medicina integrata
locuz. sost. f. – Espressione usata per indicare l’integrazione fra la medicina tradizionale e le medicine complementari o non convenzionali, anche conosciute come CAM (Complementary and alternative medicine). La m. i. si è molto diffusa a partire dai primi anni del 21° sec., soprattutto in America Settentrionale ed Europa. Negli Stati Uniti una quota crescente di ospedali offre terapie complementari e sono sempre più numerosi i medici che usano le CAM nella loro pratica. Rilevante è l’esperienza nel campo dell’oncologia integrata: centri oncologici di eccellenza tra i più famosi del mondo hanno attivato servizi di m. i., nei quali lavorano insieme medici esperti in medicine complementari, psicologi, psicoterapeuti, dietisti, musicoterapeuti, esperti in massaggio orientale, maestri di tecniche meditative e di ginnastiche energetiche orientali. L’obiettivo è quello di integrare la terapia oncologica standard con trattamenti complementari rivolti sia al miglior controllo della sintomatologia, anche di quella secondaria alle terapie, sia a innalzare le capacità di superamento della malattia tramite la considerazione della persona nella sua interezza. In Italia sono circa duecento i centri pubblici che offrono prestazioni di medicina complementare, presenti soprattutto in Toscana, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria e Lazio; in quasi tutte le altre regioni sono comunque attivi osservatori, commissioni o altre strutture istituzionali di riferimento. Anche alcune facoltà di medicina hanno inserito corsi obbligatori o elettivi, corsi postlaurea o master sulle medicine non convenzionali. Nonostante la tendenza all’integrazione sia ben operante su scala mondiale e nazionale, non pochi sono gli ostacoli che si oppongono a tale processo. I principali possono essere classificati come di tipo epistemologico, scientifico, politico e culturale. Per quanto riguarda gli ostacoli di tipo epistemologico, il modello biomedico riduzionista a cui si ispira la medicina convenzionale può costituire un recinto invalicabile per medicine e approcci terapeutici che fanno riferimento a modelli di carattere olistico. In merito agli ostacoli di tipo scientifico, pur verificandosi una tendenza crescente di studi controllati sull’efficacia e la sicurezza delle terapie complementari, è ancora complessivamente debole e non omogenea la ricerca nel campo delle CAM. Riguardo lle difficoltà di tipo politico e culturale, in Italia in particolare, importanti medici e informatori scientifici sono stabilmente schierati contro ogni tentativo di regolamentare per legge la materia e, soprattutto, contro ogni progetto di finanziamento per ricerca e servizi alla popolazione in ambito CAM. Questa opposizione alla m. i. spiega, almeno in parte, il fatto che il Parlamento italiano, pur sollecitato da numerosi progetti di legge, non ha ancora trovato la volontà di legiferare in materia. È utile sottolineare che il fondamentale ostacolo di tipo epistemologico è venuto virtualmente meno con l’emergere, in seno alla medicina scientifica, della (PNEI), un nuovo modello sistemico di visione dell’organismo umano in salute e in malattia. In un’epoca di estrema specializzazione in ambito medico, la PNEI, vagliando le reciproche relazioni tra la psiche e i grandi sistemi biologici (neuroendocrino e immunitario), consente di vedere l’organismo umano come una rete strutturata e interconnessa, in reciproca relazione con l’ambiente fisico e sociale. Con il modello PNEI, la medicina integrata può presentarsi quindi come nuova sintesi medica e culturale, un fondamentale passo in avanti non solo nella cura, ma anche nella conoscenza dell’uomo. Il fenomeno della diffusione di pratiche mediche e terapeutiche sorte fuori dal paradigma della biomedicina sembra quindi destinato a trovare una sua collocazione significativa nell’ambito dei servizi sanitari e, più in generale, dell’offerta di salute nella gran parte dei paesi, compresi quelli industrialmente avanzati. La spinta alla m. i. appare forte, coinvolgendo settori rilevanti di cittadini e di operatori sanitari. Questa sfida all’attuale assetto della biomedicina potrebbe dar luogo a un generale avanzamento nella comprensione del funzionamento dell’organismo umano in salute e malattia, con positive conseguenze sulla salute e sulla longevità umana.