QUANTISTICA, MECCANICA (XXVIII, p. 592; App. II, 11, p. 634; III, 11, p. 531)
Sui limiti di validità dell'attuale meccanica quantistica. - Una delle direzioni di maggior sviluppo della m. q. negli anni 1960-75 è costituita dalla sua applicazione al problema relativistico dei molti corpi. Essa è fondata sul formalismo della teoria dei campi (v. campi, teoria dei, in questa App.), che ha trovato il suo maggior impiego nello studio delle particelle elementari (v. in questa Appendice). Su tale formalismo si basa anche l'elettrodinamica quantistica (v. in questa App.), che costituisce la teoria fisica che ha raggiunto forse il grado di sviluppo più avanzato almeno sotto l'aspetto della sua capacità di spiegare i risultati sperimentali con un'esattezza quasi prodigiosa. Va tuttavia riconosciuto come la teoria q. dei campi, nonostante gli sforzi di due generazioni di fisici impegnati a migliorarne la formulazione, presenti parecchie difficoltà sia matematiche sia logiche. In particolare s'incontrano in essa integrali divergenti o indeterminati che richiedono per la loro valutazione l'introduzione di vari "artifizi". Così, nel caso dell'elettrodinamica, l'energia di stato zero infinita viene semplicemente sottratta in modo matematicamente arbitrario, alcune espressioni divergenti vengono poste eguali a zero sulla base dell'invarianza relativistica, altre sulla base della cosiddetta "invarianza di gauge", l'ordine di alcune divergenze è ridotto per mezzo di una tecnica di regolarizzazione introdotta ad hoc, ecc. Anche però se si è appreso a manipolare le divergenze della teoria q. dei campi con sufficiente abilità per estrarre risultati finiti significativi, sembra indubbio che vi siano difetti nella sua formulazione attuale ed è opinione abbastanza diffusa che si dovranno apportare modifiche anche profonde.
Nell'applicazione della teoria allo studio delle particelle elementari si sono avute alcune indicazioni sui limiti di validità o, se si vuole, di applicabilità della teoria q. attuale. Così, G.F. Chew ha messo in rilievo come nello studio dell'interazione fra particelle elementari di elevata energia ogni tentativo di sviluppare una struttura formale capace di conciliare gli assiomi della m. q. con i principi della relatività ristretta si dimostri a tutto rigore infruttuoso. In particolare, nella teoria relativistica del meccanismo noto sotto il nome di bootstrap, secondo cui ogni adrone (barione o mesone) è "composto" di più adroni senza che nessuno di questi possa essere considerato come elementare, si trova che il concetto stesso di vettore dello spazio di Hilbert, col quale si rappresenta lo stato del sistema, sembra perdere addirittura significato e non sembra nemmeno possibile estendere l'idea di "stato quantico" a sistemi generali e complessi.
È stato inoltre osservato (Y. Aharanov) che le restrizioni di covarianza imposte dalla relatività ristretta introducono anche alcune difficoltà di principio nella misurazione delle osservabili della m. quantistica. Per es., la misurazione dell'impulso p di una particella richiede un'interazione proporzionale a tale impulso e ad alcuni gradi di libertà appartenenti all'apparato di misurazione. Una siffatta interazione è non conforme al principio di causalità e pertanto è a tutto rigore priva di significato fisico. Questo nuovo tipo di limitazione, che riguarda la misurazione di una singola osservabile anziché quella simultanea di due osservabili coniugate, non trova alcuna corrispondenza nella formulazione ordinaria della teoria q. relativistica. Così, nella teoria attuale non vi è alcuna ragione che impedisca di scrivere lo stato di un campo a un dato istante al quale competa un valore ben definito dell'impulso totale. Tale stato, peraltro, contiene un maggior grado d'informazione di quanto non possa essere ottenuto attraverso una misurazione. Si può osservare che questa discrepanza viene rimossa se, seguendo la cosiddetta teoria analitica della "matrice S", si considerano solo stati asintotici (cioè per il tempo t → − ∞ e t → ∞), poiché in questo caso il tempo richiesto per la misurazione non è soggetto ad alcuna restrizione: ciò sembra un'indicazione che l'attuale teoria q. (dei sistemi interagenti) debba essere modificata in modo tale però da non interessare la teoria della matrice S, ma solo gli aspetti "a corto tempo" della teoria q., come quelli considerati da Chew nella sua discussione del processo di bootstrap. Nessun tentativo per superare queste difficoltà ha avuto finora un esito pienamente favorevole.
