Spaziale, medicina
(App. V, v, p. 78)
Si intende comunemente per medicina spaziale quell'insieme di conoscenze mediche, ma anche biologiche e psicologiche, derivanti dall'osservazione dei fenomeni spontanei e dai risultati delle ricerche sui viventi in condizioni di volo nello spazio, reale e simulato. Come la medicina aeronautica, nata agli inizi del volo umano nell'atmosfera terrestre, la m. s. è legata alla conquista, avvenuta negli anni Sessanta, del 'quarto ambiente', quello extra-atmosferico, da parte dell'uomo.
Il volo spaziale avviene in condizioni fisiche particolari, ambientali e dinamiche, alcune delle quali incompatibili con la vita, anche la più elementare, se non adeguatamente protetta: la pressione è praticamente nulla, l'atmosfera è costituita da rari ioni dei gas terrestri nella fascia meno lontana (ionosfera) e da corpuscoli della radiazione solare e cosmica al di sopra di questa; la temperatura può essere elevatissima su un corpo esposto alla radiazione solare, o tendente allo zero assoluto se il corpo è schermato da questa; l'energia radiante, non trattenuta dalle molecole di aria, è rilevante, specialmente sopra le zone polari, dove l'assorbimento dovuto al campo magnetico terrestre (fasce di van Allen) è molto ridotto. Per questi motivi, la vita è possibile solo in una cabina a tenuta di gas, climatizzata, contenente aria continuamente rigenerata e scorte di acqua e alimenti.
Nella descrizione degli effetti fisiopatologici della permanenza in un veicolo o stazione spaziale, si farà riferimento quasi esclusivamente a quelli sull'uomo e sarà dato solo qualche cenno circa gli effetti su altri viventi, animali e vegetali. I fenomeni finora osservati riguardano il confinamento protratto, lo stato di microgravità, le radiazioni cosmiche, i mezzi di prevenzione e cura dei fenomeni disturbanti, il ritorno alle condizioni terrestri.
Vita in ambiente confinato
Le prime capsule degli anni Sessanta avevano volumi utili intorno al metro cubo per membro di equipaggio, ma le dimensioni interne di veicoli e stazioni spaziali sono tuttora assai limitate. L'atmosfera artificiale è costituita, attualmente, da circa il 21% di O₂ (compresso in bombole o liberato da ossidi, che contemporaneamente fissano anidride carbonica, o dalle celle a combustibile) in N₂, alla pressione di 1 atm (101 kPa). Essa è fatta circolare, filtrata e depurata continuamente e rigenerata con l'O₂ delle scorte. I tentativi di ottenere O₂ dalla molecola di CO₂ di origine metabolica con un rendimento accettabile finora sono falliti. Sono invece attuati il recupero e la depurazione dell'acqua dall'urina e dal vapore dell'atmosfera.
La costanza della temperatura (che oscilla fra 20 e 25 °C) è ottenuta disperdendo il calore prodotto dall'equipaggio e dalle apparecchiature all'esterno mediante scambiatori di calore, che lo irraggiano verso il lato in ombra del veicolo.
La relativa costanza del microclima è monitorata nel veicolo e al suolo e assicurata da automatismi a retroazione a spese delle scorte (di regola rinnovate, nel caso di lunghe missioni, a mezzo di traghetti periodicamente inviati) e di energia di origine solare (pannelli fotovoltaici) o chimico-fisica (elettrolisi inversa). Sono in continuo miglioramento il comfort ambientale (anche sul piano psicologico), la disponibilità di servizi igienici personali, l'alimentazione, la possibilità di fruire di privacy, seppure ridotta, e di poter comunicare privatamente con la famiglia e con gli psicologi che curano l'assistenza specialistica dell'equipaggio.
A questo proposito va ricordato che ormai (e probabilmente anche in futuro) le missioni spaziali esigono un forte impegno psicofisico, spesso aggravato dalla difficoltà e molteplicità dei compiti da svolgere in tempi stretti, dal manifestarsi di inconvenienti tecnici o ambientali. Esse richiedono l'accettazione di rinunce alla privacy (almeno in parte) e alla vita familiare (e sessuale), il rispetto del carattere e delle necessità degli altri membri dell'equipaggio, il rispetto delle disposizioni impartite dal capo equipaggio e dal personale direttivo e scientifico al suolo e così via.
