MEDICINA NUCLEARE
(v. nucleare, medicina, App. IV, II, p. 610)
L'impiego clinico dei traccianti radioattivi, che è alla base della m. n., ha registrato consistenti progressi sia nella diagnostica strumentale, sia nella terapia delle affezioni neoplastiche mediante l'uso di radiazioni ionizzanti. Questa evoluzione è stata resa possibile dal perfezionamento della strumentazione per la rivelazione e misura delle radiazioni, dalla produzione di nuovi e più specifici radiocomposti utilizzabili in diagnostica e in terapia, e infine da una migliore e più approfondita conoscenza dei processi metabolici di vari organi e delle alterazioni funzionali che in essi si producono in condizioni patologiche.
L'aggiornamento in materia riguarda i seguenti argomenti: a) moderne tecniche di tomografia per emissione (SPET e PET); b) nuovi radiofarmaci per indagini in vivo (molecole per studi di perfusione, anticorpi monoclonali e traccianti cellulari marcati); c) terapia dei tumori di origine dalla cresta neurale mediante metaiodiobenzilguanidina-131I (MIBG-131I).
Tomografia per emissione (SPET, PET). − È una particolare forma di scintigrafia (v. radiologia medica, App. III, ii, p. 566) nella quale l'immagine è formata dall'elaborazione e riproduzione dei dati di radioattività relativi a un solo strato, di spessore ridotto (intorno al cm), con cancellazione di quelli adiacenti. L'immagine che ne risulta è quindi di tipo tridimensionale e consente lo studio della distribuzione spaziale del tracciante all'interno dell'organo, strato per strato secondo varie proiezioni, con possibilità di un'accurata evidenza di eventuali alterazioni distrettuali della funzione in base alla quale il tracciante stesso viene concentrato.
A seconda del tipo di radionuclide impiegato per la marcatura del tracciante si distingue una tomografia per emissione di fotone singolo o SPET (Single Photon Emission Tomography) e una tomografia per emissioni di positroni o PET (Positron Emission Tomography).
La SPET impiega traccianti marcati con radionuclidi emittenti radiazioni gamma, che peraltro sono quelli stessi utilizzati per la scintigrafia tradizionale non tomografica (scintigrafia planare), ed è realizzata mediante una gamma camera ruotante collegata a un computer dedicato.
La PET impiega traccianti marcati con radionuclidi emittenti positroni, cioè elettroni carichi positivamente, ciascuno dei quali, interagendo con un elettrone, dà luogo all'emissione di 2 radiazioni elettromagnetiche che si propagano nello spazio in senso diametralmente opposto e presentano un'energia (511 KeV) esattamente corrispondente alla massa di una delle particelle che ha partecipato alla collisione (radiazione da annichilazione). La rivelazione e la misura di queste radiazioni richiede l'impiego di particolari apparecchi molto simili alla gamma camera, provvisti di 2 teste di rivelazione, tra loro angolate di 180°, che rivelano e misurano contemporaneamente ciascuna coppia di radiazioni con elevata selettività e praticamente senza perdita per attenuazione (conteggio per coincidenza). Tali caratteristiche permettono la rappresentazione della distribuzione del tracciante nell'organo in esame con elevato potere risolutivo e la misura della sua concentrazione in termini quantitativi (fig. 1).
La tomografia per emissione, sia a fotone singolo sia per emissione di positroni, presuppone l'elaborazione mediante calcolatore dei dati di radioattività acquisiti dal rivelatore durante la sua rotazione intorno al corpo del paziente, come nella SPET, oppure da un insieme di rivelatori fissi disposti circolarmente, come per la PET. La costruzione dell'immagine dello strato in esame viene eseguita attraverso proiezioni multiple sulla base del principio su cui è fondata la tomografia assiale computerizzata o TAC, di competenza radiologica, che prevede l'impiego delle cosiddette ''proiezioni all'indietro'' (back-projections) che successivamente sono sottoposte all'azione di particolari filtri al fine di ridurre gli artefatti cui le prime danno luogo (v. anche radiologia medica, App. IV, iii, p. 139).
