MEDĪNET HABU
NET HABU Località nell'ambito di Tebe, possiede un complesso di templi fra i più notevoli d'Egitto. Nella località si cominciò a costruire all'inizio della XVIII dinastia, sono Hashepsowe e Thutmosis III. La prima costruzione è un piccolo tempio periptero, in cui una cella su uno zoccolo era circondata da un portico a pilastri quadrati riuniti in basso da un parapetto, secondo uno schema noto altrove (Elefantina, el-Kab, v.) e che si ricollega all'architettura del Medio Regno ("Cappella bianca" di Sesostris I a Karnak). Questo esempio è assai svisato da più tarde aggiunte e modifiche di epoca sebennitica (Nectanebo). La caratteristica di questo complesso rispetto agli altri è la presenza dietro la cella di sei camerette, che chiudono il tempio dal lato posteriore, e di una serie di pilastri a sedici facce collocati fra i pilastri esterni ed il muro della cella: elementi che gli danno più consistenza e varietà. Di un palazzo reale un poco più tardo (Amenophis III) restano tracce estremamente scarse. Era un ampio edificio in mattoni crudi, con pareti e soffitti stuccati e pavimenti di argilla compressa. La decorazione pittorica si stendeva per tutti gli spazî a disposizione, e si è in parte conservata. Sono figure di uccelli e di piante, riunite secondo schemi geometrici o naturalistici, che si apparentano ai pavimenti del palazzo reale di Tell el-῾Amārnah (el-Hawatah), più recenti di una generazione. Il monumento più illustre di M. H. è però assai più tardo: è il tempio funerario di Ramesses III (XX dinastia, 1195-1165 a. C.), chiaramente imitato dal Ramesseo (v.), ma assai meglio conservato. L'ingresso al complesso monumentale è costituito non da un portale praticato nel muro del tèmenos, ma da un torrione che esplicitamente si ispira alla architettura militare. Due corpi di edificio stringono un passaggio a imbuto, con tre cortili che si fan sempre più esigui nel seguirsi l'uno all'altro: il tutto è immaginato come l'ingresso di una fortezza. La parte inferiore delle costruzioni si leva in contrafforte, mentre i due piani superiori hanno pareti verticali e finestre; la cornice dell'edificio è merlata. Rilievi coprivano la facciata e sono in parte conservati. Delle mensole, che raffiguravano teste di prigionieri, sostenevano nell'antichità statue del sovrano appoggiate in alto ai muri del passaggio. Il tempio stesso constava di un pilone che dava accesso a una prima corte le cui ali laterali son fiancheggiate da due diversi tipi di sostegno: a sinistra colonne papiriformi con capitelli aperti, a destra pilastri squadrati cui si appoggiano per tutta l'altezza colossi osiriaci. La corte è chiusa in fondo da un secondo pilone, di minori dimensioni del primo, da cui si passa a un secondo cortile, di livello più alto, e connesso con il primo da una rampa assai dolce. Tre lati del secondo cortile sono fiancheggiati da colonne; il lato di fondo - più alto e fornito di una rampa di accesso - costituisce un portico a due file di colonne. La parte coperta dell'edificio comprende una ipostila e due altre sale a colonne (fiancheggiate tutte da numerose camere di magazzinaggio e di culto) e infine il sacrario vero e proprio. Anche a una sommaria descrizione si intuisce il carattere di questa architettura, amante del grandioso e ancor più del pittoresco. Il migdol d'ingresso, con le stravaganze del suo aspetto militaresco e delle statue pensili; il primo cortile, con la varietà dei sostegni del portico (già nota al Ramesseo) son destinati ad impressionare lo spettatore con lo spettacolo di qualcosa di inusitato e di impreveduto. E la decorazione a rilievo che copre tutte le pareti sottolinea questo gusto barocco ed appassionato. Le scene belliche raffigurano le due campagne libiche del re, la guerra in Siria e quella nubiana; notevoli in particolare le campagne contro i Popoli del Mare, identificati dalle iscrizioni come Shakalesh, Nashash, Peleset (Filistei), Trekker, Danuna, provenienti dalle regioni costiere dell'Asia Minore e dalle isole dell'Egeo (cfr. P. Mertens, in Cronique d'Égypte, xxxv, 1960, pp. 65-88). Scene di guerra e scene di caccia sono trattate a grandi figure, mosse e agitate nel loro profilo, agili nella loro impostazione di movimento e limitate da profonde incisioni che le macchiano di ombre violente. Sono, questi, forse i più begli esempî del rilievo post-amarniano; pieni di gusto del movimento, caldi di pathos, ancora pieni di fiducia nella possibilità di vedere con occhi nuovi il mondo e di rinnovare dal di dentro il formulario della più antica arte faraonica. In epoca saita, oltre alle aggiunte al tempietto della XVIII dinastia a M. H. fu edificato il tempio funerario delle divine adoratrici di Ammone Amenirdis e Nitocri, con bei rilievi.
Bibl.: U. Hölscher, The Excavations of Madinet Habu, 3 voll., Chicago 1934-41.