Macromeccanica quantistica. - Un settore della teoria, nel quale sono stati ottenuti in questi ultimi quindici anni importanti risultati sia teorici sia pratici, riguarda il problema di costruire un'adeguata macrodinamica q., vale a dire il passaggio dalle equazioni della microfisica a quelle della macrofisica. La necessità di risolvere adeguatamente un tale problema deriva dal fatto che ogni sistema macroscopico (o macrooggetto) è costituito da una miriade di microoggetti (quali molecole, atomi, nuclei, elettroni, ecc.) che esibiscono un comportamento tipicamente quantistico e dal fatto che effetti quantistici rilevanti si manifestano anche a livello macroscopico (basti pensare al comportamento di un superconduttore, di un superfluido, di un ferromagnete, di un laser, ecc.).
Considerando un sistema di N particelle da un punto di vista microscopico, il suo stato all'istante t è dato dal vettore ψ(t) dello spazio di Hilbert associato al sistema stesso, per cui il valore medio di un'osservabile A all'istante t risulta: 〈A> = (ψ(t), Âψ(t)), dove  è l'operatore autoaggiunto corrispondente all'osservabile A e (ψ, Âψ) il prodotto scalare dei vettori ψ e Âψ nello spazio hilbertiano del sistema. L'evoluzione temporale del vettore di stato è regolata dall'equazione di Schrödinger: iℏϑψ(t)/ϑt = Æψ(t), dove Æ è l'operatore hamiltoniano del sistema, i è l'unità immaginaria e ℏ = h/2π, in cui h è la costante di Planck. Il macrosistema potrà essere caratterizzato da opportune osservabili macroscopiche Mj secondo una schematizzazione dovuta a N. G. Van Kampen. Dato che possono essere misurate simultaneamente senza alcuna limitazione di principio nella loro precisione, esse sono grandezze fra loro compatibili e quindi rappresentabili per mezzo di operatori M???j fra loro commutabili. Ammettendo per semplicità che questi operatori abbiano uno spettro discreto di autovalori si potrà di essi dare la rappresentazione matematica
dove μj(n) sono gli autovalori degli operatori M???j, e Ån sono i proiettori ortogonali sugli autospazi Sn comuni agli operatori M???j. Essendo quella macroscopica una descrizione ridotta rispetto alla microscopica, l'insieme delle macroosservabili Mj non costituisce un'osservazione massima, gli autovalori μj(n) sono altamente degeneri e gli autospazi Sn hanno dimensione sn molto grande. Tra le macroosservabili c'è l'energia macroscopica EM. Questa non può essere associata tout court all'hamiltoniana del sistema, altrimenti tutte le macroosservabili risulterebbero costanti del moto, anziché variare col tempo sia pure molto più lentamente delle tipiche grandezze microscopiche. È possibile tuttavia costruire un operatore da associare a essa osservando che una sua determinazione macroscopica è affetta da un'indeterminazione ΔE, piccola a livello macroscopico ma tale che in ΔE cadano moltissimi livelli energetici dell'hamiltoniana. Si associa a EM un "operatore hamiltoniano a grana grossa". Allo scopo si suddividono i valori dell'energia in tanti intervalli di uguale ampiezza ΔEi. Sia Ei il centro dell'i-esimo intervallo. Ogni intervallo contenga parecchi autovalori di Æ e sia SEj la somma diretta degli autospazi corrispondenti a tali autovalori. Si assume allora come operatore energia macroscopica ÊM quell'operatore che ha gli autovalori Ei e corrispondenti autospazi SEi, onde: ÊM = Σ Ei ÅEi dove ÅEi è il proiettore ortogonale sul sottospazio SEi. L'autospazio SEi è detto energy shell relativo al valore Ei dell'energia macroscopica e SEi la dimensione dell'energy shell. Nella rappresentazione dell'energia l'operatore Êm è pertanto rappresentato da una matrice diagonale costituita da successioni di gruppi di elementi uguali. Poiché le osservabili macroscopiche commutano con EM, gli autostati di una macroosservabile qualsiasi Aj possono essere scelti all'interno di ogni energy shell; pertanto Aj sarà rappresentata anch'essa da una matrice del tipo quasi diagonale, o meglio, diagonale a blocchi.
