mediazione
Una delle nozioni fondamentali del sistema hegeliano. La m. è definita da Hegel «passaggio a un secondo termine, in modo che questo secondo solo in tanto è, in quanto vi si è giunti [muovendo] da un qualcosa che è altro rispetto ad esso» (Enciclopedia delle scienze filosofiche, 1817, § 12, annotazione). La teoria hegeliana della m. si presenta fin dalle origini come uno strumento pensato in polemica con le filosofie del «sapere immediato», in partic. quelle di Jacobi e di Schelling. Secondo tale visione, criticata da Hegel, alla conoscenza dell’assoluto (➔ assoluto), cioè di Dio, si arriverebbe non per mezzo di una dimostrazione, ma con una intuizione immediata, quindi senza m. o passaggi intermedi. Conseguentemente della m., dice Hegel contro Schelling nella Fenomenologia dello spirito (➔) (1807), «si ha un sacro orrore». Ma in realtà quel sacro orrore «deriva dall’ignoranza della natura della m. e della stessa conoscenza assoluta». Infatti, se da un lato è escluso che all’assoluto si possa arrivare attraverso una intuizione improvvisa (il «colpo di pistola» della Fenomenologia – altra allusione a Schelling), anziché attraverso una dimostrazione, sotto un altro profilo occorre sapere che la vera natura del pensiero essenziale o Logos è quella di togliere (aufheben, termine chiave della filosofia hegeliana, che significa tanto «togliere» quanto «conservare») nella m. la m. stessa, ossia «mediare la mediazione». Tale processo, illustrato soprattutto nella Enciclopedia delle scienze filosofiche (➔), consiste – come nelle cosiddette ‘prove a posteriori’ della tradizione tomistica – nel partire dal finito per arrivare all’assoluto e a Dio, per poi scoprire che il finito, da cui l’assoluto pareva dipendere come punto di partenza, è in realtà un prodotto di Dio stesso. Hegel illustra la m. con l’esempio del cibo: il cibo, che pure dà inizio al processo digestivo, si scioglie nei succhi gastrici, diventando in realtà un effetto di quel processo. La materia, di cui il mondo è costituito, appare quindi alla conclusione del processo illustrato da Hegel come un non-essere, vale a dire come qualcosa che non ha autosussistenza, ma la cui esistenza dipende interamente da Dio.