MECHITARISTI
. Congregazione monastica armena sussistente come un gruppo a parte dell'ordine benedettino. Mechitar (Mxithar) Pietro di Sïvas (v.), che le diede il nome, fu indotto a fondarla dalle tristi condizioni morali in cui si trovava il monachismo armeno nel sec. XVIII. L'ignoranza nelle questioni religiose e l'ambizione dei patriarchi creavano un'atmosfera di ostilità contro la S. Sede, che pure era stata in relazioni ottime con i patriarchi delle età precedenti; bisognava iniziare una pronta opera di apostolato e d'istruzione spirituale.
Il primo nucleo si riunì nell'aprile 1701 a Pera in Costantinopoli, dove sorse subito una tipografia; che diffondeva opuscoli di meditazione religiosa (il primo libro, stampato fu la traduzione della Imitazione di Cristo). La regola della nuova comunità fu quella già in uso nei monasteri orientali, di S. Antonio Abate, che però Mechitar si riservava di completare e d'inviare alla S. Sede per la approvazione. Ma presto cominciarono persecuzioni da parte dell'alto clero armeno scismatico di Costantinopoli che accusava come "franchi", cioè occidentalizzanti, i discepoli di Mechitar, e vedeva un grave pericolo in ogni tentativo di riforma. Ritiratosi Mechitar presso i gesuiti di Galata, passò poi presso i cappuccini di Pera. In questo convento l'8 settembre dello stesso anno (data che si considera quella della fondazione), Mechitar, radunati i missionarî e i discepoli, fissò la regola, esaminando anche l'opportunità di trasferire in un paese cattolico vicino all'Oriente la nuova congregazione, o nel Libano o nella allora veneziana Morea. Prevalse quest'ultimo parere, anche perché la Serenissima aveva assicurato la sua protezione. Mechitar arrivò a Nauplia, capitale della Morea, nel febbraio 1703. Il governo veneziano cedette alcuni terreni in Modone, dove poi, con gli aiuti finanziarî dei compatrioti e dei patrizî veneziani Angelo Emo e Sebastiano Mocenigo, la poverissima congregazione poté costruire una chiesa e un convento proprî. Nel 1711, essendo papa Clemente XI, giunse anche l'approvazione da parte della S. Sede, la quale, non consentendo la formazione di ordini nuovi, propose la scelta tra le regole di S. Basilio, di S. Agostino e di S. Benedetto. Fu accettata quest'ultima, con la sola clausola che i giovani novizî dovessero essere di nazionalità armena. Mechitar assunse la carica di abate della congregazione, che fu intitolata Congregatio monachorum Antonianorum Benedictinorum Armenorum. Già la comunità si avviava a prospera vita, quando sorsero notizie di una prossima guerra tra Veneziani e Turchi. Mechitar con i suoi riparò a Venezia, dove fino dal sec. XIII era una fiorente colonia armena, con una propria chiesa dedicata alla S. Croce, a S. Giuliano. Pochi padri furono lasciati a Modone a custodia dei beni della comunità. Ma le sorti della guerra, sfavorevoli ai Veneziani, e la distruzione del convento da parte dei Turchi fecero perdere ogni speranza di ritorno. A Venezia la comunità abitò dapprima in una casa a S. Martino, poi fu ad essa assegnata in perpetuo (8 settembre 1717) l'isola di S. Lazzaro, il cui convento e chiesa, anticamente ospizio di pellegrini, poi ricovero di contagiosi, restaurati e ampliati (1740), sono ancora la sede del gruppo principale di mechitaristi. Ivi morì e fu sepolto il fondatore Mechitar (27 aprile 1749). Sotto l'abate che gli succedette, Stefano Melkon di Costantinopoli, nel 1773, il padre Adeodato Babik (Ispahan 1738-Vienna 1825) e altri 21 membri, essendo sorte delle questioni intorno alla costituzione della comunità, si staccarono per costituire un gruppo a parte. Da allora i mechitaristi si dividono in due rami del tutto indipendenti.