Un'osservazione macroscopica iniziale del sistema non è sufficiente a determinare in modo univoco lo stato ψ(0); essa indica in quale cella macroscopica il sistema si trova ma non esattamente in quale dei suoi infiniti stati. Per costruire la meccanica statistica occorrerà adattare il formalismo al caso in cui non si conosca esattamente lo stato iniziale del sistema. Detta pi la probabilità che il sistema si trovi nello stato ψ1, p2 nello stato ψ2, pi nello stato ψi, (con Σipi = 1), il valore medio della osservabile A sarà dato da:
Questa può essere riscritta in modo più compatto introducendo il cosiddetto "operatore statistico" W???, tale che: 〈A> = Tr (ÂW???); W??? agisce sul generico elemento u dello spazio di Hilbert nel modo seguente:
e TrÔ indica la "traccia" dell'operatore Ô, definita come:
dove {ϕn} è un qualunque sistema autonormale completo nello spazio di Hilbert. La traccia dell'operatore Ô è cioè data dalla somma degli elementi diagonali della matrice che lo rappresenta ed è indipendente dalla scelta del sistema autonormale completo. Dato che l'osservazione macroscopica iniziale non determina in quale stato della cella macroscopica il sistema si trovi, pensando a una collezione di numerosissimi esperimenti eseguiti su sistemi macroscopici tutti preparati nelle stesse condizioni macroscopiche, è ragionevole attribuire la stessa probabilità a tutti gli stati della cella ò in cui i sistemi si trovano inizialmente. È questo l'analogo quantistico dell'ipotesi di equiprobabilità a priori. Con questa ipotesi, lo stato iniziale del sistema macroscopico risulta dato dall'operatore statistico; W???(0) = Åò/sò. L'evoluzione temporale dell'operatore statistico è determinata univocamente dall'equazione di Schrödinger e risulta ubbidire all'equazione di von Neumann iℏ[dW???(t)/dt] = [Æ, W???(t)], dove [Â, Á] indica l'ordinario commutatore dei due operatori Â, Á. Il valore medio all'istante t dell'osservabile A risulta: 〈A>t = Tr(ÂW???(t)) e la sua fluttuazione:
Se E è l'energia macroscopica del sistema, lo stato all'equilibrio è dato dall'operatore statistico microcanonico W???m(E) = ÅE/sE. Infine per definire il livello macroscopico di descrizione s'introduce l'operatore statistico "ridotto", detto "a grana grossa" o "macroscopico", ϕ???(t), dato da:
Si noti che per tutte le osservabili macroscopiche date dalle
e solo per esse, ϕ???(t) è equivalente a W???(t) agli effetti del calcolo dei valori medi, scarti, ecc., cioè: Tr {Mjϕ???(t)} = Tr {MjW???(t)}. La descrizione macroscopica data da ϕ???(t) è fornita equivalentemente dall'insieme delle probabilità di occupazione pn(t) delle celle macroscopiche, definite da pn(t) = Tr (PnW???(t)). Per ϕ???(t) si può formulare una Master equdtion: dϕ???/dt = Æϕ???(t), dove Æ è un operatore lineare nello spazio degli operatori statici macroscopici. Equivalentemente si può scrivere:
dove le Knn′ sono assegnate costanti numeriche. Si dimostra l'approccio irreversibile del sistema all'insieme microcanonico e cioè:
dove sn/sE è la probabilità di occupazione della cella n-esima assegnata dall'operatore statistico microcanonico W???n(E) La Master equation precedente, generalizzazione di quella formulata da Pauli fin dal 1928, risolve il problema della costruzione di una macrodinamica quantistica.