Nell'aneddotica, specialmente delle missioni iniziali, sono stati descritti episodi di irritabilità, di intolleranza, di ansia non giustificata nei rapporti interpersonali con gli altri membri e/o con il personale delle basi. L'analisi dello spettro della voce ha rivelato in qualche caso stati lievi di depressione. Gli aspetti psicologici e psicosomatici meriteranno più attenzione nel prossimo futuro, in rapporto alla crescente durata e complessità delle missioni, all'impiego di equipaggi misti (uomini-donne), multietnici, meno addestrati e di età elevata. Anche per questi motivi, sono stati condotti esperimenti di confinamento protratto (in grotte, basi artiche ecc.).
Diverse condizioni, per lo più accidentali ma anche programmate, possono richiedere l'uscita di membri dell'equipaggio dal veicolo in volo e la permanenza nello spazio per diverse ore. Questa 'attività extraveicolare' (EVA, Extra Vehicular Activity) si può svolgere grazie all'utilizzo di robusti scafandri multistrato, impermeabili ai gas, contenenti O₂ al 30% in N₂ alla pressione di circa 220 torr (29 kPa), climatizzato e depurato in circuito chiuso mediante dispositivi contenuti nello zaino. Lo scafandro è molto rigido e causa difficoltà nei movimenti, fatica, maggior lavoro muscolare e produzione di calore. L'EVA dev'essere preceduta da periodi di 'deazotazione' per impedire la comparsa di embolismo gassoso.
Microgravità
Denominata inizialmente assenza di peso, è una condizione peculiare che si verifica nei veicoli spaziali orbitanti, nella quale la forza di gravità terrestre è equilibrata da una forza centrifuga di uguale grandezza ma di verso opposto (combinata con una variabile forza tangenziale se l'orbita non è circolare ma ellittica). L'equilibrio è totale al centro di massa del corpo considerato, mentre negli altri punti si hanno forze residue assai piccole, che provocano moti relativi delle particelle del corpo; nel caso dei solidi, tali moti sono associati alle deformabilità, nel caso dei fluidi a variazioni non lineari nella pressione idrostatica (v. microgravità, App. V).
I viventi non possiedono adattamenti naturali alla microgravità, associata ad accelerazioni dell'ordine di 10⁻⁵÷10⁻⁴ g. Dispongono però di propriorecettori generali, specialmente nell'apparato locomotore, e speciali (vestibolo nell'orecchio interno), sensibili alle accelerazioni lineari e angolari, i quali intervengono nella regolazione della postura e dell'equilibrio, nel tono della muscolatura scheletrica e nella motricità volontaria. La scomparsa della pressione idrostatica provoca spostamento dei liquidi corporei (dalla metà podalica a quella cefalica) mentre la riduzione del carico su scheletro e muscoli ne determina demineralizzazione e rispettivamente ipodinamia e ipotrofia. Anche a livello cellulare avvengono fenomeni fisico-chimici di cui non sono stati finora dimostrati gli eventuali effetti su tutto l'organismo (che però si manifestano negli uni- e parvicellulari).
Effetti sensoriali, cenestesici e motori della microgravità. - L'apparato vestibolare, presente bilateralmente nell'orecchio interno, ha una parte (organo otolitico) molto sensibile alle accelerazioni lineari (come la gravità terrestre) e una (le ampolle dei 3 canali semicircolari, bilaterali e ortogonali fra loro) sensibile più specificamente alle accelerazioni angolari, quali si verificano, per es., nella rotazione del capo secondo i piani dello spazio. La microgravità altera le risposte dell'organo otolitico ma non influenza manifestamente quelle dei recettori ampollari. Si può generare, pertanto, un disaccordo sensoriale intravestibolare, complicato e aggravato dal conflitto tra le informazioni provenienti da questo apparato e quelle visive, propriorecettive, viscerali e cutanee, che causa il 'mal di spazio'.
