MEDINA (in arabo al-Madīnah; A. T., 91)
Città dell'Arabia, nel Ḥigiāz (regno ternodiano), posta nell'interno della penisola a 870 m. s. m., 400 km. a N. della Mecca, e costituisce come un oasi in una pianura inclinata dolcemente verso N., dove crescono rigogliosamente le palme, gli aranceti e i melograni e si raccolgono banane, pesche, albicocche e fichi. Essa ha tratto vantaggio dalla sua posizione centrale rispetto al resto della penisola (porta occidentale del Neǵd), dal clima molto migliore che alla Mecca (con inverni freschi e piovosi, estati calde ma non eccessive), dal fatto che l'acqua si trova a poca profondità e soprattutto dall'essere stata la residenza di Maometto dopo l'ègira e il luogo della sua morte (8 giugno 632) e per questo meta di pellegrini da tutto il mondo musulmano.
La pianura di Medina è limitata a settentrione (Monti di Uḥud) e a oriente da rilievi vulcanici (ultima eruzione: 1266), che formano spesso delle sterili distese di pietrame basaltico (harrah); a sud invece essa si allarga e permette che le colture abbiano a disposizione vaste zone di fertile terreno; le acque (che sono salate e allagano talora i quartieri meridionali della città) scorrono verso NO. L'acqua potabile è condotta da Kubā, 7 km. a S. La città, che ha vie strette e case di pietra per lo più a un solo piano, nascoste, specie a sud, tra giardini, è circondata da due cerchia di mura; tra la cinta interna e quella esterna (in parte diruta) sono due sobborghi e un vasto spazio destinato alle carovane. A NO. si appoggia alle mura un forte, costruito dai Turchi nel 1532. Nelle mura della cerchia interna vi sono 30 torri e 9 porte; principali il Bab al Gium'ah e il Bab al Miṣrī (porta d'Egitto); tra questa e la moschea dove è la tomba di Maometto è la via principale, che serve anche da mercato.
Nel 1909 Medina è stata unita a Damasco con la ferrovia del Ḥigiāz, che è stata però interrotta durante la guerra mondiale e non ancora ripristinata. Il porto più vicino a Medina è Yanbu‛ (o Yambo), a 220 km. di distanza. Gli abitanti, che erano 16-18 mila nel 1853 (secondo Burton) e 30 mila nel 1908 (secondo Wavell), raggiunsero i 60 mila nel 1914 per diminuire a 6000 nel 1927 dopo l'occupazione wahābita (assedio di 15 mesi; notevole emigrazione verso la Siria e la Palestina); ora sono 10-15 mila con oscillazioni notevoli a seconda delle stagioni. Medina fu visitata già nel 1503 dal viaggiatore Lodovico de Varthema e più di recente da Burckardt, Burton, Wavell, Rutter, Dinet.
Monumenti. - La casa di abitazione di Maometto, poi suo sepolcro, fu, poco dopo la sua morte, trasformata in moschea: questa da principio consisteva in una costruzione di mattoni crudi con sostegni di tronchi di palma e un tetto di fronda di palma. Più volte ampliata sotto i primi califfi, fu completamente rifatta sotto al Walīd I (706) con l'opera di operai greci o copti, usando colonne provenienti da antichi edifici, munendola di quattro minareti. La pianta della moschea composta di un cortile aperto, i cui quattro lati sono fiancheggiati da portici, terminante a sud in una sala di preghiere a più navate, servì da prototipo alle primitive moschee di tutti i paesi islamici. Nell'angolo sud-ovest si trovano i sepolcri del profeta e dei due primi califfi, meta di pellegrinaggi per i credenti. La moschea, ampliata nel 778 e nell'861, fu quasi completamente distrutta dall'incendio del 1256; rimase a lungo in rovina e solo nel 1481-84 il sultano mamelucco Qait la fece ricostruire. Il suo attuale aspetto risale al 1853. La moschea, che si trova nel centro della città, fu isolata in parte nel 1916; nell'interno ha 327 colonne; una maqṣūrah (loggia) di ottone delimita lo spazio di fronte al miḥrāb, il minbar di marmo risale al 1590.