Il problema del passaggio dal livello microdinamico, dato dall'equazione di von Neumann, al livello macrodinamico, descritto dalla Master equation, è stato studiato e giustificato in diversi lavori (L. Van Hove, I. Prigogine, R. Zwanzig, L. Lanz e L. A. Lugiato, ecc.). La teoria della Master equation è stata applicata a numerosi problemi di notevole interesse fisico: citiamo come esempi la deduzione di equazioni cinetiche atte a generalizzare l'equazione di Boltzmann, il rilassamento di spin, il laser, l'emissione cooperativa di radiazione, la dinamica delle fluttuazioni critiche nei ferromagneti. Dalla Master equation è pure possibile dedurre le equazioni fenomenologiche della fisica, quali l'equazione di Boltzmann per un gas diluito e le equazioni dell'idrodinamica. Si osservi come il passaggio dalla micro alla macrodinamica è direttamente associato al problema dell'irreversibilità dei fenomeni fisici, cioè al fatto che partendo dalle equazioni della microdinamica (cioè dalla equazione di Schrödinger) reversibili rispetto al fluire del tempo si arrivi a delle equazioni irreversibili quali sono le equazioni della macrodinamica (Master equation e sue derivate). Questo fatto è intimamente connesso alla definizione assunta per le macroosservabili impiegate per la descrizione stessa dei fenomeni macroscopici. È interessante osservare come assai recentemente sia stata tentata (I. Prigogine, G. Ludwig) la formulazione di m. q. generali capaci di dare una descrizione unitaria dei fenomeni che si manifestano a livello microscopico e a livello macroscopico.
Teoria quantistica della misurazione. - Nella fisica classica si ammette che sia possibile, adottando opportune precauzioni, ridurre quanto si voglia la perturbazione che accompagna la nostra osservazione dei fenomeni. Il processo di misura non pone in questo caso particolari problemi alla teoria; esso può in ultima analisi essere ridotto a un problema essenzialmente tecnico, quello cioè d'individuare, per una data grandezza, il processo di misura che apporti al sistema osservato una perturbazione non superiore a un certo limite fissato. Alle grandezze classiche si può pertanto attribuire un carattere obiettivo: si può cioè pensare che, per ogni grandezza fisica di un dato sistema, un particolare valore fra tutti quelli possibili sia obiettivamente realizzato indipendentemente dal fatto che noi ne siamo a conoscenza oppure no. È così possibile scegliere un certo numero di grandezze fisiche tali che dalla loro conoscenza risulti univocamente individuato il risultato di tutte le misurazioni che si possono eseguire sul sistema: il complesso di dette grandezze fisiche fissa cioè lo stato del sistema. È anche evidente, da quanto detto, che nella fisica classica la conoscenza dello stato del sistema comporta un'informazione completa sul sistema stesso. Al contrario della meccanica classica, quella q. introduce, come conseguenza delle relazioni d'indeterminazione di Heisenberg, un estremo inferiore per la perturbazione inerente alla nostra osservazione dei fenomeni e quindi nella misurazione delle grandezze fisiche. Pertanto ogni misurazione fornisce una certa informazione attinente alla grandezza osservata, ma distrugge in generale una certa quantità d'informazione attinente ad altre grandezze, che poteva essere stata raccolta in precedenza. L'informazione completa del sistema diventa così irraggiungibile: avendo eseguito una misurazione di una grandezza e avendo ottenuto un certo valore, è possibile pensare che quel valore sia obiettivamente realizzato nel sistema ma solo al prezzo che, per talune altre grandezze, nessun valore è più sicuramente realizzabile. Con ciò nella m. q. il concetto d'informazione completa risulta sprovvisto di senso fisico. In sua vece s'introduce il concetto d'informazione massima su un sistema consistente nella conoscenza esatta del valore numerico del maggior numero possibile di osservabili tra loro indipendenti e tra loro compatibili. È attraverso un'osservazione massima che lo stato del sistema viene, nella teoria q., a essere determinato e quindi noto. È opportuno sottolineare che, sia nel caso classico sia in quello quantistico, la conoscenza dello stato del sistema corrisponde a un massimo d'informazione su esso. Ma, mentre nel caso classico tale massimo d'informazione coincide con "la" informazione completa e fornisce la conoscenza di "tutte" le grandezze fisiche associate al sistema, in quello quantistico con "una" informazione massima restano sempre inevitabilmente grandezze di cui non si conosce l'esatto valore e quindi esperienze il cui risultato non è univocamente prevedibile ma lo è solo, in generale, statisticamente.