Questa sindrome si manifesta, in modo più o meno grave, nella maggioranza degli astronauti nei primi 2÷3 giorni del volo; dopo si attenua spontaneamente e/o con l'uso di farmaci antichinetosici e scompare, salvo ricomparire occasionalmente in situazioni gravi di stress o per ripetute e rapide rotazioni del capo. Una parziale profilassi si ottiene con tecniche di addestramento al suolo e con l'uso di farmaci contenenti prometazina, efedrina, destroanfetamina, dimenidridato (confetti gommosi masticabili ad assorbimento perlinguale), scopolamina (cerotti medicati a lento rilascio).
La locomozione è possibile in microgravità soltanto sostenendosi agli appigli predisposti su pavimenti e pareti del veicolo (anche esterne) o dandosi spinte calibrate per dirigersi verso un lato opposto. Sul suolo lunare, dove la gravità è circa un quinto di quella terrestre, essa assume spontaneamente il tipo biomeccanico della corsa (balzi successivi) e comporta l'intervento di gruppi muscolari abitualmente poco usati sulla Terra e difficoltà nel cambio di direzione e nel fermarsi.
Effetti respiratori e cardiovascolari. - La funzione respiratoria polmonare è modicamente influenzata: la capacità vitale diminuisce anche del 25% nei lunghi voli a causa del sollevamento medio della posizione del diaframma (sul quale poggiano le basi dei polmoni) e del maggior contenuto di sangue nei capillari; analogamente variano le altre frazioni dell'aria espirata; diminuisce la non omogeneità dell'aria nel polmone ma aumenta la diffusione alveolo-capillare dei gas respiratori.
La circolazione del sangue viene alterata dalla scomparsa dei fenomeni idrostatici, alla quale consegue lo spostamento di notevoli quantità di liquido (immediatamente il sangue, poi il liquido interstiziale e la linfa) verso il capo, il collo e i polmoni (cephalad) a spese di quello contenuto nel bacino e negli arti inferiori.
Il volume spostato è intorno a 3÷4 litri e il fenomeno è rivelato da modificazioni dell'aspetto (volto e collo turgidi, palpebre ispessite, lieve protrusione dei bulbi oculari, vene giugulari e superficiali distese, arti inferiori assottigliati), da variazioni nelle misure del perimetro della coscia e della gamba e, come si è detto, della capacità vitale.
Nel corso dei primi giorni di volo, per effetto dei riflessi che partono da vari recettori di pressione vascolare (seno carotideo), cardiaci (atriali) e polmonari, si instaurano alcuni fenomeni di compenso, quali l'aumento della diuresi (per minore increzione dell'ormone antidiuretico e intervento del fattore natriuretico atriale) e/o la diminuzione del bisogno di bere, che finiscono per portare a una perdita di 2÷4 kg di liquidi. Ma già nelle ore di attesa del lancio, trascorse dall'equipaggio in posizione semisupina, si attuano aggiustamenti circolatori a carico della pressione venosa centrale che, al momento della partenza, è già tornata alla norma. È inoltre dimostrato l'aumento del fattore di filtrazione capillare.
La frequenza cardiaca presenta variazioni modiche, dipendenti più dalle vicende e attività di volo che dalla microgravità. Anche la gettata cardiaca subisce piccole variazioni intorno al valore fisiologico di riposo al suolo, legate essenzialmente all'andamento della frequenza. Il volume delle cavità ventricolari e la massa totale del cuore diminuiscono del 10÷15% nei voli di lunga durata, verosimilmente per la diminuzione del lavoro a causa della scomparsa della pressione idrostatica. La distribuzione del sangue e quella dei liquidi tornano alla condizione pre-volo entro poche ore dall'atterraggio, ma i meccanismi regolatori della frequenza cardiaca e del tono vascolare in relazione alla postura, rimasti inattivi durante il volo, restano meno efficaci per alcuni giorni (in rapporto anche alla durata del volo) e gli astronauti hanno disturbi simili a quelli di chi si alza dopo una lunga permanenza a letto, disturbi che possono causare un collasso ortostatico. A ciò contribuiscono anche l'ipotonia e l'ipotrofia della muscolatura degli arti inferiori.
Lo svolgimento di un programma di vigoroso esercizio fisico, specialmente nelle settimane che precedono il rientro, l'uso regolare di speciali dispositivi che in volo provocano modificazioni circolatorie simili a quelle causate dall'ortostatismo (lower body negative pressure), l'assunzione di fludrocortisone acetato e/o di soluzioni saline nei 2÷3 giorni finali attenuano notevolmente questi fenomeni i quali, peraltro, non sembrano tali da costringere a limitare la durata del volo. Subito dopo il ritorno al suolo l'uso degli indumenti antigravità evita i disturbi dell'intolleranza ortostatica.
