MEDAGLIONE
. Così si denominano quei prodotti del conio romano, che, per il modulo e il peso, maggiori di quelli della moneta corrente, per l'arte più accurata, per particolarità tecniche, quali il tondino a due metalli, o dorato o argentato, o con cerchio ornamentale e con appiccagnolo, si distinguono dalla moneta del tempo, con la quale però hanno comuni il metallo, la forma, la leggenda, i tipi, e come quella appaiono emanazione del diritto sovrano di monetazione e di effigie, ed escono dalle stesse zecche statali.
Da secoli dura la disparità d'opinioni circa l'essenza dei medaglioni, conosciuti in buon numero nei varî metalli, ma che si devono comunque considerare pezzi d'eccezione: se cioè i medaglioni siano stati vera moneta o non piuttosto medaglie, nel senso moderno della parola. Al prolungarsi della controversia hanno contribuito varie ragioni: primieramente la mancanza di testimonianze antiche, che ricordino esplicitamente, o con una denominazione speciale, questi monumenti numismatici; la loro grande rarità; il modo di ritrovamento, vario secondo i metalli; in secondo luogo la considerazione più o meno unilaterale del complesso problema, che comprende un materiale troppo vario per essere guardato sotto un solo aspetto; la confusione durata sino a oggi fra i varî elementi e le diverse caratteristiche, le une da considerarsi proprie dei singoli gruppi, le altre dovute al capriccio di privati, vere distinzioni individue, che, posteriormente alla coniazione dei pezzi, ne mutarono la natura e lo scopo; infine il voler trovare ad ogni costo gli scopi cui servirono i singoli gruppi e sottogruppi, ricerca destinata a rimanere delusa nella maggiore misura e per ovvie ragioni.
La prima distinzione da farsi oggi per rischiarare il problema è quella fra i medaglioni veri e proprî e quei pezzi, o gruppi di pezzi, che particolari di fattura e d'ornamentazione hanno in realtà demonetizzati, adattandoli ad altri usi; sono questi i medaglioni cerchiati, d'oro e di bronzo, veri oggetti d'ornamento sia personale sia d'insegne militari, forse decorazioni, nel senso moderno della parola, elargite dall'imperatore ai sovrani amici delle regioni di confine (oro) o a corpi d'esercito (bronzo); i pezzi dorati o argentati, cui questo trattamento ha alterato il valore di corso così da demonetizzarli, le cosiddette "prove di conio": e sono da considerarsi tali tutti i pezzi il cui tondino non corrisponde al tipo impresso: che hanno cioè un tondino di sesterzio col tipo del quadrante, un tondino di meoaglione con il tipo del sesterzio, ecc., e i pezzi unilaterali. Per ogni altra categoria di pezzi, simili per metallo, tipi, leggende, segni di zecca, ecc., alla moneta corrente, di cui sono veri multipli, non pare più possibile oggi sostenere la teoria del medaglione - medaglia, seppure la rarità dei singoli esemplari, il grande interesse artistico delle figurazioni, il grande valore intrinseco dei maggiori pezzi d' oro, ne abbiano fatto costantemente dei pezzi rari, conservati gelosamente da coloro che ebbero la fortuna di possederli e l'onore di riceverli nelle elargizioni o quali sportulae dall'imperatore. Perché questo fu realmente lo scopo della loro fabbricazione, come si rileva dalla vita di L. Vero, da Gregorio di Tours, e dagli editti di Teodosio e Valentiniano dell'anno 384.