L'assiomatica della m. q. include le regole che connettono esplicitamente lo stato del sistema con la statistica dei risultati sperimentali. Infatti secondo essa si ha il postulato a): "Se la misura dell'osservabile A all'istante t ha dato il valore An, il sistema, immediatamente dopo la misurazione, si troverà nello stato ψ(t) = ϕn, essendo ϕn l'autovettore corrispondente all'autovalore An di Â". D'altra parte il risultato di una misurazione deve logicamente potersi descrivere attraverso l'analisi dinamica del processo d'interazione fra il microoggetto osservato e l'apparato usato per l'osservazione stessa e pertanto si ha il postulato b): "Lo stato fisico di ogni sistema è rappresentato da una funzione ψ(t) che evolve nel tempo in conformità dell'equazione di Schrödinger iℏ∂ψ/∂t = Æψ, essendo Æ l'operatore hamiltoniano del sistema stesso". Si noti che, secondo il postulato a), l'interazione dell'apparato di misura col microoggetto, che si trovi per t ≤ t0 in uno stato rappresentato da ψ(t), produce la brusca "riduzione" di questa alla funzione ϕn da assumersi come rappresentativa dello stato iniziale del sistema a partire da t0 in avanti nella sua evoluzione determinata dall'equazione di Schrödinger per l'hamiltoniana Æ0 del solo microoggetto osservato. Ci si pone pertanto il quesito: la riduzione della funzione d'onda, derivante dal processo di misura, costituisce un modo di evoluzione dello stato di un microoggetto diverso da quello descritto dall'equazione di Schrödinger applicata al processo d'interazione o è a questa riducibile pur di scegliere per Æ un'adeguata hamiltoniana che descriva il sistema composto dal microoggetto osservato e dall'apparato di misura? È nella dimostrazione dell'equivalenza delle due evoluzioni, necessaria per la coerenza stessa dell'intera assiomatica della m. q., che consiste il fondamento della teoria q. della misurazione. Il primo autore che si sia reso conto in maniera esplicita della necessità di una descrizione dinamica del processo di misura è stato J. von Neumann fin dal 1930. La sua teoria della misurazione è però soggetta a notevoli limitazioni da cui derivano conseguenze difficilmente accettabili o addirittura paradossali. Von Neumann applica l'equazione di Schrödinger all'evoluzione del sistema a + A1 (essendo a il microoggetto osservato e A1 l'apparato di misura) assumendo come unica condizione, perché il macrooggetto A1 funzioni da apparato per la misurazione di a, che esso sia in grado di modificare la sua proprietà in un tempo τ assai breve, durante il quale, per effetto del processo di misurazione, esso interagisce col microoggetto a e che inoltre, alla fine della misurazione, esso subisca una modificazione dipendente dallo stato iniziale di a. In altri termini se, prima d'interagire, il microoggetto a si trova in uno stato uk(x) (autostato corrispondente all'autovalore αk dell'osservabile α) e il macrooggetto A1 in uno stato v0(y), per effetto della misurazione lo stato del sistema composto a + A1 subisce la trasformazione
per cui si ha una corrispondenza biunivoca fra ogni stato uk(x) del microoggetto a e uno stato vk(y) dell'apparato A1. Supposto invece che inizialmente il microoggetto a si trovi in uno stato
(per cui è nota la probabilità ∣cn∣2 di trovare per l'osservabile α di a il valore αn), per effetto della linearità dell'equazione di Schrödinger, si ha che, come conseguenza dell'interazione fra a e A1, lo stato del sistema composto a + A1 subirà la trasformazione
per cui non è più possibile far corrispondere a uno stato di A1 una distribuzione di probabilità ∣cn∣2 da mettere in corrispondenza ai valori possibili αn dell'osservabile α del microoggetto a. Per poter stabilire in quale stato si trova il microoggetto a è necessario conoscere lo stato vn(y) dell'apparato A1, per il che si richiede una nuova opportuna misurazione mediante un secondo apparato A2. Il sistema A1 viene allora a trovarsi rispetto ad A2 nella stessa situazione in cui si trovava a rispetto ad A1. Si dovrà allora procedere a una misurazione di A2 per mezzo di un apparato A3 e così via. Nonostante questa necessità di ricorrere a una catena apparentemente inesauribile di operazioni di misura, i risultati forniti dalla teoria possono, secondo von Neumann, considerarsi consistenti e accettabili dal momento che ogni giudizio su un sistema A1 ha significato solo se si fa un'osservazione con un sistema A2, ogni giudizio su A2 se si