Effetti sullo scheletro e sui muscoli striati. - L'assenza di peso provoca la cessazione del carico fisiologico sulle ossa. A ciò conseguono demineralizzazione, minore attività degli osteoblasti, aumento del Ca²⁺ nel sangue e della sua eliminazione intestinale e renale (maggiore rischio di nefrolitiasi).
Sono presenti anche anomalie strutturali delle ossa portanti simili a quelle dell'osteoporosi senile o a quelle causate da lunga immobilità. Il fenomeno appare confinato alle ossa pelviche, alle vertebre lombari e al femore, mentre aumenta il contenuto minerale del cranio e della gabbia toracica. La calcemia elevata inibisce la secrezione di ormone paratiroideo (PTH) e talvolta della tirocalcitonina, con influenza negativa sull'attivazione della provitamina D e, conseguentemente, sull'assorbimento del Ca²⁺, per cui il bilancio di questo elemento diviene negativo dopo pochi giorni di volo. L'assunzione di difosfonati ha un certo effetto protettivo.
I muscoli scheletrici con funzione antigravitativa (responsabili della stazione eretta e, in parte, della deambulazione) presentano una modica ipotrofia e la forza e resistenza della contrazione diminuiscono del 10÷30%. Aumentano i processi catabolici e il bilancio azotato diviene negativo, a spese soprattutto di quel tipo di fibre, a contrazione lenta, che prevalgono nei muscoli ad attività statica.
Le notevoli differenze individuali osservate sono da attribuire all'entità di lavoro svolto, all'esecuzione di esercizio fisico vigoroso e regolare e all'uso di speciali tute che offrono una resistenza calibrata ai movimenti.
Effetti sul sangue e sulla funzione neuro-endocrino-immunitaria. - Nei voli di durata medio-lunga quasi tutti gli equipaggi hanno presentato una diminuzione del 10÷20% del numero totale degli eritrociti (e maggiormente dei reticolociti) e lievi alterazioni morfologiche, sembra per ridotta attività eritropoietinica, ma senza disturbi manifesti. Importanti sono la linfocitopenia spontanea e la diminuzione della sensibilità di queste cellule in coltura all'azione di agenti mitogeni, cioè favorenti la moltiplicazione. Ciò ha evidenti implicazioni in campo immunologico. Anche la risposta immunitaria sembra alquanto depressa, come appare dalla ridotta risposta cutanea all'introduzione di antigeni di 'richiamo' delle vaccinazioni.
La funzione endocrina non presenta modificazioni specifiche attribuibili con certezza alla microgravità: sono state descritte variazioni in più o in meno di increzione dell'ormone antidiuretico ipofisario, in rapporto allo spostamento cefalico del sangue, e del fattore natriuretico atriale (in rapporto con l'aumento transitorio della pressione venosa centrale). Lo stress conseguente alle intense sollecitazioni psicofisiologiche nel periodo preparatorio e in quello del volo è sicuramente responsabile delle variazioni di cortisolo, catecolamine, ormone dell'accrescimento, prolattina e altri, descritte episodicamente sui membri dei diversi equipaggi. In questo settore, la 'costellazione' ormonale individuale e l'aspetto cronobiologico possono spiegare in parte le discordanze dei risultati.
La riproduzione, anche di piccoli mammiferi, è possibile durante il volo spaziale: qualche anomalia nei feti, come pure il ritardato accrescimento dei neonati, sono probabilmente in rapporto alla reazione di stress subita dall'animale e, in qualche caso, al maggior assorbimento di radiazioni ionizzanti.
Effetti delle radiazioni cosmiche
I viventi sulla Terra sono protetti da un'ampia banda di radiazioni di origine solare e cosmica, che copre in lunghezza d'onda la quasi totalità dello spettro elettromagnetico (radio, luce, infrarosso e ultravioletto), grazie a due diversi tipi di schermi. Quello esterno è rappresentato dalle fasce di van Allen, dove le particelle ad alta energia sono trattenute dal campo magnetico terrestre e si muovono a spirale lungo le sue linee di forza: solo in parte riescono ad attraversarlo, specialmente nelle regioni polari. Lo schermo interno è l'atmosfera, che in parte riflette (ionosfera) e in parte ferma o degrada l'energia delle particelle. Questa seconda protezione manca nel volo orbitale e ambedue sono assenti nei viaggi verso gli altri corpi celesti.
