MEGALITI (da μέγας "grande" e λίϑος "pietra")
Si chiamano così, o anche "monumenti megalitici", parecchi tipi di grandiosi monumenti preistorici, costruiti con pesanti e rozze pietre, sopra tutto a scopo funerario, ma forse anche religioso o commemorativo. Si trovano sparsi per una grande estensione, dall'Europa settentrionale all'Africa del Nord; e, in Asia, nell'India, in Persia, in tutte le regioni tra il Caspio e il Gange. In Europa sono più numerosi a occidente (Isole Britanniche, Francia, Portogallo, Spagna); si trovano anche nell'Estremo Oriente (Corea e Giappone).
I varî tipi si possono ridurre a sei gruppi principali: 1. menhir: pietre-fitte, erette verticalmente sul terreno come rozzi obelischi, di varia altezza; 2. cromlech (in Inghilterra stone-circles): raggruppamenti di pietre-fitte disposte in circoli più o meno regolari; 3. alignements: allineamenti di pietre-fitte, cioè più menhir disposti in file più o meno regolari; 4. dolmen: camere sepolcrali costituite di più pietre, alcune verticali a parete, e una più grande a copertura; 5. allées couvertes: vere gallerie coperte, composte secondo alcuni di due file di menhir con pietre di copertura, ma che secondo altri sarebbero dolmen prolungati; 6. cists: cassoni funebri composti di più pietre, variabili di grandezza (grandi tombe oblunghe, in Scandinavia e Danimarca; più piccole, veri coffres, diminutivo del dolmen, nel resto dell'Europa).
A questi tipi principali si possono aggiungere i trilithes o lichavens, soprattutto presenti in Inghilterra, composti di due menhir con una pietra sovrapposta ad architrave. In correlazione con questi megaliti più propriamente detti, si sogliono porre altre costruzioni in rozza pietra, caratteristiche di varie regioni del Mediterraneo, e che rappresenterebbero un progressivo sviluppo o una modificazione della costruzione megalitica, più che altro dolmenica. Appartengono a questa classe: i nuraghi e le tombe dei giganti della Sardegna, i templi o santuarî di Malta, i talaiots e le navetas delle Baleari, i sesi di Pantelleria e le specchie delle Puglie; ma la loro parentela con i veri megaliti non è sempre evidente.
La denominazione sopra elencata è quella generalmente adottata nella scienza internazionale; ma in parte, per le parole celtiche usate, è quanto di più improprio si possa immaginare, legandosi alla storia stessa degli studî relativi ai megaliti. Tutti questi monumenti, specie i dolmen e i menhir che ne costituiscono i due tipi fondamentali, furono oggetto, attraverso i secoli, di credenze superstiziose e su essi le leggende popolari ricamarono una trama di fantasie. Lo provano le denominazioni che ne attribuiscono l'origine o la proprietȧ a esseri soprannaturali (fate, giganti, ecc.). In tutte le tradizioni locali si rivela la tenace persistenza dell'antichissimo culto delle pietre, o betilico, giunto attraverso i tempi romani fino al Medioevo, e poi non interamente scomparso.
La più antica e particolareggiata menzione di questi megaliti si trova nell'opera di F. Rabelais. Nel 1555, Olaus Magnus, arcivescovo di Upsala, riteneva che i dolmen scandinavi fossero tombe gotiche e sveve; ma l'inizio d'uno studio più proficuo si ha con il rescritto di Cristiano IV (1588-1648), re di Danimarca e Norvegia, invitante i vescovi a raccogliere tutte le notizie e le leggende relative ai monumenti megalitici e a descriverli. Attraverso le più svariate esplicazioni, si giunge alla fine del sec. XVIII che segna l'inizio dell'indagine più scientifica. Nonostante la teoria espressa dal conte F. di Caylus nel suo Recueil d'antiquités (Parigi 1752-1767), attribuente quelle favoleggiate costruzioni a popolazioni marittime preesistenti all'invasione celtica, prevalsero dapprima e per molto tempo le idee della cosiddetta scuola "celtomane" iniziata da J. Cambry e da Th.-M. La Tour d'Auvergne (il cittadino Corret), secondo i quali megaliti non sono altro che altari druidici o luoghi di culto stabiliti dai Celti. Ma gli archeologi scandinavi avevano già dimostrato con lo scavo il carattere funerario di essi e la loro appartenenza all'età della pietra finale e del bronzo; verso la metà poi del sec. XIX scavi felicissimi praticati in Francia, nel Morbihan, confermarono la destinazione funeraria dei dolmen francesi. Così lo studio dei megaliti fu indirizzato sulla giusta via, e in Francia progredì scientificamente dopo il 1830, quando F. Guizot istituì un ispettorato dei monumenti storici, e dopo che P. Mérimée ebbe compiuto ispezioni e scritto coscienziose relazioni, per giungere alla creazione d'un comitato per lo studio e la conservazione dei megaliti (1879). Nel 1880 fu pubblicato il primo inventario di essi, che servì di base alle più esatte statistiche e alle carte redatte nel 1901 da A. de Mortillet e poi da J. Déchelette, secondo cui si contano in Francia ben 4458 costruzioni di tipo dolmenico e più di 6000 menhir e derivati, superstiti.