fa un'osservazione con un sistema A3 e via di seguito. Orbene nella catena di apparati di misura A1, A2, A3, ... si debbono includere anche gli organi di senso con cui l'osservatore osserva l'apparato, il sistema nervoso che invia i dati sensoriali al cervello e così via, per cui è in definitiva la coscienza o facoltà d'introspezione dell'osservatore che permette a questi di conoscere il proprio stato, troncando la catena di A1, A2, A3, ... e di pervenire di conseguenza alla conoscenza dello stato fisico del microoggetto a. Il carattere soggettivo di questa conoscenza è evidente. Inoltre, alla luce della recente teoria q. dei macrosistemi, la teoria di von Neumann, anche prescindendo dal suo carattere soggettivo estraneo a una valida descrizione del mondo fenomenico, appare viziata da altri difetti; in particolare molti dei risultati paradossali connessi con tale teoria sono legati alla mancanza di un'adeguata definizione del macrooggetto che funge da strumento di misura e che von Neumann ritiene descritto da una funzione di stato v(y) simile a quella che descrive lo stato di un microoggetto. La via per superare queste difficoltà fu indicata in tempi recenti da G. Ludwig sulla base di alcune considerazioni che si possono far risalire a P. Jordan. Fu infatti Ludwig a riconoscere che i risultati non soddisfacenti della teoria della misurazione di von Neumann dovevano attribuirsi al fatto che in essa non viene data del comportamento del macrooggetto, che funge da apparato di misura, una caratterizzazione sufficientemente particolareggiata, non in contraddizione con le proprietà dei microoggetti che lo compongono e tale da permettere di giudicare se un apparato è effettivamente idoneo a misurare una determinata osservabile associata a un microoggetto. Secondo Ludwig per la determinazione dei valori delle osservabili associate a un microoggetto è necessario porre questo in interazione con uno strumento di misura, che è un macrooggetto che "deve" avere la proprietà di subire, per effetto dell'interazione col microoggetto, delle modifiche macroscopiche (e quindi oggettivamente rilevabili) le quali risultano però dipendenti, anzi determinate, dallo stato del microoggetto. In altri termini le informazioni sul microoggetto si ricavano dalle "tracce" che esso lascia sul macrooggetto che funziona da strumento di misura. Per chiarire il significato fisico del procedimento di misura di un'osservabile di un microoggetto, si consideri, per es., la misurazione dell'energia di una particella carica per mezzo di un contatore proporzionale. Mediante applicazione di un'opportuna differenza di potenziale fra gli elettrodi, il contatore è inizialmente predisposto in uno stato macroscopico di equilibrio instabile, nel quale praticamente resterebbe per un tempo indefinito se a un certo punto non intervenisse una perturbazione esterna, come quella determinata dal passaggio della particella carica che produce l'innescarsi della scarica (le cui caratteristiche dipendono dall'energia della particella), a seguito della quale l'apparato passa spontaneamente in una nuova situazione di equilibrio stabile. La misura di un'osservabile relativa a un microoggetto viene così ricondotta a un'osservazione su un macrooggetto dal comportamento oggettivamente descrivibile. È appunto questo comportamento che rende possibile una descrizione di ciò che avviene durante il processo di misura senza dover ammettere, come nell'interpretazione data da von Neumann alla sua teoria, che la repentina precipitazione dello stato del sistema macroscopico abbia luogo per il fatto che un essere umano viene a osservarlo e compie su di esso un atto di cognizione. Ma per una siffatta descrizione è necessario che nessun termine di tipo interferenziale, come quelli associati al mescolamento degli stati nella teoria di von Neumann, compaia nelle relazioni che descrivono il comportamento dell'apparato stesso immediatamente dopo la misurazione. La scomparsa di tali termini deve potersi ricondurre essenzialmente alla complessità del sistema considerato e quindi alla sua descrizione secondo la macrodinamica quantistica: il processo di misura su un microoggetto a con un apposito macrooggetto AI deve potersi esaurire con l'azione di AI e il risultato registrato da questo deve avere un valore obiettivo senza che sia necessario per la sua interpretazione ricorrere a una catena di apparecchi fino ad arrivare agli organi di senso. La formulazione matematica della teoria q. della misurazione sulle linee ora esposte è stata sviluppata da A. Loinger e G.M. Prosperi. Essenziale in essa è la descrizione in termini di macrodinamica q. dell'apparato di misura. L'hamiltoniana del sistema complessivo si scrive:
