Vedi MEGARA HYBLAEA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
MEGARA HYBLAEA (v. vol. IV, p. 967 e s 1970, p. 465)
Negli anni più recenti le ricerche sono state concentrate nella zona dell'abitato, ma lo sviluppo della zona industriale, a S e a Ν della città, ha reso necessari interventi di scavo nelle necropoli (importante risulta la scoperta di corredi dell'inizio del VII sec. a.C. nella necropoli meridionale). Il quadro storico, con le grandi fasi di vita della città, ê rimasto immutato; non è stata indagata la zona del villaggio preistorico.
Sono invece venuti alla luce molti elementi nuovi circa l'organizzazione della città arcaica: è ormai definitivamente dimostrato che, al momento dell'arrivo dei Greci, il sito era deserto e le popolazioni sicule vivevano sulle colline vicine, anche se, come si può dedurre dal testo di Tucidide (VI, 4), fu il re Hyblon a concedere ai Megaresi il territorio su cui avrebbero fondato la nuova città. Sembra che, dal momento stesso dell'insediamento, lo spazio della futura zona abitata sia stato definito e che si sia proceduto a una vera e propria lottizzazione. Nella zona maggiormente scavata, quella del pianoro Ν - il sito occupava due pianori dominanti il mare, separati da una depressione - è stata riconosciuta l'esistenza di due quartieri, con in mezzo l’agorà. Dal mare fino all'agorà (settore E), il tessuto urbano era ritmato da lunghe strade N-S, larghe m 3, che determinavano isolati, larghi più o meno m 25; a O della piazza vi era un'identica successione di isolati di m 25, con le stesse strade di m 3, ma l'orientamento di queste, pur essendo anch'esso N-S, formava con le precedenti un angolo di 21 ancora più a O, sono stati riconosciuti altri due orientamenti, e un altro, infine, sul pianoro meridionale. Sembra dunque che la nuova città comportasse cinque «quartieri»; se così fosse, non si potrebbe non pensare alle cinque kòmai (villaggi) che formavano la M. greca al momento della partenza dei coloni. Sul pianoro N, sono state inoltre identificate due grandi strade E-O, larghe m 5, che non sono ortogonali alle strade N-S.
Sempre dal momento del primo impianto, sono stati distinti gli spazî privati (lotti) e le aree pubbliche (agorà, aree sacre, strade, nonché le zone limitrofe lungo le strade e fra i lotti). La divisione dello spazio abitativo è stata fatta dunque in funzione della ripartizione dei lotti, ripartizione che è stata probabilmente realizzata di pari passo con quella dei lotti in campagna; in altri termini, non si è trattato, in partenza, di un vero e proprio fenomeno urbanistico, ma della semplice suddivisione del territorio.
Ogni isolato era diviso nella sua lunghezza da uno «spazio di nessuno» sul quale venne poi costruito un muro mediano (largh. m 0,45). La larghezza di un lotto era dunque di m 12. Le case della prima generazione dei coloni, allineate tutte sugli assi di ripartizione degli spazi, si presentavano sotto la forma di un solo vano più o meno quadrato, la cui superficie abitativa era di c.a 15/20 m2. I muri erano di pietra: fondazioni in ortostati (lastre staccate dal piano roccioso), alzato in muratura di pietre a secco. Nel corso del VII sec., viene ad aggiungersi un altro vano, poi ancora un altro, per arrivare così allo schema definitivo della casa arcaica costituita da tre piccoli ambienti allineati, senza comunicazione interna, con i loro battuti di terra e l'apertura, a S, sul cortile.
Nella seconda metà del VII sec., dunque tre generazioni dopo il momento della fondazione, sorgono i monumenti nelle aree sacre lasciate libere; l’agorà, la cui forma trapezoidale era dovuta alla divergenza dei due orientamenti sopra indicati, viene delimitata da monumenti sacri o civili: a N, portico allungato (m 41, 45 x 90), con il lato meridionale aperto sull'agorà e il lato Ν che presentava un varco (tre colonne di legno) attraverso il quale si poteva passare dal settore situato a Ν all'agorà; un altro portico, la cui fondazione è solo parzialmente conservata, fiancheggiava la piazza a E. A S sorgevano due templi, di cui quello più a E, anch'esso mal conservato, era un tempietto in antis senza colonnato (m 14 x 6 c.a), mentre l'altro, più grande (m 20,30 x n. 65), era caratterizzato da proporzioni allungate e dall'esistenza di un colonnato centrale; ambedue erano ubicati proprio allo sbocco di due strade sulla piazza e ne delimitavano così in modo evidente lo spazio.
Mentre questi edifici che fiancheggiavano l'agorà sui lati N, E e S non sembrano aver subito modifiche o trasformazioni durante tutta l'epoca arcaica, il lato O presenta costruzioni di diverse epoche: all'angolo NO dell'agorà, in una posizione privilegiata, sorgeva un tempio a doppia cella, con i due ambienti aperti per tutta la loro larghezza sull'agorà, che è stato interpretato come un heròon, anche se l’oikistès era morto a Thapsos, prima della fondazione della città. Come tutti gli edifici precedenti, l’heròon risale alla seconda metà del VI sec. a.C. Gli altri monumenti del lato O sono invece più recenti: un tempio, molto mal conservato (m 15 x 6 c.a), costruito in posizione un po' arretrata, risale alla fine del VII sec. a.C., mentre un pritaneo, l'edificio meglio conservato di tutta la zona (tre vani a N, un portico e un cortile a S) non può risalire oltre la seconda metà del VI sec. a.C.
