QUANTISTICA, MECCANICA (XXVIII, p. 592).- Teoria delle forze nucleari
Generalità. - Per la spiegazione del complesso di fatti sperimentali osservati nelle esperienze di fisica nucleare, W. Heisenberg ha suggerito l'ipotesi che ogni nucleo sia costituito solo da particelle pesanti, protoni (P) e neutroni (N). Scopo di ogni teoria nucleare è di sviluppare un formalismo che permetta di dedurre tutte le proprietà dei nuclei dall'ammissione di opportune ipotesi sulle interazioni fra le particelle elementari (P-P; P-N; N-N). Le difficoltà in siffatte teorie consistono essenzialmente in due punti: a) nel fatto che non si conosce a priori la legge analitica delle varie interazioni; b) nel fatto che si ha ragione di credere che all'interno del nucleo il formalismo quantistico cessi di essere sufficientemente approssimato. Inoltre, ad eccezione dei nuclei più leggeri, la trattazione analitica porta a un problema di meccanica quantistica a più corpi, praticamente insolubile; solo per nuclei sufficientemente pesanti si possono ancora ottenere risultati abbastanza approssimati ricorrendo a procedimenti statistici.
Per quanto riguarda i nuclei leggeri (con peso atomico ≤ 4), i dati più importanti da calcolare sono i seguenti: energie di legame dei nuclei stabili, sezione d'urto per il processo di sparpagliamento di protoni e di neutroni da nuclei leggeri.
Teorie fenomenologiche. - Le varie teorie fenomenologiche proposte dai diversi autori si differenziano nella scelta della legge di interazione fra le varie particelle elementari. Esse si basano sull'ipotesi fondamentale che fra due particelle nucleari si eserciti una forza derivabile da una funzione potenziale V (r) e che, per di più, le due particelle interagendo possano eventualmente scambiarsi o la carica (operando così una trasformazione P → N o viceversa), o lo spin (che può assumere l'orientazione ↑ o ↓), o anche entrambe queste grandezze.
Caratterizzando lo stato del sistema costituito da due particelle nucleari mediante la funzione d'onda ψ (r⃗1, σ1, τ1; r⃗2, σ2, τ2;), dove r⃗i, σi, τi rappresentano rispettivamente le coordinate di posizione, di spin e di carica (τi = + 1 per il protone, τi = − 1 per il neutrone), lo scambio delle varie grandezze che si manifesta nei diversi tipi di interazione si può ritenere prodotto analiticamente dall'azione di opportuni operatori da applicarsi alla funzione di stato ψ. Con questo formalismo le varie interazioni fra le particelle 1, 2 si possono rappresentare col seguente prospetto:
Si osservi che gli operatori H e M si debbono ritenere identicamente nulli quando si suppongano applicati a coppie di particelle aventi la stessa carica. In base allo schema precedente il tipo più generale di interazione fra due particelle nucleari qualsiasi potrà essere caratterizzato dal potenziale:
Naturalmente, oltre alle forze di questo tipo di natura essenzialmente nucleare, fra due protoni si eserciterà pure l'ordinaria repulsione elettrostatica: questa è però notevolmente più debole. In tutte le teorie fenomenologiche proposte si è supposto che la dipendenza delle funzioni potenziali dei diversi tipi di forze dalle coordinate delle particelle fosse sempre dello stesso tipo, prendendo:
essendo cW, cH, cB, cM delle costanti numeriche. L'equazione di Schrödinger di un nucleo qualsiasi a N particelle sarà pertanto:
In questa teoria protone e neutrone si comportano come due stati diversi di una unica particella (detta nucleone) caratterizzata dall'insieme di coordinate r⃗, σ, τ. Essendo protone e neutrone dotati di spin 1/2
si ammette poi la validità di un principio di esclusione generalizzato per cui la ψ (1,2 . . .N) deve essere antisimmetrica rispetto allo scambio dell'insieme di coordinate di due nucleoni diversi; cioè:
Nei calcoli è assai in uso la sostituzione degli operatori W, H, B, M, con operatori di spin σ e di carica τ (detti anche di "spin isotopico") definiti dalle formule:
e che operano, rispettivamente, sulle coordinate di spin e su quelle di carica. Con ciò la [1] assume la forma più semplice:
in cui le costanti c, cσ, cτ, cστ sono legate a quelle che compaiono nella [1] da relazioni immediate. La [1] contiene come casi particolari le interazioni considerate originariamente nelle teorie di Heisenberg (cW = cB = cM = 0) e di E. Majorana (cW = cH = cB = 0), le quali sono però insufficienti a spiegare tutto il complesso dei fatti sperimentali. Ammettendo la [1] come espressione delle interazioni nucleari e tenendo conto delle correzioni per l'interazione coulombiana fra protoni, si possono determinare i coefficienti c in modo da dar ragione delle energie di legame dei nuclei leggeri (²1H, ³1H, ³2He, 42He) e delle sezioni d'urto per sparpagliamento fra P e P e fra P e N; in particolare con tale determinazione (non univoca) le interazioni nucleari P-P, P-N, N-N risultano eguali. Nei calcoli numerici la scelta della funzione V(r12) non ha molta importanza, purché si considerino funzioni che praticamente si annullino per r > r0 = 2.10-13 cm. Con l'impiego di metodi statistici si possono anche trarre conseguenze per i nuclei pesanti, dando ragione, fra l'altro, del carattere di saturazione delle forze nucleari e dell'andamento della curva dei difetti di massa. È però necessario introdurre un perfezionamento della teoria per spiegare l'esistenza di un momento di quadrupolo elettrico nel deutone. A questo scopo si ammette, oltre la [1], un'ulteriore interazione non centrale dipendente anche dagli spin, e data da:
Il difetto principale delle teorie fenomenologiche è quello di non dare alcuna spiegazione circa la natura del campo di forze nucleari di cui si ammette l'esistenza e di introdurre un numero di parametri a priori arbitrarî superiore ai dati stessi da calcolare.