Per es., mentre nei voli dello Space Shuttle la dose media giornaliera di radiazioni assorbita oscillò fra 5 e 10 mrad, durante la missione lunare dell'Apollo xiv furono superati i 127 mrad/giorno. Nel primo caso si superano di poco, e nel secondo di molto, i limiti stabiliti dal National Council of Radiation Protection (USA), pari a un indice di equivalente di dose di 25 rem al mese, 50 rem/anno e 200 rem/10 anni. Una condizione particolare è l'EVA, in cui manca la piccola protezione delle pareti del veicolo, un'altra è rappresentata dal sesso e dall'età del soggetto (donne e giovanissimi sono soggetti a rischi maggiori).
La radiosensibilità è più elevata per le cellule del midollo osseo, del testicolo, dell'ovaia, del cristallino e per gli embrioni, specialmente durante i primissimi mesi di gravidanza. In missioni aventi elevata esposizione, i linfociti dei cosmonauti presentarono aberrazioni cromosomiche (cromosomi dicentrici e ad anello).
Campioni biologici (uova di anfibi, pollini, semi e piccoli animali) hanno presentato danni somatici e genetici, tra i quali mutazioni letali. Oltre alla durata e all'altitudine del volo, hanno influenza l'inclinazione e il percorso dell'orbita. In alcuni casi (per es. nell'Apollo xi) gli astronauti hanno segnalato percezioni di lampi luminosi al buio e a occhi chiusi (fosfeni), probabile effetto dell'urto di protoni o di altre particelle pesanti sulla retina.
Le radiazioni ionizzanti provocano la formazione di radicali liberi e di perossidi, cioè di agenti ossidanti molto aggressivi che si è tentato di neutralizzare con diversi composti quali la coppia cistina-cisteina, il glutatione e l'ubichinone ridotti, la vitamina E e altri antiossidanti.
Le radiazioni ultravioletta e infrarossa, non presentano problemi purché l'organismo sia schermato dall'azione diretta (l'UV è particolarmente dannosa per gli occhi).
Prospettive dell'esplorazione umana nel cosmo
A tutto il 1998 la permanenza dell'uomo in veicoli o stazioni orbitanti fra 300 e 500 km intorno alla Terra ha avuto una durata variabile da un anno in un singolo volo sino a due anni in più voli ravvicinati, senza esiti patologici manifesti. Per voli di durata maggiore, specialmente se all'esterno delle fasce di van Allen (per es. Terra-Marte e ritorno), si ritiene che i limiti possano essere posti da almeno tre condizioni note (non considerando qui le gravi difficoltà tecnologiche tuttora esistenti): a) superamento della dose non dannosa di radiazioni ionizzanti assorbite (possibilità di attività solare anomala o di altri eventi cosmici); b) demineralizzazione progressiva dello scheletro; c) perdita delle difese immunitarie.
A queste si deve aggiungere la possibilità di un danno progressivo degli organi emolinfopoietici e dei sistemi di regolazione posturale della circolazione, tale che il decondizionamento cardiovascolare (funzionale-reversibile) porti ad alterazioni organiche irreversibili con impossibilità di riadattamento, anche psicologico, alla vita terrestre. Da non trascurare, infine, le eventuali mutazioni patogene di microrganismi, di colture vegetali o di allevamenti destinati alla nutrizione.
Un pericolo non trascurabile è rappresentato dall'urto di micrometeoriti che viaggiano a 30÷50 km al secondo e attraversano le pareti del veicolo e ancor più quelle degli scafandri spaziali. Ciò è avvenuto più volte, ma senza lesioni evidenti alle persone.
Tutto ciò riguarda l'organismo adulto. Mancano le conoscenze necessarie a prevedere funzioni e sviluppo di organismi in accrescimento dopo la nascita (il feto, immerso nel liquido amniotico, è in una sorta di microgravità naturale).
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