L'impiego della SPET sul piano clinico riguarda l'encefalo, il cuore e, in minor misura, altri organi (fegato, scheletro), al fine di un'accurata definizione della distribuzione del tracciante nel parenchima e dell'eventuale presenza di lesioni occupanti-spazio; la metodologia inoltre è utile per valutare le dimensioni degli organi e per misurare la captazione distrettuale dei radiofarmaci.
Nel caso del cervello la SPET consente lo studio della perfusione sanguigna nelle molteplici strutture e quindi il riscontro di difetti dovuti a trombosi o a emorragie prima che questi si rendano evidenti alle indagini radiologiche (fig. 2). Analogamente zone d'ipoperfusione miocardica evidenti soltanto sotto sforzo (ischemia) o anche a riposo (infarto), possono essere più accuratamente localizzate mediante l'impiego di traccianti di perfusione, utilizzando la SPET, oltre alla scintigrafia planare (fig. 3). Nell'esplorazione scintigrafica dello scheletro per la ricerca di lesioni che possono essere evidenziate in fase più precoce rispetto alle metodiche radiologiche, la SPET consente una maggiore definizione delle caratteristiche di queste, particolarmente in casi nei quali la vicinanza di strutture non ossee ma concentranti radiotracciante (vescica, reni) tende a mascherarne la presenza. Nello studio di lesioni spondilolitiche mediante SPET è stato osservato (Collier e altri, 1987) un significativo aumento della sensibilità diagnostica (85%) rispetto alla scintigrafia planare (62%).
Mentre la SPET può essere considerata una particolare forma di scintigrafia computerizzata e per le sue caratteristiche è disponibile in moltissimi servizi di m. n., la PET è un sistema molto più complesso e costoso poiché utilizza solo traccianti marcati con radioelementi positronici che devono essere per lo più prodotti in un ciclotrone posto nelle immediate vicinanze. Infatti i radionuclidi che vengono utilizzati per la sintesi dei traccianti PET sono in gran parte isotopi radioattivi degli elementi più diffusi in natura (11C, 13N, 15O): questi, presentando un'emivita fisica dell'ordine di alcuni minuti, devono essere utilizzati rapidamente sia nei procedimenti di sintesi molecolare, realizzati in appositi laboratori di radiochimica, sia successivamente sul paziente.
Impiegata inizialmente per ricerche sperimentali sull'animale e successivamente in ricerche cliniche, la PET è entrata recentemente nel corredo della strumentazione diagnostica avanzata, in alcune applicazioni cliniche che riguardano l'ischemia miocardica, i tumori cerebrali e l'epilessia. Inoltre per le sue notevoli possibilità di valutazione quantitativa del comportamento biologico di molti traccianti, la PET rappresenta uno strumento di eccezionale capacità per studi di fisiopatologia clinica (consumo ed estrazione cerebrale di O2, metabolismo glicidico, distribuzione e attività dei neurotrasmettitori e neurorecettori cerebrali e così via). Nella malattia coronarica l'impiego di traccianti di perfusione positrone-emittenti quali il 82Rb (T1/2=75) e l'13NH3 fornisce valori di attendibilità diagnostica molto elevati (tab. 1) superiori a quelli ottenuti mediante SPET, sulla base di dati riguardanti casi controllati con l'arteriografia coronarica quantitativa, nei quali erano inclusi pazienti non sintomatici e con compromissione di tutte e tre le arterie (malattie dei 3 vasi). I casi falsi negativi sono usualmente associati a stenosi distali delle coronarie o a compromissione di piccole arterie miocardiche non ateromatose quali trombosi o spasmi (Gould 1991).
Nell'ischemia miocardica la PET permette di stabilire mediante l'impiego di traccianti del metabolismo glicidico (fluorodesossiglucosio marcato con 18F o 18FDG) se il tessuto ipoperfuso è ancora vitale (il cosiddetto ''miocardio ibernato'') oppure non più tale: è facilmente intuibile l'importanza sul piano clinico di tale differenziazione, poiché soltanto nel primo caso le tecniche di rivascolarizzazione coronarica possono avere successo. Nei tumori cerebrali, l'impiego del 18FDG consente sia di valutare il grado di malignità sulla base della captazione del tracciante, sia di differenziare le recidive neoplastiche dagli esiti della terapia chirurgica o radiante, in quanto in quest'ultimo caso il tracciante metabolico non viene fissato. Nell'epilessia la TAC fornisce utili informazioni in modo non invasivo sulla presenza e localizzazione dei foci, in previsione di trattamenti chirurgici.