Storia. - Nota fin da tempi preislamici col nome di Yathrib (Λαϑρίππα, da correggere in 'Ιαϑρίππα, in Tolomeo), assunse il nome di Medina poco dopo che Maometto vi si stabilì nel 622 d. C., facendone la capitale del nuovo stato da lui appunto fondato in quell'anno; la città fu chiamata allora per antonomasia al-Madīnah, ossia "la città" per eccellenza, "la capitale". A torto la tradizione comune ne fa una abbreviatura di madīnat an-nabī (la città del profeta); né sembra da accettare una ipotesi recente (1928) del Buhl che il nome le sia stato dato dai primi coloni ebrei venuti a stabilirvisi dopo la diaspora. Nell'età preislamica l'elemento ebraico sembra essere stato preponderante per lungo tempo, finché un'invasione di due tribù arabe provenienti dal mezzogiorno, al-Aws e al-Kahzraǵ, penetrando in città, tenne in scacco la potenza degli Ebrei, creando uno stato di equilibrio instabile; travagliati essi stessi da lotte intestine, gli al-Aws e gli al-Khazraǵ erano sul punto di cedere dinnanzi a un ritorno offensivo degli Ebrei, quando l'arrivo di Maometto e del gruppo dei suoi seguaci capovolse la situazione. Il patto stabilito fra la piccola comunità islamica e le tribù medinesi, dapprima mirante soltanto ad assicurare la pacifica esistenza della prima accanto alle seconde, finì col dar vita a u̇no stato teocratico sui generis, il quale, respinti gli attacchi dei Meccani, si affrettò a rafforzare la propria consistenza eliminando gli Ebrei e impadronendosi delle loro proprietà. Il trionfo di Maometto su Mecca e l'estendersi della sua influenza sull'Arabia fece di Medina la capitale di un nuovo stato, che dopo la morte del profeta, in seguito alle fulminee conquiste avvenute sotto i primi califfi, assurse a impero vastissimo. La trasformazione politica ed economica che questi eventi produssero nella vita araba tolse all'elemento medinese quell'esclusivo predominio che esso aveva avuto nell'Islām nei primi anni della sua formazione; gli Aws e i Khazraǵ, d'ora innanzi noti col nome di Anṣār "ausiliarî" (del profeta), si sentirono esautorati e privati di quanto consideravano loro diritto e privilegio, e passarono all'opposizione, ottenendo un momentaneo successo con l'elezione a califfo di ‛Alī (35 ègira, 656 d. C.); ma questi presto fu costretto ad abbandonare la capitale e a stabilirsi nel ‛Irāq per combattervi gli avversarî. Dopo la vittoria di questi e l'ascesa al califfato degli Omayyadi, il centro della cui potenza era la Siria, Medina, come il resto dell'Arabia, decadde a condizione di città di provincia, pur rimanendole il prestigio di città sacra, sede del sepolcro di Maometto e della tradizione più autentica intorno alla sua vita e ai suoi detti. Medina fu pertanto uno dei centri in cui si sviluppò lo studio della tradizione e si formò gran parte dell'edificio culturale e giuridico della nuova religione, con tendenza conservatrice rispetto al movimento che andava svolgendosi parallelo nelle provincie. Al tempo stesso vi si stabilirono personaggi notevoli che le vicende politiche avevano allontanato dalla vita pubblica (specialmente membri della famiglia di ‛Alī) pur senza togliere loro né libertà né ricchezza, così che in essa si ebbe uno sviluppo di vita mondana, con manifestazioni artistiche (specialmente nel campo della musica e della poesia) in contrasto col rigorismo religioso che vi dominava negli ambienti tradizionalistici. Tuttavia questa prosperità culturale non durò a lungo, e a partire dal sec. III dell'ègira, IX d. C., la decadenza di Medina si accentuò. Politicamente essa seguì le sorti di Mecca (v.) e fece parte del dominio degli sceriffi; al tempo stesso il culto della tomba di Maometto e degli altri luoghi che la pia tradizione connetteva con episodî della vita del profeta o con memorie della sua famiglia e dei suoi primi seguaci, intensificandosi secondo la tendenza generale dell'islamismo più recente, fece di Medina una meta di pellegrinaggio (propriamente ziyārah "visita") connesso con quello, solo ufficialmente riconosciuto, di Mecca. È appunto questo costume, che la rigida ortodossia non sanziona, quello contro il quale si appuntò particolarmente lo sdegno dei Wahhābiti, i quali, occupata la città nel 1804, distrussero o danneggiarono la maggior parte degli edifici connessi con le pie visite, in massima parte ricostruiti dopo l'espulsione dei Wahhābiti nel 1813. La costruzione della ferrovia del Ḥigiāz, alla fine del secolo XIX e al principio del XX, giovò economicamente a Medina e permise al governo ottomano di esercitarvi più energicamente la propria autorità, e l'esistenza di comunicazioni ferroviarie permise ai Turchi di resistere al lungo assedio (1916-1919) che durante la guerra mondiale fu posto a Medina dallo sceriffo al-Ḥusain: la città capitolò soltanto dopo la conclusione dell'armistizio generale. Per pochi anni Medina fu la capitale del nuovo regno del Ḥigiāz; nel 1924 vi entrarono i Wahhābiti di Ibn Sa‛ūd, e la chiusura di tutti i luoghi di culto non riconosciuti (la moschea costruita sulla tomba del profeta continuò a essere officiata, ma le pratiche devozionali furono ricondotte alle norme di un'ortodossia rigorosa) nocque grandemente alla città, che decadde anche come centro di cultura (sembra, tra l'altro, che alcune delle sue importanti biblioteche siano andate disperse). Essa conserva peraltro il carattere di centro religioso, e negli anni più recenti, sotto il governo di uno dei figli di Ibn Sa‛ūd e in qualità di capitale del regno del Ḥigiāz riunito in unione personale con quello del Neǵd, sembra aver ripreso una parte almeno della sua antica importanza.
Bibl.: Fr. Buhl, in Encyclopédie de l'Islām, ed. fr.; E. Diez, Die Kunst d. islam. Völker, 2ª ed., Potsdam 1928, pp. 85-95. Per le condizioni attuali di Medina, E. Rutter, The holy cities of Arabia, Londra 1928.