MĀYĀ
. Nel Ṛgveda māyā è la "potenza magica" che consente agli dei di sopraffare i dasyu o assumere diverse forme (III, 34, 6; VII, 47, 18). Nel senso d'"illusione cosmica" la parola appartiene al monismo assoluto di Gauḍapāda (inizio del secolo VIII) e di Śaṅkara (Advaita, v.) e designa il mondo fenomenico, parvenza illusoria che emana dal Brahman-Ātman, unica trascendente realtà. L'avidyā, l'ignoranza metafisica, impedisce alla mente umana di ravvisare nel molteplice l'Uno, e solo l'intuizione dell'unità sostanziale dell'essere proscioglie dalla rinascita e determina, in morte, il dileguarsi dell'anima in Dio.
Bibl.: P. Deussen, All. Gesch. der Philos., I, ii, Lipsia 1899, p. 204 segg.; id., Das System des Vedānta, Lipsia 1906, p. 107 passim; J. Allan e L.H. Gray, in Hastings, Encycl. of Rel. and Ethics, VIII (1915), s. v. Māyā.