Nuovi farmaci per indagine in vivo. - L'introduzione di nuovi traccianti, che presentano un peculiare comportamento una volta che sono stati introdotti nel corpo umano, ha costituito un importante fattore di progresso della m. nucleare. Tali nuovi traccianti, infatti, hanno aperto ulteriori possibilità sia per lo studio funzionale di organi (traccianti di organo) sia per la localizzazione di processi patologici (traccianti di lesioni).
Tra i traccianti di organo sono da menzionare alcuni radiocomposti marcati con radiotecnezio − che è il radioelemento più diffusamente impiegato per le indagini medico-nucleari in vivo -, quali il metossi-isobutil-isonitrile (MIBI) per lo studio della perfusione ematica del miocardio e l'ossima di esametilenpropilenammina (HM-PAO) per la valutazione del flusso ematico cerebrale. Il primo trova ampia indicazione nello studio della malattia coronarica sia in condizioni di riposo che sotto sforzo mediante scintigrafia planare e SPET. Di particolare utilità sul piano pratico poiché disponibile sempre all'occorrenza, il tracciante, una volta captato dal miocardio, permane abbastanza stabilmente concentrato in tale tessuto, per cui l'indagine può essere espletata anche dopo qualche ora dalla somministrazione. L'attendibilità diagnostica della scintigrafia miocardica con 99mTc-MIBI per la malattia coronarica è abbastanza elevata: l'indagine eseguita in un congruo numero di pazienti ha mostrato valori medi di sensibilità del 73% e di specificità dell'89,5% (tab. 2).
Ugualmente utile si presenta la SPET cerebrale mediante 99mTc-HM-PAO, tracciante che oltrepassa la barriera ematoencefalica e viene captato dai tessuti encefalici in proporzione al flusso sanguigno. Indicazioni per l'indagine sono le affezioni che determinano variazioni significative del flusso cerebrale distrettuale, quali l'infarto, l'attacco ischemico transitorio (TIA), nei quali si osserva riduzione della fissazione del tracciante, e l'epilessia che, nella fase acuta, è caratterizzata da focolai di aumentato flusso ematico.
I traccianti di lesione sono di notevole utilità diagnostica e prognostica in campo oncologico. Tra questi sono da menzionare gli anticorpi monoclonali (v. monoclonali, anticorpi, in questa Appendice) marcati i quali, presentando la particolare caratteristica di legarsi in modo selettivo a specifici antigeni prodotti da tumori, consentono di accertare la presenza, la sede e il numero dei focolai neoplastici. Gli anticorpi monoclonali [Mo(Ab)], che sono prodotti in quantità illimitate con assoluta specificità mediante il metodo dell'ibridoma (Köhler e Milstein 1975), vengono marcati con vari radionuclidi (131I, 123I, 99mTc, 111In) e impiegati in pazienti affetti o sospettati di essere affetti da forme neoplastiche che producono antigeni associati al tumore, quali il carcinoma di vari organi (colorettale, polmonare, renale, ovarico) e il melanoma maligno. I risultati sono in genere molto incoraggianti e appaiono utili non tanto per la diagnosi del tumore primitivo quanto per l'accertamento di eventuali recidive e/o di localizzazioni a distanza. In uno studio multicentrico condotto su n,509 casi di adenocarcinoma, di cui oltre la metà gastrointestinali, la scintigrafia con Mo(Ab) antiCEA (immunoscintigrafia designata da due acronimi, il primo dei quali sta per Monoclonal Antibody, il secondo per anti-Carcinoma Embrionic Antigen) ha dimostrato una sensibilità diagnostica del n,64% per neoformazioni di diametro uguale o inferiore a 2 cm e dell'84% se di diametro superiore (Siccardi e altri 1989). L'immunoscintigrafia per la stadiazione e il follow up dei tumori non è tuttavia ancora pienamente inserita tra le metodiche di abituale impiego clinico a causa sia della non bassa incidenza di risultati falsi-negativi (circa il 30%), che inducono non infrequentemente al ricorso ad altre tecniche d'imaging (TC, RMN), sia della difficoltà di accertare la presenza di localizzazioni neoplastiche in organi che già fisiologicamente concentrano il tracciante, quale per es. il fegato.