Una ventina di metri più a S, all'incirca nello stesso periodo di costruzione del pritaneo, fu eretto un edificio composto da due ali che formavano un angolo retto, edificio mal conservato di cui non ê stato possibile precisare la funzione.
Fuori dello spazio vero e proprio della piazza, un poco più a S, esattamente a una ventina di metri dal tempio a colonnato centrale, sorgeva un grande edificio trapezoidale, la cui struttura non è del tutto chiara: era preceduto, a N, da ima specie di recinto; il corpo centrale (m 29,70 per il lato O, m 36,15 per il lato S, m 35,10 per il lato E) era diviso in due parti disuguali che sembrano essere state organizzate ciascuna attorno a un cortile sul quale si affacciava un certo numero di vani. L'interpretazione di tale complesso rimane ipotetica; i dati di scavo, invece, permettono di datarlo con sicurezza alla seconda metà del VII sec. a.C.
Questa era la struttura dell'agorà arcaica, con i suoi monumenti; il suolo della piazza era di terra battuta. Ovviamente altri edifici si trovavano fuori dalla zona dell'agorà, sia nei pressi della piazza, sia in altre zone della città.
Dopo la distruzione della città nel 483 a.C., il sito rimase deserto anche se nel territorio si formarono piccoli abitati sparsi, attestati soprattutto dalle relative sepolture; d'altro canto, due torri circolari, ubicate da ogni lato della strada E-O, proprio dove sorgerà poi la porta occidentale della fortezza ellenistica, sono state interpretate, in via ipotetica, come avanzi del fortino che i Siracusani, secondo Tucidide, eressero a M. a difesa di Siracusa al momento della spedizione ateniese.
Uno dei risultati più sorprendenti dello scavo è stato l'apparire progressivo di una seconda M., quella che, dopo un secolo e mezzo di abbandono del sito, Timoleonte fece costruire sulle rovine della prima. Per ragioni puramente pratiche, la nuova città riutilizzò la struttura della prima, il cui tessuto, malgrado la distruzione sistematica operata dai soldati di Gelone, restava perfettamente visibile: almeno nella zona dell'agorà, le reti stradali furono ripristinate e l'agorà riacquistò le sue funzioni. Ma, all'interno della stessa struttura, la nuova sistemazione fu tutt'altra: non vi era più l'organizzazione geometrica dei lotti, e gli spazi pubblici non ebbero più quella regolarità rigorosa che dava la sua fisionomia alla città arcaica. Le strade erano meno dritte e regolari; alcuni dei vecchi tracciati scomparvero per fare posto a spazi abitativi più vasti, mentre l'agorà, come piazza, si ridusse molto. Il lato Ν restò pressappoco dove si trovava in precedenza con un lungo portico, un poco arretrato in confronto a quello del VII sec., ma con la medesima funzione e più o meno le stesse dimensioni e, dietro, un tempio che risale ai primi anni della nuova colonia.
Il resto dell'agorà ha una fisionomia del tutto diversa: la parte meridionale è occupata da un importante complesso di bagni pubblici; due ingressi permettevano l'accesso a un insieme di piccoli vani (pavimenti generalmente in opus signinum). A S un forno fu trasformato in epoca romana in fornace; più a S ancora, una sala rotonda, con pavimento in opus signinum e con, attorno, una «corona» di vaschette a semicupio (non conservate in situ). Questo complesso termale risale alla prima metà del III sec. a.C.
A E dei bagni pubblici è stato portato alla luce un insolito santuario: si apriva sull'agorà, dunque verso N, con un «ingresso» fiancheggiato da due altari; comportava un ambiente quadrato aperto verso S su un cortile attorno al quale vi erano diversi piccoli vani. Sul suolo dell'ambiente quadrato vi erano piccoli bacini di pietra e di terracotta, nonché delle pietre, per lo più di lava nera. L'interpretazione di tale complesso non è affatto chiara, ma è importante sottolineare che, come i bagni, l'edificio era ubicato praticamente al centro dell'agorà arcaica.
Sempre per questa epoca lo scavo ha permesso di restituire la struttura di parecchie case, alcune di grandi dimensioni; una comprendeva una ventina di vani, raggruppati attorno a due cortili.
Va inoltre ricordata, per il VI sec. a.C., l'importanza delle influenze ioniche nella vecchia colonia dorica: un piccolo tempio ionico, attestato solo da un bel frammento di sima, fu edificato negli anni intorno al 530 e, soprattutto, in quell'epoca si vedono spesso amalgamarsi strutture doriche e motivi decorativi ionici. Per la città arcaica, l'esame attento della ceramica raccolta nell'abitato ha messo in rilievo l'abbondanza e la varietà delle importazioni (soprattutto corinzie, poi attiche, ma, tra l'altro, anche ceramica della Grecia orientale, bucchero etrusco ecc.), che erano usate non solo nei corredi funebri, ma normalmente nella vita quotidiana; va ricordata anche l'importanza e la qualità della produzione delle officine locali, in particolar modo della c.d. ceramica policroma della seconda metà del VII sec. a.C.
È noto che la M. arcaica non ha coniato monete; ma nei livelli ellenistici sono state rinvenute monete di zecche greche o siceliote, sia sparse nell'abitato che tesaurizzate in ripostigli. Sono invece venute alla luce poche iscrizioni, la maggior parte funerarie e di epoca arcaica, riutilizzate nelle strutture della città ellenistica, in particolar modo nella potente fortezza della fine del III sec. a.C.
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