Medaglioni d'oro. - Sono i multipli più o meno esatti dell'aureo (v.). Rarissimi per i primi due secoli, lo diventano sempre meno nel III e nel IV, per i quali periodi se ne hanno un buon numero e del maggior modulo e peso. Del sec. I si conoscono solo i due quaternioni (quattro aurei) di Augusto, uno a Napoli, l'altro a Este, e uno di Domiziano, scomparso a Parigi nel 1831. Per il sec. II si conoscevano due pezzi di Commodo, scomparsi anche questi. Solo col sec. III essi diventano più numerosi, avendo Caracalla istituito, insieme con l'antoniniano o doppio denaro d'argento, anche il binione o doppio aureo, caratterizzato pure esso dalla corona radiata per l'imperatore e dal crescente lunare per le auguste; se ne conoscono per Elagabalo, Severo Alessandro, Gordiano Pio, i Filippi, Traiano Decio, Probo. Abbiamo poi con Treboniano Gallo i multipli del mezzo aureo e del terzo di aureo, egualmente caratterizzati. Il materiale a noi noto non conferma la notizia di Lampridio circa i grandi multipli d'oro coniati da Elagabalo e demonetizzati da Alessandro, ma di questo abbiamo uno dei maggiori pezzi, il doppio quaternione di 8 aurei (gr. 51, 15) ritrovato a Tarso. Multipli numerosi e varî si hanno col nome dei due Filippi, più numerosi con Gallieno: ternioni, quinioni, senioni, ecc. Di Gallieno è l'unico pezzo di 20 aurei da tempo scomparso, di Gallieno e Salonina, il pezzo di 10 aurei (gr. 49, 25). Ancora quinioni e senioni si hanno con Claudio il Gotico, Caro, Carino, Numeriano; più numerosi ancora coi tetrarchi. Con Costantino i multipli basati sul suo soldo d'oro di gr. 4, 54 sono quasi comuni e tagliati secondo una scala di pesi regolari, da pezzi di un soldo e mezzo sino a quelli di 10 soldi almeno. Escono fuori serie così gli aurei veri e proprî muniti di cerchio ornamentale, conosciuti per Antonino, M. Aurelio, L. Vero, Giulia Domna, Caracalla, Severo, ecc., come i grandi e grandissimi medaglioni cerchiati e con appiccagnolo di Costanzo II, Valente, Onorio, Teodosio, Graziano, Galla Placidia, veri gioielli senza prezzo, di cui non è possibile considerare il peso astraendo dall'ornamentazione ricchissima e varia. La serie si conchiude con i due pezzi, l'uno di Teodorico, del Museo nazionale romano, un ternione adattato a spilla nell'antichità (gr. 15, 32, comprese le due appendici), il secondo di Giustiniano, l'enorme pezzo di mm. 83 di diametro, già a Parigi. I medaglioni aurei si sono generalmente rinvenuti in ripostigli con monete e gioielli d'oro, quasi tutti fuori della penisola. Dall'Italia provengono solo i pezzi di Augusto e quello di Teodorico.
Medaglioni d'argento. - Sono i multipli del denaro e poi dell'antoniniano, e seguono le degenerazioni del peso, del metallo e della lega dell'uno e dell'altro.
Se ne distinguono più gruppi. Un primo comprende i medaglioni del valore di 4 dramme o 3 denari, coniati da M. Antonio in poi sino a Severo in varie zecche dell'Asia: sono i cistofori (v.) di conio romano che succedettero a quelli di conio greco. Un secondo gruppo consta dei pezzi di conio romano vero e proprio, rarissimi per il primo e secondo secolo, contandosene solo per Domiziano e Adriano; con Severo sono più numerosi. Un sottogruppo è costituito dai pezzi con la personificazione delle tre Monete, tipo che soppianta a poco a poco i tipi diremo così storici, commemorativi, che spariscono dal medaglione d'argento con i tetrarchi. Un terzo e ultimo gruppo dei medaglioni d'argento scende al sec. IV, da Licinio in poi: sono i veri multipli della moneta d'argento dell'epoca, del denaro e del miliarense.