L'utilità diagnostica e di studio fisiopatologico dei traccianti di lesioni si manifesta anche nell'impiego delle cellule del sangue marcate, quali per es. i globuli bianchi. Questi, e in particolare i granulociti neutrofili marcati con 111In o con radiotecnezio, risultano particolarmente idonei per evidenziare processi infiammatori e infezioni, che si accompagnano a infiltrazione locale di questo tipo di cellule (tab. 3). L'esplorazione scintigrafica con tali traccianti consente, per es., di evidenziare e di localizzare il processo patologico nella quasi totalità dei casi d'infezione di protesi vascolari inserite per sostituire ostruzioni o gravi stenosi di importanti arterie del corpo (fig. 4): l'utilità della metodologia può essere ben valutata se si considera che non esistono altri mezzi diagnostici di pari attendibilità e che tale complicazione dell'intervento chirurgico, se non riconosciuta e localizzata rapidamente, è gravata di prognosi infausta in circa la metà dei casi.
Terapia dei tumori di origine dalla cresta neurale con 131I-MIBG. − Come accennato precedentemente, i progressi della m. n. interessano anche la terapia con radionuclidi o con composti radioattivi che vengono somministrati al paziente per via generale.
La 131I-metaiodiobenzilguanidina (131I-MIBG), introdotta nella pratica clinica da Beierwaltes e altri (1981), viene captata dai tessuti che filogeneticamente originano dalla cresta neurale e quindi anche dai tumori di tali tessuti, purché questi dimostrino un certo grado di attività metabolica specifica; questa condizione permette d'impiegare il radiocomposto anche come tracciante, ai fini di valutare la presenza, la localizzazione e il grado di attività del tessuto patologico. La captazione tumorale della 131I-MIBG avviene con modalità molto simili a quelle che consentono al radioiodio di essere fissato dal carcinoma funzionante della tiroide. I tumori che incorporano il radio-composto sono il feocromocitoma, il neuroblastoma e il carcinoma midollare della tiroide. Le indicazioni alla terapia con 131I-MIBG riguardano pazienti nei quali la neoplasia non è più trattabile chirurgicamente e risente scarsamente della chemioterapia, ma nello stesso tempo non è costituita da masse di elevate dimensioni nelle quali il radiocomposto non sarebbe in grado di manifestare l'effetto radiobiologico: sono pertanto trattabili forme recidivanti o incompletamente asportate oppure con localizzazioni a distanza. I risultati sono degni di considerazione, maggiormente se si tiene conto che gli altri mezzi terapeutici risultano inefficaci: è stata osservata un'evidente remissione dell'affezione in oltre il 50% dei pazienti affetti da feocromocitoma; mentre meno efficace è detto trattamento nel neuroblastoma (tab. 4).
Bibl.: G. Köhler, C. Milstein, Continous cultures of fused calls secreting antibody of predefined specificity, in Nature, 256 (1975), p. 495; W.H. Beierwaltes, New horizon for therapeutic nuclear medicine, in J. Nucl. Med., 22 (1981), p. 549; B.D. Collier, R.S. Helman, A.Z. Krasnow, Bone SPECT, in Semin. Nucl. Med., 17 (1987), pp. 247; A.G. Siccardi, G.L. Buraggi, L. Callegaro, A. Centi Colella e altri, Immunoscintigraphy of adenocarcinomas by means of radiolabeled F(ab')2 fragments of an anti-carcinoembryonic antigen monoclonal antibody: a multicenter study, in Cancer Res., 49 (1989), p. 3095; K.L. Gould, PET perfusion imaging and nuclear cardiology, in J. Nucl. med., 32 (1991), p. 579; W.C. Mertens, R.H. Reid, A.T. Porter, J.E. Powe, Recent advances in radionuclide therapy of bone metastases, in Nucl. Med. Annual, 1992, p. 69.