SCHENKENDORF, Max (Gottlieb Ferdinand) von
Poeta politico tedesco, nato a Tilsit l'11 dicembre 1783, morto a Coblenza l'11 dicembre 1817. Appartenente alla piccola nobiltà della Prussia Orientale, entrò, dopo una giovinezza agitata, come referendario nell'amministrazione prussiana. Per entusiasmo per il Piccolomini di Schiller assunse il nome di Max. Attraverso Elisabetta Barkley, più tardi sua moglie, subì l'influenza del misticismo della "profetessa" von Krüdener e compose, lui protestante, una preghiera per papa Pio VII prigioniero. Una commedia, Die Bernsteinküste, fu recitata in un teatrino.
L'invasione francese della Prussia e la presenza a Königsberg della regina Luisa destarono i suoi ardori patriottici. Pubblicò con un amico, nel 1807, la rivista Vesta, cui collaborarono Arnim, Fichte e altri, e, da solo, nel 1808, la rivista Studien, che si arrestò al primo fascicolo.
L'anno 1813 diede nuovi accenti alla sua poesia. Un suo fratello era caduto alla battaglia di Bautzen. Non potendo maneggiare la spada a cagione d'una ferita alla mano riportata in duello, si aggregò allo Stato maggiore prussiano infiammando i soldati con i suoi canti. Assistette alla battaglia di Lipsia. Il ministro von Stein lo nominò agente prussiano nel Baden. Conclusa la pace, ebbe la carica di consigliere di governo a Coblenza. In Renania ebbe modo di avvicinare Gneisenau, Clausewitz, Gorres. Le sue simpatie per i cattolici lo resero sospetto al governo prussiano, che lo volle trasferire. Riuscì tuttavia a restare a Coblenza.
Amabile, tenero, lo Sch. raccoglie in sé i motivi più facili e popolari del romanticismo, che applicò alla guerra di liberazione. Cantò l'impero, il ritorno della antica grandezza, il rinnovamento interiore della nazione attraverso la guerra. Sperò dapprima nella restaurazione dell'impero per opera degli Asburgo. Durante il congresso di Vienna si ridestò in lui il prussiano. La ripresa della guerra nel 1815 gli fece sognare l'unificazione germanica. Può esser quindi considerato un precursore. Ma soprattutto egli è rimasto, accanto ad Arndt e a Korner, l'aedo della riscossa antinapoleonica: il più mite, il più interiore dei tre. Anche in seguito i suoi canti di libertà, di grandezza, di patria, di battaglia rimasero sulle labbra dei giovani e furono tra gl'"imponderabili", che secondo Bismarck agevolarono l'unificazione tedesca.
Molte delle sue poesie di guerra e d'occasione comparvero in fogli volanti, strenne e riviste. Nel 1814 pubblicò anonima una raccolta di Christliche Gedichte "Dono natalizio per pie vergini e fanciulle", e nel 1815, a Stoccarda, una nuova raccolta di Gedichte (ristampa a cura di F. M. Kircheisen, Berlino 1913); nel 1832 comparve a cura di G. Phillips il suo Poetischer Nachlass; le Sämtliche Gedichte furono edite a Stoccarda a cura di F. Lange nel 1837; le "Werke" a cura di E. Gross nel 1910.
Fr. v. Fouqué, Aus Sch.s Leben, in Preuss, Provinzialblätter, XII, 1834; A. Hagen, Sch.s Leben, Denken u. Dichten, Berlino 1863; Fr. F. Scherer, Die Kaiseridee d. deutsch. Volkes in Liedern seiner Dichter seit 1806, Arnsberg 1879; E. v. Klein, M. v. Sch., Vienna 1908; id., Sch.s Liederspiel "Die Bernsteinküste", ivi 1915; A. Köhler, Die Lyrik M. v. Sch.s, Marburgo 1918; id., Der Göttinger Dichterbund u. d. Lyrik d. Befreiungskriege, in Germ.-rom. Monatschrift, VIII, Heidelberg 1920; W. Kosch, Die deutsche Lit. im. Spiegel f. nat. Entwicklung, Monaco 1925; S. H. Uleman, Ein polit. Selbstzeugnis Sch.s, in Deutsche Vierteljahrschrift f. Lit. u. Heistergeschichte, 1926.