dove Æa è l'hamiltoniana del microoggetto, ÆA1 quella dello strumento di misura e Æint quella dell'interazione fra oggetto osservato e strumento di misura che si suppone operante solo per un tempo abbastanza breve da permettere di trascurare ogni cambiamento dinamico del sistema atomico come risultato di questa interazione. L'apparato, descritto per mezzo delle macroosservabili usate nella macrodinamica q. basata sulla Master equation generalizzata, raggiunge al termine dell'interazione uno stato dinamico cui corrisponde il completamento dell'operazione di misura. Dall'istante in cui l'interazione viene a cessare, le due parti del sistema composto evolvono indipendentemente e, se sono verificate certe restrizioni sull'hamiltoniana del corpo macroscopico che sono proprio le condizioni atte a renderlo idoneo a operare come strumento di misura, questo si dispone in una situazione stabile che fornisce una "traccia permanente" della sua interazione con il sistema atomico. Che queste condizioni siano effettivamente soddisfatte per diversi strumenti di misura comunemente usati nella tecnica per lo studio dei processi atomici è stato provato, attraverso un esame diretto, dagli autori della teoria in considerazione. Il risultato finale permette di ricavare per la probabilità che il sistema atomico, il cui stato inizialmente era rappresentato dalla funzione
esibisca un valore α8 per un'osservabile α, la quantità ∣c8(t)∣2 deducibile dall'espressione ∣u(x, t)∣2 =
∣cs(t)∣2∣ϕs∣2, dalla quale sono scomparsi sia i termini interferenziali sia qualsiasi riferimento esplicito all'apparato di misura. Compito dell'osservatore è semplicemente quello di prendere atto del valore registrato: se questo risulta essere, per es. αs, il sistema a "quell'istante" viene a trovarsi nello stato u(x) = ϕs. Con ciò la "riduzione" della funzione d'onda perde ogni carattere misterioso e risulta indipendente da atti di cognizione o da valutazioni soggettive. Vogliamo infine far notare che la teoria della misurazione di Loinger e Prosperi ha suscitato molto interesse per i fisici (per es. L. Rosenfeld) che si occupano degli aspetti concettuali connessi con la meccanica quantistica.
Considerazioni epistemologiche. - Lo studio dei fenomeni macrofisici, quando si tenga conto della costituzione atomica dei corpi macroscopici, porta all'introduzione di metodi probabilistici per una loro adeguata descrizione. Ciò si verifica sia che si ammetta che il comportamento dinamico degli elementi microscopici costituenti il corpo o il sistema macroscopico, cioè i singoli atomi o le singole molecole, obbedisca alle leggi rigidamente deterministiche della fisica classica (equazione di Newton) sia che si ammetta che esso, come è in realtà, obbedisca alle leggi indeterministiche della fisica q. (equazione di Schrödinger). Ne consegue il carattere essenzialmente diverso, dal punto di vista della possibilità di discutere il comportamento di un sistema fisico, o meglio del livello della descrizione che in esso si vuol dare, di tre tipi di teorie: teorie di tipo deterministico, teorie di tipo indeterministico, teorie di tipo statistico oggettivistico. Una teoria del primo tipo è notoriamente quella basata sulle equazioni della fisica classica, vale a dire sulle equazioni di Newton (o sulle sue generalizzazioni) per la meccanica e sulle equazioni di Maxwell per l'elettromagnetismo. Secondo il significato che alla parola determinismo attribuiscono i fisici, una teoria di questo tipo è caratterizzata da leggi tali che, assegnato lo stato di un sistema fisico isolato a un determinato istante, risulta univocamente e completamente determinato dalle equazioni della teoria lo stato del sistema in un qualsiasi istante seguente (o antecedente). Una siffatta teoria ha oggi una validità limitata allo studio di una singola particella nel caso limite in cui si possono trascurare le indeterminazioni fisiche della teoria q. compendiate nelle relazioni di Heisenberg, e allo studio di un corpo macroscopico (gas, liquido o solido) nel caso limite in cui si possono trascurare le fluttuazioni dei valori delle variabili macroscopiche utilizzate per la descrizione