medicina legale. Passato e presente della medicina legale
Lo sviluppo della medicina forense è legato ai progressi delle discipline mediche e all’evoluzione del concetto di prova nei vari ordinamenti giuridici.
Le prime tracce di una seppur primordiale attività peritale risalgono al 2700 a.C., epoca in cui sembra che gli Egizi avessero già messo a punto alcuni artifici per definire le cause di morte. Nella Grecia classica, nonostante le acquisizioni della medicina ippocratica, le nuove conoscenze mediche non trovarono larga applicazione in ambito giuridico. Nella Roma classica non vigeva una vera e propria medicina forense, ma la testimonianza del medico era ritenuta fondamentale nelle decisioni dei giureconsulti. Nei casi di morte sospetta vi era l’obbligo di esporre il cadavere affinché ognuno esprimesse il proprio parere. Quando Giulio Cesare fu assassinato (44 a.C.), fu il medico Antisio a stabilire quale delle 23 ferite era stata mortale. Galeno, medico di corte di Marco Aurelio, nella sua intensa produzione letteraria, trattò anche questioni di tipo medico-legale: morti vere o apparenti, simulazione di malattia, vitalità del feto. Porta ancora il suo nome la ‘docimasia idrostatica polmonare’, tecnica per constatare, nel sospetto di infanticidio, se il feto aveva respirato o meno. Nel Medioevo, dopo una prima fase poco fertile dal punto di vista medico-legale, si assistette, a partire dal 13° sec., a una progressiva organizzazione della medicina peritale. Gli statuti comunali delle città medievali d’Occidente prevedevano la presenza dei cosiddetti medici plagarum (medici delle ferite) che eseguivano autopsie giudiziarie nelle morti criminose.
Nel Rinascimento, con la promulgazione della Constitutio criminalis di Carlo V (1532), la pratica della perizia fu resa istituzionale e regolamentata. Il perito medico divenne una figura giuridica precisa e la medicina legale assunse connotati di disciplina autonoma. Tra i testi classici dell’epoca si annoverano gli scritti del chirurgo francese A. Paré e degli italiani Giovanni Filippo Ingrassia (1510-1580), Giovanni Battista Codronchi (1547-1628) e Fortunato Fedele (1550-1630). Fu redatta in quegli anni anche la monumentale opera Quaestiones medico-legales di Paolo Zacchia (1584-1669), che trattava tutte le materie mediche fino ad allora ritenute di interesse per le questioni legali. Nel Settecento anche in medicina legale trovò applicazione il metodo sperimentale, basato sull’osservazione dei fatti e sul ragionamento induttivo. Sorsero varie sottospecialità: tossicologia, traumatologia, psicopatologia e tanatologia.
Ottenuto il definitivo riconoscimento scientifico, la medicina legale diventò anche un insegnamento previsto nelle facoltà mediche e giuridiche. Nel Settecento, l’Italia ebbe, in materia, un ruolo preminente, sia per il numero dei medici che se ne occuparono, sia per l’importanza degli argomenti presi in esame. All’avanguardia fu, tra le università, quella di Pavia, in cui l’insegnamento di medicina forense comparve dalla metà del secolo. Il crescente interesse in questo campo richiese ben presto la fondazione di istituti sperimentali universitari per il completamento dell’insegnamento. Accanto alle scuole europee di Praga e di Vienna, sorse in Italia intorno al 1820 l’istituto di Firenze, a cui afferiva abbondante materiale clinico e tanatologico dall’ospedale di S. Maria Nuova, che divenne oggetto di numerosi studi e pubblicazioni. Una delle figure più rappresentative dell’Ottocento italiano è senza dubbio C. Lombroso, pioniere dell’antropologia criminale. Lombroso fu anche il primo presidente dell’Associazione italiana di medicina legale (1897) che divenne, nel 1947, la Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni. Nel 1924, per mano di Attilio Cevidalli (1877-1926), nacque a Padova la prima Scuola di specializzazione in medicina legale.
Negli ultimi decenni le notevoli acquisizioni in campo scientifico hanno consentito lo sviluppo di strumenti di indagine sempre più sofisticati e attendibili. I test del DNA condotti su campioni biologici hanno fornito un ineguagliabile contributo nell’identificazione dei protagonisti di fatti criminosi, così come negli accertamenti di paternità e in altre questioni di pertinenza civilistica. L’introduzione della spettroscopia di massa e della cromatografia in fase liquida ad alta prestazione è stata decisiva nell’affinare i risultati delle analisi tossicologiche. Da qualche anno, all’autopsia tradizionale, da sempre caposaldo dell’attività del medico legale, si sta affiancando l’autopsia virtuale, basata sulla tomografia computerizzata (TAC) del cadavere. Si tratta di una tecnica che consente di eseguire un esame più fine dei traumi e delle lesioni e di guidare l’autopsia convenzionale, rendendola più efficace e rapida. Oggi, in Italia, la medicina forense è praticata principalmente nei dipartimenti universitari di medicina legale, e trova essenziali aiuti nei laboratori di genetica forense, tossicologia, istopatologia e radiologia. In alcuni istituti prestano la loro opera anche specialisti di antropologia, entomologia, psicopatologia, odontologia forense e di altre scienze applicate alla tanatologia e alla criminologia. Sebbene siano nate negli istituti di medicina legale, altre importanti discipline al servizio della scienza forense, come la balistica e lo studio delle impronte digitali, attualmente sono di prevalente competenza dei laboratori di polizia scientifica. Accanto agli esami post-mortem, i medici forensi svolgono una fondamentale attività anche nel campo dei reati sessuali, delle lesioni personali, dei maltrattamenti dei minori, dell’abuso di alcol e droghe e nelle indagini sui profili di DNA che hanno integrato, e ormai sostituito, le tradizionali indagini sui gruppi sanguigni che erano eseguite sulle tracce di sangue, di tessuti e di liquidi biologici.