In quello di S. Lazzaro, alla morte di Melkon (1800) succedette Stefano Aconz Kiuver, nobile di Transilvania, il primo che sia stato consacrato arcivescovo (col titolo "in partibus" di Siunia); egli eresse la Congregazione di S. Lazzaro in Accademia scientifica, sfuggendo così alla soppressione dei conventi decretata da Napoleone I. Seguì Sukias Somalian (1824), che, con l'aiuto finanziario di due mercanti armeni di Madras, Moorat e Raphael, fondò due collegi, uno a Padova (1834), poi passato a Parigi (1846) nel palazzo della duchessa di Borbone in Rue de Monsieur, e uno a Venezia (1836) in Palazzo Pesaro. Eletto, alla sua morte (1846), Giorgio Hiurmiuz e soppresso per la guerra franco-prussiana il collegio di Parigi, fu ampliato quello di Venezia che passò in Palazzo Zenobio ai Carmini (1870-71), eccetto una piccola parte stabilitasi a Padova. Seguì Ignazio Ghiureghian (1874) arcivescovo di Traianopoli, fondatore di collegi a Trebisonda, a Ismid, a Baghcegik e poi mons. Giovannino Aucher, attuale abate.
L'altro gruppo, staccatosi nel 1773, si stabilì dapprima a Trieste, dove ebbe concessioni da Maria Teresa (30 marzo 1775), ma nel 1810 subì lo scioglimento e la confisca dei beni da parte di Napoleone I. Rivoltosi a Vienna (ottobre 1810), ottenne (8 gennaio 1811) il chiostro dei cappuccini a S. Ulrico sul Platzl, presso Vienna, donde però fu cacciato da un incendio l'11 marzo 1835. L'arcivescovo Aristaces fece costruire (1837) il nuovo edificio che è la loro sede odierna (VII Mechitharisten-gasse, 4). Questa branca di mechitaristi, che il popolo di Vienna conosce col nome di Altglauber, ricevette nel 1885 l'approvazione dal pontefice Leone XIII.
La regola di Mechitar, che consta di 33 articoli, divide l'educazione dei giovani in tre classi:1. i fanciulli, che devono essere Armeni d'origine e ricevono fino ai 17 anni un'istruzione elementare; 2. i novizî, che hanno vocazione ecclesiastica, e ricevono un'istruzione media (gli alunni licenziati dal collegio Moorat Raphael di Venezia sono pareggiati agli uscenti dal liceo scientifico); 3. gli studenti di filosofia e teologia che, superati gli esami ricevono gli ordini, e poi, prima di partire missionarî, il titolo di vartapet (dottore). Quelli che non sono inviati in missione restano nel convento ad attendere a lavori letterarî o scientifici. La comunità di S. Lazzaro è formata di 60 membri; è retta da un abate generale che, quasi sempre, è stato arcivescovo "in partibus" di qualche città orientale, ed è assistito da un consiglio di sei membri.
Per l'importanza dei mechitaristi nella rinnovazione della letteratura armena, v. armeni: Letteratura. Massima importanza hanno, fin dalla fondazione, le stamperie poliglotte, che, oltre ai periodici Bazmavēp (Polistore) dal 1843 a S. Lazzaro, e Handēs Amsorêay (Rivista mensile) dal 1887 a Vienna, pubblicano importanti studî di armenologia, e le collezioni dei classici armeni, tratte dai numerosi manoscritti di cui i conventi mechitaristi, specie quello di S. Lazzaro, sono ricchissimi.
Bibl.: Per la storia della comunità di S. Lazzaro, v. E. Borè, Saint-Lazare ou histoire de la société religieuse arménienne de Méchitar, Venezia 1835; V. Langlois, Notice sur le couvent arménien de l'île Saint-Lazare de Venise, 2ª ed., Venezia 1869; Hennemann, Das Kloster der armenischen Mönche auf der Insel St. Lazzaro, 2ª ed., Venezia 1881; Mchitarean, Jopelean, Venezia 1901 (in arm.); Descrizione dell'isola di S. Lazzaro in occasione del II centenario della fondazione, Venezia 1901, ove è ripetuto, aggiornato e ampliato, l'opuscolo del Langlois; notizie più diffuse in Minas Nurikhan, Il servo di Dio Abate M., Venezia 1914.
Per la comunità di Vienna, v. J. Thumajan, Abriss der Geschichte der wiener Mechitharisten-Congregation, Vienna 1887; F. Scherer, Die Mechitharisten in Wien, 5ª ed., Vienna 1890; G. Kalemkian, Eine Skizze der literarisch-typographischen Tätigkeit der Mechitharisten-Congregation in Wien, Vienna 1898, con l'elenco delle pubblicazioni della stamperia di Vienna fino a tale anno.