Data la mole grandiosa delle pietre usate, specie nei dolmen, e talvolta la provata non appartenenza dei blocchi alla regione in cui sorgono, gli studiosi si preoccuparono di spiegarne la tecnica costruttiva, a cominciare dal re danese Federico VII che, nel 1850-1856, pubblicò una memoria, divenuta classica, sul sistema costruttivo delle "sale dei giganti". A confermare l'abile semplicità dei mezzi adoperati dalle popolazioni preistoriche, intervenne anche il parallelo etnografico, tratto dal sistema seguito dai Khasi (v.) dell'India meridionale nell'erigere grandiose pietre commemorative. Il blocco, trasportato su un grande telaio di bambù, è innalzato tirando il telaio con corde, in modo che la pietra penetri in una buca scavata nel terreno.
Quanto alla denominazione, i termini dolmen (da doll "tavola" e men "pietra"), menhir (da men "pietra" e hir "lungo"), cromlech (da crom "curvo" e lec'h "pietra, sassi"), furono tratti dal basso bretone e devono la loro fortuna alla scuola celtomane anzidetta. Ma è interessante notare i nomi meno improprî usati in Corsica: per il dolmen stazzòna (da stazzu "ovile", ma significante "fucina del fabbro"); per il menhir stàntara; per l'allineamento di pietre fitte filaràta: nomi che potrebbero convenientemente essere adottati, almeno per i megaliti italiani.
Quanto alla cronologia dei megaliti, si può affermare che se essi risalgono in parte alla fine dell'età della pietra, in maggioranza devono attribuirsi all'età del bronzo. V. anche dolmen; menhir.
La loro distribuzione è assai varia: paesi più forniti sono, oltre la Scandinavia e la Danimarca, le Isole Britanniche (comprese le Orcadi) e la Francia, soprattutto l'occidentale, essi abbondano nell'Africa settentrionale. Il Pigorini spiega la rarità, o quasi mancanza, di dolmen in Italia (eccettuate le Puglie) con la sua ricchezza in grotte naturali. I più celebri raggruppamenti si trovano, in Francia, nel Morbihan (celebri quello di Carnac e l'allée couverte di Gavr'inis) e nell'Aveyron; in Inghilterra, nella contea dl Salisbury (famoso il stone-circle di Stonehenge composto di quattro circoli di monoliti, con un diametro massimo di 88 metri, a levante e a trenta metri di distanza da un menhir isolato).
Degno di rilievo è il fatto che, mentre l'Europa settentrionale e occidentale si può giustamente chiamare il territorio tipicamente dolmenico, l'Europa orientale (germanica, danubiana, sarmatica), priva assolutamente di megaliti, rappresenta un contrasto profondo con i suoi "campi d'urne" a cremazione dell'età del bronzo. Infine si ricordi come fu provato che alcuni megaliti vennero eretti in tempi storici: certi cromlech della Svezia appartenenti al 736 d. C., molti norvegesi eretti nel 1030 a commemorare la disfatta di. S. Olaf.
Bibl.: E. Cartailhac, La France préhistor., Parigi 1899, pp. 162-248; J. Déchelette, Manuel, I, Parigi 1908, pp. 373-447; G. Wilke, Sud-westl. europ. Megalitkultur, ecc., Würzburg 1912; M. Gervasio, I Dolmen e la civ. del bronzo nelle Puglie, Trani 1913; G. Q. Giglioli, Note sui mon. megal. della Corsica, in Corsica, I (1932), n. 5 (cfr. Bullettino Paletnol. ital., LIII, 1933); M. Ebert, Reallexikon d. Vorgesch., VIII, pp. 77-115, 138-139.