e l'abbandonò a un tremendo saccheggio. Le fu poco dopo restituita l'autonomia, ma il colpo era stato troppo grave e le sue forze, come quelle ormai di tutto il mondo greco, troppo esaurite perché si potesse rialzare. Dalla sovranità di Demetrio Poliorcete passò successivamente a quella di Antigono Gonata e quindi, nel 243 a. C., alla Lega achea.
Megara fu così da allora in poi limitata alla sola pianura megarica col solo porto di Nisea-Minoa. Nel 224, di fronte ai progressi degli Spartani, fu costretta a staccarsi dagli Achei e a passare alla Lega beotica, alleata di Antigono Dosone. Negli anni seguenti fino all'epoca della conquista romana fu sempre teatro e base di operazione degli eserciti delle varie potenze, e continuò a passare da una alleanza all'altra, finché tornò all'achea. Quando nel 146 gli Achei, insorti contro i Romani, concentrarono le loro difese in Corinto, Megara si arrese spontaneamente a Metello. Poche le notizie di Megara negli ultimi tempi della repubblica romana. Silla se ne servì come base per l'assedio d'Atene. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo, parteggiò per quest'ultimo, e resistette vigorosamente al legato di Cesare, Q. Fufio Caleno, per cui dovette subire un trattamento particolarmente duro da parte del vincitore. Queste vicende produssero la rovina completa di Megara che, già fortemente decaduta in età ellenistica, dovette andare sempre più declinando nell'ultimo secolo della repubblica. Colonia romana (secondo Plinio) nell'età imperiale, se non ricuperò l'antico splendore, deve almeno avere goduto di quella stabilità che caratterizzava la vita delle provincie romane sotto l'impero. Anche Megara sembra sia stata particolarmente favorita da Adriano. Le invasioni barbariche del sec. III d. C. dovettero segnare per Megara, come per il resto della Grecia, la fine di quest'era non infelice, e la catastrofe più grave fu il saccheggio a cui la sottoposero i Visigoti nel 395.
Al tempo di Costantino la città era già tutta cristiana e dal secolo VI era anche sede episcopale. Dopo la fondazione dell'impero latino (1204) essa passò a Bonifacio di Monferrato, il quale la cedette al signore di Tebe, Ottone de la Rue. Nel 1210 il papa Innocenzo III la eresse a vescovato latino suffraganeo dell'arcivescovato di Atene. Da questo tempo essa subisce le alterne vicende della dominazione bizantina, turca e latina nell'arcipelago. Nel 1365, trentacinque galere turche ricoverate nel porto furono distrutte dalla flotta veneziana unita a quella dei Cavalieri di Rodi. Circa 10 anni dopo occupò la città Neri Acciaioli; più tardi se ne impadronirono i Veneziani, che nel 1394 la resero a Neri. Nel 1395 Carlo Tocco, aiutato dai Turchi, la espugnò. Nel 1500 i Veneziani, muovendo da Nauplia, s'impadronirono della città, ma la resero ai Turchi nella pace del 1503. Ridotta allo stato di povero villaggio, Megara ritorna alla luce della storia durante la guerra d'indipendenza. Megara divenne centro del movimento d'opposizione a G. Capodistrias, capitanato da G. Coletti, che nel 1832, alla testa di 2500 Rumelioti, marciò contro Nauplia, iniziando quel periodo, detto della poliarchia contro l'assolutismo.
Bibl.: E. L. Highbarger, The history and civilisation of ancient Megara, Baltimora 1927; E. Meyer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XV, coll. 152 segg. Sull'economia cfr. J. Hasebroek, Staat und Handel im alten Griechenbanel. Untersuchungen zur antiken Wirtschaftsgeschichte, Tubinga 1928; id., Griechische Wirtschafts- und Gesellschaftsgesch. bis zur Perserzeit, ivi 1931; A. A. Trever, The intimate relation between economic and political conditions in history as illustrated in ancient Megara, in Classical Philology, XX (1925), p. 115 segg. Sulla topografia, v. principalmente H. G. Lolling, Συμβολαὶ εἰς τὴν τοπογραϕίαν τῆς Μεηαρίδος, in 'Εϕημερὶς 'Αρχαιολογική, III (1887), p. 201 segg.; D. Philios, 'Ανασκαϕαὶ ἐν Μεγάροις, in Πρακτικά, 1889, p. 25; id., e Lolling, 'Ανασκαϕαὶ παρὰ τὰ Μέγαρα, in 'Εϕημ. 'Αρχαιολ., 1890, p. 21 segg.; sulle località della costa occidentale, J. A. Lebègue, De oppidis et portibus Megaridis ac Boetoiae, Parigi 1875. In genere il materiale cartografico riguardante M. e la Megaride è insufficiente. Le iscrizioni, in Inscript. Graecae, VII; per le monete, v. B. V. Head, Historia numorum, 2ª ed., Oxford 1911, p. 392 segg. Ulteriore bibl., in Meyer art. cit.