Medaglioni di bronzo. - Costituiscono il gruppo più numeroso e interessante, coi seguenti sottogruppi: medaglioni a due metalli, medaglioni cerchiati; serie senatoria (con S. C.), serie imperatoria (senza S. C.); serie dei pezzi unilaterali; medaglioni dorati o argentati. Diremo subito che i pezzi a due metalli sono quelli che hanno un bordo riportato in lega diversa da quella del tondino vero e proprio, particolarità difficilmente riconoscibile nei pezzi patinati. Non si conosce la ragione di tale tecnica complicata, per la quale la linea di sutura dei due metalli viene sovente a trovarsi sulla leggenda. I medaglioni cerchiati si distinguono in due gruppi: quelli con cerchio riportato, e sono i più antichi, spesso veri sesterzî muniti di cerchio; e quelli il cui tondello molto largo è stato fuso a bella posta di maggior diametro e lavorato al tornio a costituire un largo bordo. Fra i pezzi unilaterali, che sono in minimo numero, si devono distinguere quelli che l'usura ha così ridotti da quelli che sono stati coniati solo da una parte, ciò che resta molto difficile a riconoscersi. Anche i pezzi dorati e quelli argentati hanno subito questa deformazione in un tempo posteriore alla loro coniazione, e verosimilmente per opera di privati; sono in minimo numero.
Anche i medaglioni di bronzo si dimostrano multipli più o meno precisi dell'asse (v.), da quelli di 5 a quelli di 20 assi. Fra i primi medaglioni enei sono da considerarsi quelli di Adriano, che ne ha già almeno 20 tipi; seguono qu̇elli degl'imperatori successivi fino a Costantino e ai suoi figli e nipoti; i sovrani che hanno maggiore numero di tipi sono Antonino Pio (80) e Commodo (100).
Nei riguardi dei tipi, i medaglioni, di qualsiasi metallo, non si differenziano tra loro né dalla moneta contemporanea, se non per la ragione che, per il maggiore diametro del tondino e per la ricchezza e valore del metallo adoperato, l'artista ha posto la maggiore cura nella composizione ed esecuzione del tema che gli era stato imposto; si hanno così in maggiore misura figurazioni più complesse che non sulle monete, ma sempre commemorative di avvenimenti contemporanei, con speciale riguardo alle persone dell'imperatore e dei membri della sua famiglia; della maggiore importanza sono le figurazioni di monumenti ed edifici.
Il medaglione romano mostra un proprio sviluppo a seconda del metallo. Nel primo secolo si hanno solo pochi pezzi sporadici di oro e di bronzo; sotto Adriano e Antonino sono già numerosissimi quelli di bronzo; nel terzo secolo il medaglione eneo raggiunge pesi massimi, ma viene coniato in minore numero di esemplari, laddove si moltiplicano i pezzi di argento e pseudoargento soprattutto, che ormai dominano il campo, raggiungono il massimo dello sviluppo, e decadono alla fine del secolo. Nel sec. IV domina il medaglione d'oro. Le ragioni appaiono ovvie: il medaglione eneo ha il suo stadio preparatorio nelle monete enee pesanti, imperatorie e senatorie, e trova la sua ragione d'essere nell'uso tradizionale italico del bronzo. Adriano lo diffonde, forse sull'esempio dei Tolemei d'Egitto, ben sapendo di assecondare i gusti della sua razza. Così questo medaglione perviene subito al maggiore sviluppo, che coincide col fiorire dell'arte romana del bassorilievo e del ritratto. Nel secolo III lo sviluppo del medaglione d'argento coincide coi regni degl'imperatori di origine orientale. Nel sec. IV al valore intrinseco sempre maggiore fa riscontro una diminuzione del valore artistico: con i tetrarchi e con i Costantini i ritratti, che nei medaglioni dei secoli II e III erano opera di veri artisti, appaiono sempre più schematizzati, laddove i rovesci ripetono i soliti tipi allusivi alla gloria e alle victoriae Romanorum.
V. tavv. CXLV e CXLVI.
Bibl.: E. Babelon, Traité des monnaies grecques et rom., I, Parigi 1901, p. 652 segg.; F. Gnecchi, Medaglioni romani, voll. 3, Milano 1912, e in Rivista ital. num., 1905-13; E. Babelon, in Revue num., 1906 e 1912; id., Mélanges Boissier, 1903; A. J. Evans, Numismatic Chron., 1910, p. 97; H. Dressel, Festschrift O. Hirschfeld, Berlino 1903, p. 280; id., Corolla num., ivi 1906, p. 16; G. Mac-Donald, in Num. Chron., 1906, p. 93.