Teorie mesoniche. - Hanno lo scopo di precisare il significato fisico delle interazioni nucleari rappresentabili con il formalismo precedente. Seguendo un'idea di H. Yukawa (1935) si suppone che il campo di forze nucleari sia legato all'esistenza di particelle la cui massa, determinabile dal valore del raggio delle forze nucleari (circa 2.10-13 cm), risulta di circa 200 volte quella elettronica; la teoria è fondata sull'analogia col campo elettromagnetico che, secondo la descrizione quantistica, è legato all'esistenza di fotoni. L'interesse di tali teorie è diventato assai vivo dopo la scoperta nella radiazione cosmica di particelle (dette mesoni) la cui massa è dell'ordine di quella delle particelle di Yukawa e che godono di proprietà, almeno quantitativamente, analoghe a quelle previste dalle teorie mesoniche.
Il campo mesonico è classicamente rappresentato dalle equazioni:
dove &out;m è una grandezza che caratterizza l'ampiezza del campo mesonico e &out;t quella che rappresenta le sorgenti del campo. Tali sorgenti sono dovute alla presenza di nucleoni, per cui &out;t si potrà esprimere mediante grandezze che caratterizzano i nucleoni stessi. Obbedendo questi alle equazioni relativistiche di Dirac, si dimostra che &out;t può essere una grandezza scalare, o vettoriale, o pseudovettoriale (tensore emisimmetrico del 3° 0rdine), o pseudoscalare (tensore emisimmetrico del 4° ordine). Lo stesso carattere di trasformazione dovrà avere necessariamente la grandezza del campo &out;m, onde si hanno quattro teorie mesoniche fondamentali: la teoria scalare, la vettoriale, la pseudovettoriale e la pseudoscalare. Inoltre la grandezza &out;m può essere reale (mesoni neutri) o complessa (mesoni carichi). Si noti che per λ = 0 le equazioni della teoria mesonica vettoriale reale si riducono a quelle del campo elettromagnetico. Nelle teorie mesoniche quantistiche (in cui &out;m e &out;t sono operatori agenti sulla funzione di stato) l'interazione fra due nucleoni risulta descrivibile per mezzo dello scambio di mesoni "virtuali" (cioè successivamente emessi e assorbiti in modo che l'energia dello stato iniziale e dello stato finale dei due nucleoni risulti la stessa) di massa
e dotati di spin eguale a 0
per le teorie scalare e pseudoscalare, 0 a 1 per la vettoriale e la pseudovettoriale: anche questa rappresentazione dell'interazione fra nucleoni è analoga a quella fra due particelle cariche nell'elettrodinamica quantistica, legata allo scambio di fotoni virtuali. Le varie teorie mesoniche dànno origine a diversi tipi di interazioni, risultanti da combinazioni di interazioni di Wigner, di Bartlett, di Majorana e di Heisenberg. Precisamente, si hanno i seguenti potenziali di interazione:
teoria scalare:
teoria vettoriale:
teoria pseudovettoriale:
teoria pseudoscalare:
dove si è posto:
Applicando queste formule allo studio delle interazioni P-N, P-P, N-N si trova che si può dare una spiegazione corretta (ma solo qualitativa) dei risultati sperimentali unicamente supponendo l'interazione fra nucleoni legata a un campo mesonico pseudoscalare con scambio di mesoni neutri fra P e P e fra N e N, e di mesoni neutri e carichi (+ e −) fra P e N. Quantitativamente però l'accordo fra teoria ed esperienza non è buono, anche perché si ritiene che il procedimento (accoppiamento debole) usato per il calcolo delle interazioni non sia corretto; ma, anche con altri procedimenti (accoppiamento forte di Wentzel), l'accordo non è migliore. Si può formulare una teoria mesonica un po' più soddisfacente solo ammettendo (Möller e Rosenfeld) che le forze nucleari siano dovute alla sovrapposizione di due campi mesonici: uno pseudoscalare e uno vettoriale. Va però osservato che in questo caso la teoria porta a risultati corretti solo finché i parametri arbitrarî che compaiono nel potenziale di interazione sono in un numero eguale ai dati da calcolare. Tuttavia questa estensione sembra avvalorata dal fatto che sperimentalmente sono stati osservati nella radiazione cosmica due tipi di mesoni.
È infine estremamente interessante il legame fra le teorie mesoniche e lo studio dei raggi cosmici e della radioattività β.
Bibl.: H. A. Bethe e R. F. Bacher, in Reviews of modern Physics, VIII (1936), p. 82; H. A. Bethe, ibid., IX (1937), p. 69; J. Solomon, Protons, neutrons et neutrinos, Parigi 1939; L. De Broglie, De la mécanique ondulatoire à la théorie du noyau, ivi 1943; W. Pauli, Meson theory of nuclear forces, New York 1946; H. A. Bethe, Elementary nuclear theory, ivi 1947; G. Wentzel, in Reviews of modern Physics, XIX, 1947, p. i.