dello stato fisico di tale corpo. Una teoria di tipo indeterministico è invece la microdinamica q. basata sull'equazione di Schrödinger o sulle sue generalizzazioni. In essa lo stato di un sistema fisico è rappresentato dalla funzione ψ, la cui conoscenza permette di calcolare la probabilità P(a) che, a un certo istante qualsiasi, una grandezza fisica A abbia un valore a. Tipica di questa teoria è la comparsa di "termini interferenziali" associati alla sovrapposizione di stati semplici (per es. nell'espressione di una ∣ψ∣2 quando sia ψ = ψ1 + ψ2) che caratterizza tutta la teoria q. e in particolare dà origine alla problematica nello studio del processo di misurazione precedentemente discussa. Lo studio invece dei macrosistemi, sia che essi siano costituiti da particelle che ubbidiscono alle equazioni deterministiche della meccanica classica, sia da particelle che ubbidiscono alle equazioni indeterministiche della m. q., porta per le "variabili macroscopiche", assunte per la caratterizzazione dei macrosistemi stessi, a equazioni che dànno per l'evoluzione dinamica del sistema una descrizione di tipo statistico oggettivistico. Tali equazioni prevedono la possibilità di fluttuazioni dei valori effettivi delle osservabili macroscopiche dal loro valore medio (che coincide con quello più probabile) assunto a un dato istante. In esse, però, sono totalmente assenti i "termini interferenziali" di natura prettamente quantistica. Si noti inoltre che il carattere statistico di tali teorie, capaci di descrivere le proprietà "interne" di un sistema fisico costituito da miriadi di atomi, è intrinsecamente legato alle assunzioni che si fanno nella definizione delle macroosservabili (il carattere mixing o la "grana grossa" dei sistemi considerati nella meccanica classica, la particolare struttura "matriciale" delle macroosservabili quantistiche, per es., secondo N.G. Van Kampen, la proprietà degli operatori statistici introdotti per la deduzione della Master equation, ecc.). Il fatto fondamentale è che tali definizioni comportano l'introduzione di un elemento statistico che nulla ha a vedere con quello caratteristico dei processi microfisici legato alle relazioni d'indeterminazione di Heisenberg.
Un esempio tipico, atto a chiarire la differenza fra teoria di tipo indeterministico e teoria di tipo statistico oggettivistico, è dato dal confronto della teoria q. della misurazione di von Neumann e quella di Loinger e Prosperi. Nella prima il macrooggetto, che costituisce lo strumento di misura, è matematicamente rappresentato da una funzione di stato v(y) dello stesso tipo di quella che nella microdinamica q. rappresenta un microoggetto, mentre nella seconda lo strumento di misura è rappresentato alla stregua di un macrooggetto quantistico il cui comportamento è dato da un'opportuna Master equation. Come conseguenza di ciò, nella teoria di von Neumann sono presenti i termini interlerenziali per l'interpretazione dei quali si deve considerare l'intervento dell'osservatore che, attraverso un atto di cognizione, fa precipitare il sistema da uno stato a un altro (riduzione dei "pacchetti d'onda"). Nella teoria di Loinger-Prosperi invece tali termini scompaiono come conseguenza del carattere macroscopico dello strumento di misura indipendentemente dall'esistenza o meno dell'osservatore. Anche il comportamento irreversibile di un macrosistema, costituito da un numero grandissimo di particelle ciascuna delle quali mostra un comportamento reversibile, è direttamente connesso con l'elemento statistico irriducibile che s'introduce nella definizione delle macroosservabili assunte per la descrizione delle proprietà macroscopiche del sistema. In altri termini è alla definizione stessa delle macroosservabili che è riconducibile il carattere irreversibile delle leggi fisiche a cui dette macroosservabili soddisfano. Tale carattere è dunque una proprietà oggettiva del sistema strettamente legata alla scelta delle grandezze fisiche che si considerano e quindi, in ultima analisi, al tipo di fenomeni che s'intendono descrivere.
Bibl.: Fundamental problems in statistical mechanics (a cura di E.G.D. Cohen), Amsterdam 1962; Quantum theory and beyond (a cura di T. Bastin), Cambridge 1971; Proceedings of the International School of Physics E. Fermi, course IL, "Foundations of quantum mechanics" (a cura di B. d'Espagnat), New York 1972; P. Caldirola, Dalla microfisica alla macrofisica, Milano 1974.